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Sfogliare le pagine dei giornali di un anno fa è come tuffarsi in un passato dalle sembianze remote. Il dibattito pubblico era catalizzato dalla legge di bilancio, dal maltempo che aveva paralizzato metà Paese, dai consumi in vista del Natale. Temi importanti e atavici, che però rispetto a oggi sembrano quasi leggeri. In queste ore si parla ancora di legge di Bilancio, ma con uno scostamento ipotizzato che dodici mesi fa appariva impensabile. E tiene banco pure il Natale, ma più che sui consumi, che si prevedono contratti, ci si interroga sulla possibilità di poterlo festeggiare in compagnia di qualche parente oppure no.

LA PRIMA DIAGNOSI

In questo lasso di tempo, del resto, è successo qualcosa di sconvolgente e inimmaginabile. Mentre noi eravamo presi dai nostri affanni ordinari, dall’altra parte del pianeta, in Cina, a un 55enne residente nella provincia dell’Hubei, la stessa in cui si trova Wuhan, veniva diagnostica la positività a un virus della famiglia dei Sars-Cov-2, abbreviazione di coronavirus. Era il 17 novembre 2019. A quella data va ascritto l’inizio ufficioso di questa funesta storia. Ma di certezze nella ricostruzione cronologica ce ne sono poche: la data del 17 novembre compare in Occidente per la prima volta nel marzo successivo, quando dalle colonne del quotidiano Guardian si riprende una notizia apparsa sul South China Morning Post che cita un report del governo di Pechino. Secondo il documento sarebbero state identificate 266 persone che avevano contratto il virus nel 2019 e il primo caso viene fatto risalire al 17 novembre.

La versione del governo cinese desta tuttavia perplessità: circa un mese prima, infatti, si registrano anomalie per la salute di alcuni atleti internazionali partecipanti ai Giochi militari, con sintomi riconducibili al Covid. Non solo, uno studio pubblicato l’11 novembre scorso dall’Istituto dei tumori di Milano avrebbe dimostrato che il virus era già presente in settembre, quando il 14% delle persone testate in Italia presentava gli anticorpi per il Covid.

L’ITALIA NEL VORTICE

Al netto di documenti rivelati dai giornali, di sospetti e studi, è attorno a metà dicembre che la comunità scientifica internazionale comincia a venire a conoscenza di quanto sta accadendo in Cina. Bisogna però aspettare Capodanno prima che Pechino ammetta per la prima volta l’esistenza del virus.

Gennaio è un mese lastricato di incertezze, di mezze notizie preoccupanti che trovano difficoltà a bucare il muro di gomma della censura cinese. Ma dalle ipotesi alla cruda realtà il passo è breve. Il 29 gennaio una notizia piomba sulle agenzie di stampa italiane: due turisti cinesi a Roma sono risultati positivi al virus. Sono i primi due casi in Italia. Bisogna però attendere il 12 febbraio prima che finalmente anche l’Oms riconosca la gravità del problema e gli dia un nome: Covid-19.

Il nostro Paese paga un tributo caro durante la prima ondata. A finire nel vortice sono soprattutto alcune aree del Nord: basti pensare che in Lombardia, secondo dati Istat, si è passati da una diminuzione dei decessi del 5,8% del bimestre gennaio-febbraio 2020 – rispetto al 2015-2019 – a un aumento del 191,2% nel mese di marzo. Le settimane tra l’inverno e la primavera sono intense e tragiche. Lo stillicidio inizia la ritirata nella seconda metà d’aprile, per poi avere una graduale decrescita della curva dei contagi e delle vittime proseguita fino al settembre scorso. Con l’arrivo dell’autunno si è palesata la tanto attesa seconda ondata e i numeri di questi giorni raccontano di una situazione negli ospedali di nuovo molto preoccupante.

L’ORIGINE DEL VIRUS

Ma oltre alle polemiche di politica interna, alle nostre abitudini che sono state stravolte e alle incognite su cosa il futuro della politica e dell’economia globali ci riserveranno di qui ai prossimi anni, resta in sottofondo a questa storia il nodo sull’origine del virus. L’Oms è incaricata da maggio di svolgere una «indagine indipendente». Sono passati sei mesi e ancora non se n’è fatto quasi niente. Non si sa quando la squadra di esperti dell’organismo internazionale avrà il via libera delle autorità cinesi per poter sbarcare nel Paese.

I ritardi continuano a suscitare sospetti e veleni, con Trump che reitera le sue accuse all’Oms di assecondare l’atteggiamento poco chiaro di Pechino. A dare eco al presidente degli Stati Uniti gli scienziati che dubitano dell’origine naturale del virus, che ufficialmente ha avuto il suo ground zero nel mercato di Wuahn. Tanti dubbi, una sola certezza: il virus ha cambiato le nostre vite.


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