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Il rapper Fedez

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Federico Leonardo Lucia detto Fedez, razza padanissima da Rozzano, profondo hinterland milanese, è un genio del marketing, uno stratega della fuffa fattasi battaglia civile, uno in grado di trasformare magicamente il vapore acqueo in 12 milioni di follower (e un po’ sticazzi). Verso Fedez, lo confesso, provo una malcelata invidia sociale.

Mentre l’Italia è ancora martoriata dal virus, mentre si combatte a colpi di Recovery Fund per impedire licenziamenti a catene, la gente perde il lavoro e le famiglie perdono reddito e natalità, ecco che noi cronisti dedichiamo a Fedez e alla sua polemica in diretta sulla legge anti-omofobia dal palco del concertone, metà del notiziario di giornata.

Ci fosse una testata giornalistica che avesse eluso la reprimenda di Fedez su Rai3. Il massimo è stato Il Corriere della sera che ci ha addirittura aperto il giornale con fondo (bello) del mio amico Antonio Polito, neanche avessimo dichiarato guerra alla Polonia.

Fedez fa Fedez, sta attento al cuore a sinistra e al portafoglio pure; mette in onda un video in cui fuma una sigaretta elettronica e un altro in cui indossa un cappellino griffato, prodotti sponsorizzati vietatissimi a qualsiasi altro ospite o conduttore della tv di Stato; si ingegna per apparire sempre politicamente corretto e pronto all’applauso per la platea dei suoi formidabili 12 milioni di followers.

In più studia una filippica fantastica sulla legge Zan approfittando di un’ingenuità della vicedirettrice di Raitre che lo chiama per ricordargli (una banalità) che in Rai non è prevista un’opinione politica senza un contraddittorio. E lui, di tutta risposta, parla a difesa (giusta, per carità) dei transomosessuali, mentre tutti noi -dato il contesto del concerto della Festa del Lavoro, dei valori mondiali del 1° maggio- ci aspettavano una reprimenda magari sulle condizioni dei lavoratori di Amazon di cui però, guarda caso, Fedez è testimonial.

Qualcuno, di Fedez, in queste ore ricorda la coerenza. E alcuni testi di alcune sue canzoni. In Bella vita, per esempio, Fedez canta: “Perché nessuno ha detto a Flavio Briatore/che andare in giro col pareo è un po’ da recchione?”. Nell’altra canzone Tutto il contrario, Fedez scrive: “Mi interessa che Tiziano Ferro abbia fatto outing/ Ora so che ha mangiato più wurstel che crauti/ Si era presentato in modo strano con Cristicchi/ “Ciao sono Tiziano non è che me lo ficchi”.

Roba che oggi, se fosse approvato il ddl Zan che tanto sponsorizza, gli costerebbe almeno 18 mesi di carcere. Ma tant’è, era giovane, e da giovane qualche cazzatella scappa. Oggi Fedez non fa cazzate; e se le fa riesce a renderle opinione di popolo, vezzo libertario, sacrale difesa delle minoranze, denuncia subdola d’ogni fascismo. La colpa è della Rai, che ingenuamente è caduta nella trappola. La mia solidarietà. A Morgan, che per aver fatto una battuta idiota sulla droga, prima di andare a Sanremo, si bruciò una carriera, mentre Fedez oggi è il prossimo candidato leader del Pd…

LA PAROLA CHIAVE – Il disegno di legge Zan

Il disegno di legge proposto da Alessandro Zan ha l’obiettivo di combattere ogni tipo di discriminazione. Omotransfobia, dunque, ma non solo.

“Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” si legge sul frontespizio del disegno di legge trasmesso dal presidente della Camera dei deputati alla presidenza il 5 novembre 2020.

Non si parla solo di omosessualità e omofobia, quindi, come certa propaganda contraria al ddl vorrebbe far credere. Si affrontano anche temi come la violenza di genere, la discriminazione nei confronti dei disabili. Si quantificano le condanne, pesanti peraltro, per chi commette violenza o discriminazione e si propone l’istituzione di iniziative di sensibilizzazione reale.


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