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Giovanni Minoli e Jole Santelli

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5 minuti per la lettura

La prima ondata di Covid mi becca a Roma all’inizio del 2020. Di tornare a New York non se ne parla. E neanche in Repubblica Dominicana, dove ho casa. Sull’isola c’è già la legge marziale. Mio figlio Charlie continua a inviarmi foto su Wapp del Greenwich Village deserto e di banche con i pannelli di sicurezza alle vetrine. I surfisti di Encuentro Beach i video di magnifiche onde che nessuno può cavalcare. Scarico e stampo autocertificazioni per andare a fare la spesa e porto fuori Stella, il cane di mia sorella Linda. Mi intossico di TG e vedo gli amici su Skype. Siamo tutti nella stessa patetica situazione. La storia va avanti per un paio mesi e non se ne vede ancora la fine. Poi un Dpcm apre i recinti, e prima che qualcuno ci ripensi parto per la Calabria dove ho casa tra le marine di Guardavalle e Santa Caterina dello Jonio. È il 3 di luglio.

IL DECOLLO

«Dove sei ?», è Giovanni Minoli al telefono. Glielo spiego, e aggiungo che sono in vacanza. «Le vacanze sono finite – mi dice – ho bisogno che tu vada a Gerace e mi invii foto del borgo e dintorni». È per una cosa che ho in testa, conclude.

E siccome lavoro con Giovanni da quasi 40 anni, capisco che non sono ammesse repliche. Mi avvio sulla 106 intorno alle 15.30 con una temperatura esterna che sfiora i 40 gradi, arrivo a Gerace con macchina fotografica e bottiglietta di acqua minerale ghiacciata e mi intrufolo nella frescura dei vicoli. Non la ricordavo così bella.

Quella sera stessa gli invio le foto. E Giovanni, tranquillamente, mi spiega per sommi capi qual è la “cosa che ha in testa”. Se non fosse lui a dirmela penserei che sto parlando con qualcuno che si sta riprendendo da un colpo di sole. E invece è come al solito lucidissimo nella sua follia creativa e manageriale.

«Bisogna innanzi tutto costruire degli studi televisivi e cinematografici in Calabria», inizia, «proprio come ho fatto a Napoli per “Un Posto al Sole”. E poi scrivere e realizzare il Grande Romanzo Popolare Calabrese. Ho bisogno che tu faccia una ricerca approfondita ed aggiornata sulle risorse e professionalità calabresi che operano sul territorio: sceneggiatori, registi, costumisti, attori e attrici, tecnici, location manager, etc. Ma anche creativi di vario genere, intellettuali, operatori culturali, archeologi e associazioni. E tieni bene in mente che da oggi in poi, per la Fondazione Calabria Film Commission, essere calabrese è un plus».

Un lavoro immane. Ma ho avuto la fortuna di incontrare Gianvito Casadonte, Direttore Artistico del Settore Cinematografico, che da oltre vent’anni opera in Calabria con grande successo e professionalità, e quindi dopo la solita fatica per avviare la macchina la strada si è messa in discesa.

LA DOCCIA FREDDA

Poi è arrivata la doccia fredda. Ero seduto a un tavolino di un bar di Montepaone Lido con Gianvito, quando intorno alle 9 del mattino lui ha risposto all’ ennesima telefonata. La sua faccia ha cambiato colore, ha poggiato il cellulare e si è messo le mani tra i capelli. Poi con un filo di voce mi ha detto «Jole se ne è andata»!

Lo abbiamo riferito a Giovanni. Un attimo di silenzio dall’altra parte, poi un «ci sentiamo più tardi», emozionato. «Adesso bisogna fare meglio e di più», iniziò Giovanni nella sua prima telefonata pomeridiana, «il Sogno di Jole non può morire con lei. Le ho fatto una promessa e intendo mantenerla».

IL SOGNO

Ci siamo rimboccati le maniche e negli ultimi sei mesi abbiamo avuto il piacere di incontrare centinaia di giovani preparatissimi ed entusiasti, che non hanno nessuna intenzione di andarsene dalla nostra Terra.

Ragazzi che necessitano di un elemento catalizzatore per dare concretezza alle loro speranze e aspirazioni. Una generazione che ha bisogno di poter pianificare la propria esistenza lavorativa e spirituale, di fare progetti a lungo termine. Giovanni è da sempre convinto che il lavoro si impara facendolo, e che deve essere retribuito. Le scuole di formazione sono importanti, ma non quanto l’esperienza diretta sui set.

È questa la Film Commission di Giovanni Minoli e della nostra squadra.

«Abbiamo bisogno della Calabria e dei calabresi», continua a ripeterci, «senza di loro non andiamo da nessuna parte. Basta con i film sulla ’Ndrangheta. Facciamo invece conoscere le “Donne di Calabria”, che hanno fatto grande la loro Terra e l’Italia. Mostriamo le bellezze della Sila, Tropea e innumerevoli borghi altrettanto belli, le centinaia di chilometri di meravigliose spiagge. E poi i castelli e le dimore storiche, gli sconosciuti e meravigliosi siti archeologici».

Ricorda benissimo quando iniziò l’avventura del “Posto al Sole” in Campania e poi di “Agrodolce” in Sicilia. Esordi sempre difficili, dovuti all’indifferenza della politica e all’incapacità di certe maestranze di rinnovarsi nell’ambito lavorativo.

IL SUPPORTO DI TUTTA LA REGIONE

Qui in Calabria questi atteggiamenti sono invece durati pochissimo, perché i calabresi hanno quasi subito capito l’importanza di sviluppare una industria culturale nel Sud, con la Calabria come epicentro. Specialmente in Regione dove hanno capito e sposato il Progetto, e ci hanno supportato con grande professionalità e senso del dovere.

Il Presidente e la Giunta inoltre, anche dopo la morte di Jole Santelli, hanno stanziato quasi subito i fondi per costruire gli Studi.

Per quanto mi riguarda, dopo avere lavorato negli Stati Uniti per quasi 40 anni, è una grande soddisfazione poter condividere con i miei conterranei esperienze e contatti internazionali. Dopo un vita tra aerei e backstage sono tornato in Calabria, e questa è sempre stata casa mia.


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