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Domenico Arcuri

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Empatia, per dirne una, pari a zero. Paragonato a lui, perfino il pallido Borrelli fa la figura del Grande Comunicatore. In tempi di quarantena è riuscito a prendere a cazzotti tutta una serie di totem recenti, dal divano al cocktail, fino agli innocenti centrifugati. Continuando così, c’è da credere, a ogni apparizione in tv si farà un sacco di nuovi amici.

Ma state sicuri, Domenico Arcuri, 57 anni, calabrese di Melito Porto Salvo, amministratore delegato di Invitalia, andrà avanti per la sua strada. Intrepido «Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid 19».

Che già detta così basterebbe, se non fosse che ha pensato bene di rimanere in sella anche alla sua Invitalia. Doppio incarico, quindi. Ed è solo l’inizio, solo il 17 marzo di questa terribile primavera. Perché da quel giorno in poi diciamo che non gliene va bene una. L’aver superato in slalom le candidature di gente come De Gennaro e Bertolaso, purtroppo, non gli assicura nessun salvacondotto.

Così inciampa sui ventilatori, perché ammette che degli ottomila comprati «forse la metà verranno consegnati a fine emergenza». Si incarta con la app Immuni, di cui ha firmato i contratti di fornitura, e che se tutto va bene partirà il 18 maggio, mentre Australia e Norvegia, per citare due esempi, hanno preso il pacchetto Singapore e già volano. Eppoi compie il suo capolavoro, il nostro Inamovibile Arcuri, con le mascherine. Ne fissa un prezzo diciamo politico, perché «adesso il mercato non c’è», dice lui , e sciorina tutti calcoli per certi versi ragionevoli. Ma dimentica che, nel frattempo, decine di migliaia di farmacie italiane si sono già rifornite e a prezzi ben diversi dai suoi. Così fa scoppiare una mezza rivolta.

Già, Inamovibile. Perché lì a Invitalia, «Agenzia nazionale per l’attrazione investimenti e sviluppo d’impresa», di proprietà del ministero dell’Economia, ci sta dal 2007 . Si è visto passare davanti otto governi otto, da Prodi a Berlusconi fino al doppio Conte, senza battere ciglio, forte dei buoni rapporti con con il dalemiano Gualtieri e con D’Alema in persona, che lo spronò e lo sostenne almeno agli inizi. Il suo «mentore», come elegantemente dicono oggi. Scriveva malandrino il Manifesto il 28 novembre scorso: «Solo Giuseppe Bono – capo di Fincantieri dal 2002- lo batte come boiardo di Stato più longevo». Per il Foglio, invece, Arcuri «è l’avvolgente potenza invisibile delle crisi aziendali d’Italia».

Peccato che c’è ancora chi gli rinfacci di non averne risolta neppure una, e gli presenta l’elenco: ex Fiat di Termini Imerese, Breda Menarini di Bologna, Irisbus di Valle Ufita, Bakaert di Figline Valdarno, Embraco di Riva di Chieri. E c’è anche chi si ostina, mamaraldo in questi giorni tempestosi, a ricordargli una vecchia storia del 2011, quando l’Unione europea venne a scoprire che di un piano di investimenti da tre miliardi per il nostro Sud -Campania,Calabria, Puglia e Sicilia- erano stati spesi in cinque anni soltanto 652 milioni. Nell’occasione Invitalia era «incaricata dell’assistenza tecnica» al costo di 45 milioni di euro. Ludovico Vico, deputato pd, attaccò frontalmente: «Gravi ritardi nelle procedure di selezione, tempi troppo lunghi per la valutazione del progetti». Ma non successe niente , l’Inamovibile rimase lì. Come non fu neppure scalfito dalle pulci che gli fece addirittura Il Sole 24 ore: Italia Turismo, controllata di Invitalia, «nel 2018 ha fatturato 7,15 milioni e ne ha persi 7,2, dal 2016 al 2018 ha perso 25,57 milioni. Ha un debito con le banche di 47 milioni». E questo sarebbe l’uomo della Provvidenza?

Provvidenza o no, visto che il bersaglio è grosso, c’è chi insiste e prova a mettere insieme altri tasselli. Scrive l’Espresso del 12 marzo scorso: «Arcuri è adattabile.. si è ricollocato senza battere ciglio con il sistema Silvio Berlusconi-Gianni Letta. Con altrettanta flessibilità è tornato nelle grazie dei governanti giallo-rosa». E qui piazza il colpo: «La scintilla con Conte sarebbe scattata su un finanziamento da 280 milioni di euro per lo sviluppo della Capitanata, nella provincia foggiana cara al presidente del Consiglio, che Arcuri avrebbe contribuito a sbloccare». Ci va giù più duro il sito Lanotizia: il piano di investimenti « in cui Invitalia è centrale di committenza… prevede pure cinque milioncini per la creazione di un sistema aperto per l’utilizzo del lago di Occhito a uso turistico, in quel di Volturara Appula, paesello natio del presidente del Consiglio». Insomma, a pensar male…

Il resto è agiografia, la scuola militare della Nunziatella, la laurea alla Luiss, le prestigiose consulenze con Arthur Andersen e Deloitte, il matrimonio poi finito con Myrta Merlino, la figlia Caterina , le Marlboro rosse avidamente aspirate. Ma forse una traccia utile più delle altre ancora c’è: il suo uomo per le relazioni istituzionali è stati per anni Stefano Andreani, ex portavoce di Giulio Andreotti, purtroppo scomparso nel 2017. Potrebbe avergli davvero insegnato i rudimenti del mestiere .


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