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Roberto Napoletano

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ROMA – «Non so se nella comunità nazionale c’è fino in fondo la consapevolezza del credito personale a livello internazionale che Draghi ha conquistato in Europa e fuori dall’Europa. Questo credito, che riguarda la persona, può fare molto bene all’Italia anche perché l’Italia, benché non lo diciamo mai o lo diciamo poco, è scesa nel rating mondiale, viene da 20 anni di crescita zero e fa anche un po’ meno paura. Si è quindi più disposti, com’è successo all’ultimo G7, a riconoscere a Draghi qualcosa in più. Questo a noi ritorna come credibilità del Paese e può ritornare se si segue il suo metodo, quello di far diventare l’Italia un paese normale».

Così Roberto Napoletano, direttore del Quotidiano del Sud, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di stampa Italpress, presentando il suo libro “Mario Draghi. Il ritorno del Cavaliere bianco”.

«Il cavaliere bianco – ha spiegato – è l’uomo che ha fatto l’atto risolutore della grande crisi, le tre parole ‘Whatever it takes’».

Per Napoletano la «grande qualità di Draghi è che se ascolti, capisci. Non ha un linguaggio ampolloso e retorico». Inoltre, ha evidenziato, «dobbiamo avere la consapevolezza che con Draghi c’è una doppia partita, in Italia e in Europa».

«La prima cosa che ha fatto Draghi e che ha funzionato – ha affermato – è la campagna di vaccinazione. Quando ha parlato di rischio ragionato – ha continuato – si è visto quello che credo sia un metodo. La vera innovazione è decidere, mediare, decidere».

Con il Recovery plan si prevedono importanti investimenti, anche per il Mezzogiorno.

«Per il Sud – ha sottolineato – è stato fatto qualcosa che non è mai stato fatto prima. Bisogna essere onesti: il livello di interventi è nettamente superiore a quello del decennio d’oro».

Tuttavia, per Mario Draghi c’è anche qualche consiglio: «Individuare una struttura centrale di progettazione, dettagliata, con persone di valore scelte sul mercato con criteri rigorosi e con una regia».

Bisogna, quindi, «creare una squadra che organicamente dia una mano», perché, in generale, «se non si recupera il Mezzogiorno l’Italia non riparte».

In collaborazione con Italpress


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