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Il libro di Funaro da cui è nata la pagina omonima e la community su facebook

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«USCIRE dall’Italia è per la maggior parte delle  coppie adottive l’unica speranza di diventare genitori, perché  l’adozione nazionale, per ragioni legate ai soliti problemi del paese  (poco staff, lentezza dei tribunali e via dicendo, con la conseguenza di  avere molte più coppie in attesa di quanti siano invece i bambini in  stato di adottabilità) è davvero un terno a lotto o quasi». Arnaldo Funaro è un papà adottivo, autore  del libro “Un bimbo mi aspetta”, ma, «cosa più importante» aggiunge,  fondatore dell’omonima community su Facebook che a oggi è la più  grande d’Italia (accanto alla pagina pubblica esiste anche un gruppo privato dove i genitori  adottivi si raccontano confrontandosi e facendosi forza, dandosi dritte e consigli a vicenda). Nella specifica sulla «importanza» della comunità rispetto alla pur giusta soddisfazione personale di un libro c’è tutto lo spirito della missione di Funaro. Fare massa critica, come si dice, e cercare di sensibilizzare quanto più possibile sia l’opinione pubblica che istituzioni e politica.        

«Nei giorni scorsi – spiega Funaro – il Covid-19 ha rappresentato un  ennesimo rallentamento nelle pratiche adottive. Noi siamo persone  pazienti per natura, quindi non ci aspettiamo nulla di diverso dalla  situazione. Ma l’altra cosa molto grave che sta accadendo è relativa  ai posti di lavoro dei cittadini, tra i quali gli aspiranti genitori  adottivi, e la perdita di risorse per l’adozione internazionale».

Perché l’adozione internazionale costa, e anche parecchio. «E  oggi, molte delle coppie che faticosamente stavano mettendo da parte i  soldi per questo traguardo, e che in parte avevano già dato, sono  obbligate a fermarsi, col rischio di perdere per sempre questo treno».

È il motivo per cui gli attivisti hanno scritto un appello su fb al premier Conte e alla ministra Bonetti, un invito a non essere lasciati soli: «Noi siamo sempre arrivati dopo “altri  problemi”, come se la nostra volontà di diventare genitori e creare  una famiglia fosse sempre qualcosa di rimandabile. Eppure, mi permetto  di dire, che la famiglia è il pilastro del futuro di qualsiasi  società. Senza famiglia non ci sono nuove generazioni e soprattutto non  c’è l’eredità culturale di cui queste generazioni hanno bisogno. Il Covid-19 ha messo in crisi l’economia del Paese. E ha messo in  crisi anche noi. Come sapete, l’adozione nazionale, per numeri, non è in grado di  unire tutti i genitori che fanno il percorso adottivo con un bimbo o una  bimba. Troppe richieste, pochi bambini. Ahimè, i numeri sono freddi, ma dobbiamo comunque affrontarli» .

Per questo motivo, molte coppie prendono la via dell’adozione  internazionale che ha costi molto importanti per le famiglie. «Queste donne e questi uomini, aspiranti mamme e papà, hanno rinunciato  a tutto pur di non rinunciare ai bimbi che li aspettano da qualche  parte. Queste persone – tra le quali ci sono anche io – hanno lavorato di  più, in ogni modo, con ogni mezzo, per poter mettere insieme la cifra  che serve per prendere il volo in due e tornare in tre».

E ora? «Beh, ora tutto è messo in discussione, così, di punto in bianco  o quasi. Perché tanti fra noi hanno perso il lavoro e non saranno in grado di  proseguire un percorso dove spesso sono stati già investiti migliaia di  euro. Si dice che i soldi non facciano la felicità. Siamo tutti d’accordo,  ma devo dire che in questo caso i soldi fanno una famiglia e credo che  la felicità ne sia una conseguenza dal valore inestimabile, perché non  coinvolge solo gli adulti, ma tanti bimbi che hanno subito un abbandono. Vi chiedo quindi un cenno, una parola, una certezza che non ci lascerete  soli permettendo che un sogno che stava diventando realtà, si trasformi  in un incubo dal quale non potremo più risvegliarci».


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