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Il boom di contagi e morti in India preoccupano la comunità internazionale preoccupano per il potenziale della variante del Covid nata nel subcontinente. E questo nonostante la mutazione dominante in quel contesto resti quella inglese, stessa responsabile della terza ondata, andata in scena durante l’inverno in Italia.

La situazione, per il momento, sembra sotto controllo, anche grazie alla vasta attività di screening condotta sui soggetti positivi (e non solo) in arrivo dalle zone a rischio.

Una buona notizia arriva dall’Inmi Lazzaro Spallanzani di Roma che ha analizzato i tamponi delle 23 persone contagiate che si trovavano a bordo dell’aereo, proveniente dall’India, atterrato lo scorso 28 aprile nello scalo capitolino di Fiumicini.

Solo una, si legge nella nota del nosocomio, “presenta tutte le mutazioni tipiche della variante Indiana B.1.617, compresa quella nella proteina Spike in posizione 484”. Attualmente, si sottolinea, “non vi è dimostrazione di aumentata contagiosità e patogenicità delle varianti indiane”.

È, inoltre, emerso che altri 12 positivi dello stesso volo aereo sono “riconducibili a ceppi indiani mancanti di questa specifica mutazione”. Lo Spallanzani ha inoltre rimarcato che nella provincia di Latina (dove risiede una comunità sikh di ampie dimensioni), al momento, non è stata trovata nessuna infezione riconducibile alla variante indiana e che la situazione è sottoposta ad attenta sorveglianza grazie all’impegno delle Uscar, le Unità speciali di continuità assistenziale regionale.

“Per quanto attiene alle varianti in generale – si legge in una nota dello Spallanzani – si ribadisce che è importante monitorarle e studiarle per adeguare le misure di prevenzione e di contenimento, ma è prevedibile che nuove varianti sicuramente continueranno ad emergere e a diffondersi, come è nella natura dei virus. L’importante è non dimenticare che la lotta è al virus, non alle singole varianti”.

Di questa mutazione, al momento, si sa molto poco, sia sul fronte della velocità di diffusione che su quello, determinante, della sensibilità ai vaccini.

Secondo Fabrizio Pregliasco, intervenuto giorni fa ad Agorà (Rai3) il problema di questa variante è rappresentato «due mutazioni nella proteina Spike, che rendono più facile l’inserimento all’interno dell’organismo. Da un lato si dovrà capire se e quanto è più contagiosa rispetto al virus originale, come sembra, e poi servirà chiarire se sfugge ai vaccini».

Per Matteo Bassetti, sentito dall’Adnkronos, «bisogna finirla di fare la rincorsa alle varianti, e bisogna finirla con questa comunicazione terroristica. Le varianti ci saranno sempre, e più le cerchi e più le trovi: probabilmente ce n’è una in ogni paese, e forse addirittura una in ogni città perché il virus muta, cambia».

Per Andrea Crisanti, contattato “Un giorno da pecora” su Radio1, «la variante indiana pone delle problematiche, perché ha una diffusione molto elevata. Ora si stanno facendo degli esperimenti per capire se i vaccini la bloccano, ma al momento ancora non lo sappiamo».

Più allarmista Massimo Galli. La variante, ha detto a Nursind Sanità, è «una nuova bomba che ci auguriamo non diventi una bomba a orologeria anche per noi».


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