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Luca Steardo

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UNA ipotesi che, se confermata, potrebbe aprire nuovi preoccupanti scenari nell’ambito della pandemia di coronavirus Covid-19. Secondo un gruppo di neuropsichiatri e fisiologi guidati dal professor Luca Steardo, dell’università Giustino Fortunato di Benevento e dell’università Sapienza di Roma, infatti, il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 potrebbe interagire (o meglio penetrare) nel sistema nervoso centrale (S.N.C.) generando una severa neuroinfiammazione, in grado di causare o aggravare il decorso di malattie come Alzheimer, epilessia, Parkinson, disturbi come psicosi, disturbi da stress post-traumatico, autismo e depressioni maggiori.

In particolare, la tesi viene descritta nell’editoriale pubblicato dalla rivista Acta Physiologica, della Federazione delle Società Europee di Fisiologia da Steardo e dai colleghi Steardo jr, dell’Università Magna Graecia, di Catanzaro, Robert Zorec, dell’Università slovena di Lubiana, e da Alexei Verkhratsky, dell’Università britannica di Manchester.

«Dinanzi alla gravità del fenomeno del Covid-19, con un numero così alto di ricoveri e decessi, ci siamo chiesti – si legge nell’editoriale – se la severità della sintomatologia potesse dipendere da una invasione del virus che non si limitasse solo al livello polmonare ma anche a livello del sistema nervoso centrale. Le prime osservazioni dei clinici – aggiunge – indicavano che la patologia potesse iniziare con una sintomatologia di tipo influenzale, con rari casi di diarrea, complicata poi da crisi respiratorie per l’invasione dei polmoni, da parte del virus, ma più attente osservazioni successive hanno fatto capire che ci potevano essere manifestazioni neurologiche, per esempio mal di testa, delirio, perdita di olfatto e gusto, come una sintomatologia di esordio».

Questi ultimi due sintomi, osserva il neuropsichiatra, «certamente potrebbero essere anche spiegati dall’effetto dell’invasione del virus delle cavità nasali con distruzione del tessuto endoteliale e delle terminazioni nervose», ma il dubbio sorge nel momento in cui si considerano in modo complessivo, in questo caso, infatti, gli studiosi si sono chiesti se non ci potesse essere invasione del virus anche a livello cerebrale, dal momento che alcuni virus appartenenti alla famiglia dei coronavirus del sottotipo beta, ai quali appartengono anche i virus della Sars (Sindrome respiratoria acuta grave) e della Mers (Sindrome respiratoria mediorientale), rispettivamente Sars-CoV e Mers-CoV, che «non limitano la loro presenza al tratto respiratorio e spesso invadono il sistema nervoso centrale».

Per supportare questa ipotesi si è anche rilevato come «il virus penetra nell’organismo umano agganciandosi alla proteina Ace2 che è sulla membrana delle cellule umane». Questa proteina, spiega il prof. Steardo, «è particolarmente presente nel tessuto alveolare polmonare e intestinale ma anche in alcune aree del sistema nervoso centrale, come l’area degli Organi Circumventricolari» possibile accesso al sistema nervoso centrale.

Un’ulteriore via di accesso del virus al sistema nervoso centrale, secondo gli esperti, potrebbe essere il nervo dell’olfatto tramite il quale il virus salirebbe per via retrograda al cervello dalla cavità nasale. Questa ipotesi sta trovando conferma in alcuni studi condotti in Cina e negli Usa su alcune vittime del Covid-19, i quali dimostrano in alcuni casi ampie lesioni neuropatologiche nel tronco dell’encefalo e in un caso la presenza del virus nel liquor cerebrospinale, il liquido incolore che avvolge il sistema nervoso centrale.

«Se nei malati Covid è vero che il virus invade il tronco encefalico – osserva il prof. Steardo – questo potrebbe spiegare, in una certa quota, la gravità dei problemi respiratori che presentano questi pazienti perché il tronco encefalico è l’area del cervello dove risiedono i centri che regolano il ritmo della respirazione. Quando c’è infiammazione periferica in un organismo si liberano sostanze, le citochine – sottolineano i ricercatori – che se sono in così grande quantità, come nel caso del Covid-19, rompono la barriera ematoencefalica che protegge il cervello, entrano nell’organo e attivano le cellule gliali, avviando una neuroinfiammazione in maniera piuttosto subdola, tale che le persone non avvertono disturbi».

La gravità sta nel fatto che la neuroinfiammazione è una condizione alla base di molte malattie neurologiche e psichiatriche, come l’Alzheimer, il Parkinson, epilessia, disturbi come schizofrenia e depressioni maggiori. Inoltre, un’altra condizione che innesca e aggrava la neuroinfiammazione è l’ipossia, cioè la scarsa ossigenazione che si può avere nel corso della malattia polmonare da Covid-19, durante la quale il sistema nervoso rimane scarsamente ossigenato. In questo modo, conclude il professore, «abbiamo voluto allargare la nostra prospettiva su Covid-19 come stanno facendo anche i cardiologi, che hanno individuato miocarditi da questo virus, e i nefrologi, che hanno individuato danni renali, mostrando che le persone che superano la malattia potrebbero avere conseguenze su altri organi e richiamiamo quindi l’attenzione dei medici a seguire eventuali effetti su altri organi, nel nostro caso sul sistema nervoso».


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