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Lino Banfi durante lo spot

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La fuga da Kabul con il generale americano che sale per ultimo sull’ultimo volo di evacuazione, perché mica sono tutti come quei comandanti o ambasciatori che se ne vanno per primi?

Macché. I bambini di Kabul lanciati da madri e padri straziati e strazianti oltre il filo spinato dell’aeroporto, nella speranza, forse mal riposta ma vedremo, di lanciarli in una vita migliore?

Macché. Il No-vax che vorrebbe tagliare la gola al giornalista che fa il suo mestiere e non avendo un coltello si “accontenta” di sferrare un pugno sulla mascella del cronista?

Macché. Il No-vax che aspetta sotto casa il “virostar”, il professor Bassetti, e lo tormenta di minacce e contumelie? Macché. Green pass o no? Cartella esattoriale o no? Didattica a distanza o no? Smart working o no (sempre che ancora si abbia un “work”)? Ancora macché.

E’ sentire Oronzo Canà, mitico allenatore nel pallone, personaggio cult tra quelli portati alla fama da Lino Banfi, l’oggetto del più alto, vivace, intrigante dibattito del giorno, un argomento da talkshow che tracima oltre le televisioni, inonda i social (topic trend, naturalmente), stuzzica l’ironia e l’”intellighenzia”.

Perché quel “porca puttèna” che Lino Banfi, il grande Nonno Libero e non solo, scandisce come catch phrase (la frase che cattura) al colmo dello spot di Tim Vision per piazzare il suo congegno vedi calcio e connesso abbonamento, è divenuto l’oggetto del contendere.

L’aveva scampata durante gli Europei di calcio, quando Oronzo Canà ne costituì la colonna sonora, insieme con le rispolverate “notti magiche”. Allora erano simpatici e scanzonati Insigne Tiraggir e Immobile che ad ogni gol ce lo sbattevano in faccia, e nelle orecchie di grandi e bambini.

Ma ora ecco che il severo Moige, con un atteggiamento talebano, in linea con la cancel culture, il politically correct, il linguaggio schwa che propone come ultima lettera di quasi tutto la “e” rovesciata perché “a” e “o” possono identificare un genere (si dice gender) e dunque discriminare, ha sentito ed è intervenuto. La richiesta non è di censura, ma quanto meno di non trasmettere lo spot in fascia protetta. Il tutto per proteggere i minori dalla volgarità e dalla violenza.

Ci si può chiedere: ma hanno mai avuto la fortuna (o sfortuna: punti di vista) di sentire una conversazione, chiamiamola così, fra minori anche in tenera età? Hanno mai avuto la sfortuna (o la fortuna) di incappare, zappingando, in un qualche reality o perfino in un qualche incontro-scontro politico?

Tim ha fatto sapere di non aver avuto richieste né censure da chi sorveglia sulle questioni e che la campagna pubblicitaria andrà avanti come pianificato. E intanto ha avuto un surplus di pubblicità “a gratis”.

La tutela dei minori, che passa da una scuola funzionante, da programmi scolastici che comprendano per esempio l’educazione civica e sportiva, sessuale e digitale, da una socialità ritrovata e garantita a prova di virus, è una cosa troppo importante e seria per perderci (e perderli) in queste battaglie acchiappa-clic, “porca puttèna”.


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