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MAI come ora il monitoraggio del Pnrr è fondamentale. Più della quantità dei finanziamenti stanziati da Bruxelles, infatti, conta la capacità di spesa. Valutare passo dopo passo l’attuazione dei progetti rientra tra i compiti di una specifica sezione della Corte dei conti: da una prima analisi effettuata a campione su 31 dei 41 interventi ricompresi dal piano europeo sono emerse luci e ombre. La notizia buona è il conseguimento da parte dell’amministrazione centrale della «pressoché totalità degli obiettivi previsti», fermo restando che l’attuale giudizio si ferma ai dati del semestre scorso e dunque per quello complessivo bisognerà attendere la fine dell’anno.

Quella cattiva conferma un dato che più volte abbiamo evidenziato su queste pagine: «Le difficoltà notevoli nella capacità di spesa delle singole amministrazioni, a dimostrazione – citiamo la nota diffusa dalla magistratura contabile – che una maggiore disponibilità e un maggior impiego di risorse non corrispondono automaticamente a reali capacità di sviluppo».

PNRR, CORTE DEI CONTI: RAFFORZARE LE AMMINISTRAZIONI

Più soldi, insomma, non vuol dire più Pil. Lo dicono i fatti. Il controllo si è svolto seguendo le specifiche cadenze temporali previste per la realizzazione degli interventi connessi al Piano, per ogni singola missione e con precisa attenzione ai temi che l’Unione europea ha posto al centro del suo intervento straordinario. Tutela ambientale e della salute; politiche del lavoro e dello sviluppo sostenibile; digitalizzazione, internazionalizzazione; istruzione; inclusione e sostegno sociale. Le principali criticità sono dovute all’attuale contesto, al quadro internazionale profondamente mutato. Prima il Covid, poi la guerra in Ucraina hanno stravolto il quadro economico-finanziario rispetto alle previsioni iniziali. Sono emersi elementi di incertezza destinati a influenzare il rialzo dei costi di realizzazione di alcuni progetti. Aumenti legati ai costi delle materie prime.

Il problema dell’attuale quadro economico non sono comunque solo le incertezze, ma il timore – per citare una cupa vignetta di Altan – che tra qualche mese diventeranno certezze. Ci riferiamo in particolare all’inflazione, destinata a influenzare il rialzo dei costi di realizzazione di alcuni progetti previsti. La Corte dei conti non si è limitata a esaminare i faldoni del Pnrr, di quello che forse è il più grande piano di rilancio economico del dopoguerra. Ha indicato anche la strada per superare le difficoltà di spesa. Una su tutte: «Il rafforzamento delle strutture amministrative e l’adeguatezza delle risorse umane in corso di reclutamento – si legge nella relazione dei magistrati contabili – costituiscono elementi essenziali ai fini dell’attuazione degli interventi, così come adeguate attività di assistenza tecnica che garantiscano lo svolgimento delle azioni connesse alla realizzazione degli obiettivi».

Le osservazioni si sono focalizzate sulla necessità di superare la questione della finanziabilità dell’assistenza tecnica, attualmente non finanziabile con i fondi del Pnrr. Molto potrà essere fatto, secondo la Corte, con l’introduzione, nel giugno scorso, del nuovo portale Capacity Italy.

I RITARDI SULL’INNOVAZIONE

Per ognuna delle missioni son stati elaborati dei grafici con indicate le risorse disponibili e lo stato di attuazione. Gli obiettivi ancora da raggiungere riguardano settori nevralgici come, per esempio, le infrastrutture digitali. Il conseguimento dei milestone (obiettivi intermedi) nella digitalizzazione del settore pubblico, la Banca dati nazionale e il Single Digital Gateway.

Altri ritardi si riscontrano negli accordi per l’innovazione. Un compito assegnato al Mise, che entro settembre dovrà emanare i decreti di concessione delle agevolazioni. Un passaggio che incide per il 30% delle somme stanziate (un miliardo).

In questo caso il giudizio della Corte non è stato affatto tenero: «Si ravvisa la necessità – scrive testualmente nella delibera – di procedere con opportuna speditezza, atteso che le istanze di concessione dovranno essere oggetto di valutazione entro il termine di 70 giorni dalla presentazione delle domande del richiedente». Va da sé che investire nell’innovazione ha senso se si rispettano i tempi, se nel frattempo lo scenario internazionale non è mutato. Le imprese-target non possono attendere.

La Corte ha evidenziato ritardi anche nel trasferimento delle risorse da parte della tesoreria del Mef. È il caso della missione relativa allo sport e all’inclusione sociale, dove sono stati rispettati tutti i 9 step programmati, definiti i criteri con un apposito decreto ma i soldi non sono ancora arrivati. Rallentamenti e obiettivi si registrano negli interventi a favore del Terzo settore per combattere la povertà educativa del Mezzogiorno. E ancora, non sono stati siglati gli accordi con il Mise per il finanziamento delle Start-up, un settore di particolare rilevanza nell’ottica del Pnrr. La data limite del 30 giugno è passata. I soggetti destinatari delle risorse sono enti di ricerca, università e imprese. Ovvero quei soggetti che più altri possono offrire opportunità ai giovani «e intervenire per colmare le disparità di genere e territoriali».

CORTE DEI CONTI: ANCHE DOPO IL PNRR VANNO STABILIZZATI I FLUSSI FINANZIARI

Per quanto riguarda gli interventi sul territorio – ha rilevato la Corte – è richiesta, soprattutto in alcune aree del Paese, «un’azione di razionalizzazione che assicuri uniformità e omogeneità di presidio e di offerta di servizi», oltre a consentire lo svolgimento di efficaci controlli sui flussi di risorse e sul raggiungimento degli obiettivi finali. Gli interventi straordinari però non sono sufficienti. Anche dopo, esaurita la spinta del Pnrr, sarà importante «garantire la stabilizzazione dei flussi finanziari destinati alle amministrazioni, per evitare – conclude la Corte dei conti – la messa in sofferenza delle imprese che hanno tarato organizzazione e strategie aziendali sull’attuale entità degli stimoli economici e finanziari».


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