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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio

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E’ STATA una giornata lunga, costellata da incontri e vertici, conteggi, revisioni e limature, quella che ha portato all’approdo in serata sul tavolo del Consiglio dei ministri della prima legge di Bilancio del governo guidato da Giorgia Meloni, insieme a un decreto collegato fiscale, al Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles, e al decreto che riduce dal primo dicembre lo “sconto” al distributore sui carburanti da 30,5 a 18,3 centesimi. Una manovra che arriva in Cdm con un impianto pressoché blindato, perché destinata principalmente a contenere l’impatto del caro energia sulle famiglie e le imprese con misure che assorbono 21 miliardi, finanziati in deficit, impegnando i due terzi delle risorse complessive, pari a 32 miliardi.

Un altro perno è poi il taglio del cuneo fiscale di 2 punti e che arriva a 3 per le fasce reddituali più basse, per un valore di circa 5 miliardi. Assai limitati quindi i fondi per misure più identitarie, le bandiere sventolate in campagna elettorale che tanto Salvini quanto Berlusconi avrebbero voluto affidare alla legge di stabilità, dovendo invece accontentarsi di “accennarne” qualcuna di fronte al refrain «prudenza , realismo e responsabilità» sui conti ripetuto dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e ai paletti sulla finanza pubblica piantati dalla presidente del Consiglio di fronte al moloch del nostro debito pubblico che mantiene elevato il livello di attenzione di Bruxelles e dei mercati.

Sarà comunque una manovra «coraggiosa», ha assicurato il titolare del Mef arrivando nel pomeriggio al vertice con i capidelegazione dei partiti di governo, alla presenza della premier, smentendo dissidi nella maggioranza, per uscirne dopo le 19 dichiarandola «politicamente chiusa», «economicamente – ha aggiunto – manca ancora qualche cifra. Vado a finire di quadrare i conti. È tutto a posto, bisogna tirare le somme». Se c’è accordo nel governo sulla manovra? «Faremo una conferenza stampa dopo l’approvazione», le parole della premier lasciando la Camera per recarsi a Palazzo Chigi per presiedere il Cdm in programma alle 20.20. La “regola” imposta dal duo Giorgetti-Meloni è stata quella dei saldi in pareggio per ogni capitolo di spesa, con la necessità quindi di ridimensionare alcuni interventi per incrementarne o inserirne altri. E sotto la scure è finito in primis il reddito di cittadinanza, da sempre visto come fumo negli occhi della presidente del Consiglio e che è stato oggetto di discussione fino all’ultimo. Come lo è stata la cancellazione dell’Iva sui beni di prima necessità poi sostituita da una “carta risparmio” erogata dai comuni per le famiglie in difficoltà. In attesa dell’ultima parola dei ministri in Cdm, la soluzione individuata dal governo sull’Rdc seguirebbe una linea di una maggiore cautela rispetto all’idea di azzerare il beneficio già dall’1 gennaio per gli “occupabili”, che avrebbe permesso di risparmiare 1,8 miliardi.

Nel pomeriggio ha preso quota, infatti, la soluzione ponte proposta dalla ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, che rinvia lo stop all’inizio del 2024. In campo l’esclusione del beneficio per chi rifiuta un’offerta di lavoro. L’anno di transizione permetterebbe ai lavoratori occupabili di frequentare corsi di formazione e qualificarsi per entrare nel mondo del lavoro. Le persone in difficoltà saranno tutelate, chi può lavorare avrà una riduzione dei mesi di sostegno da 12 a 8. Un’uscita più soft, quindi, che Giuseppe Conte ha comunque bollato come risultato della «furia iconoclasta» di un governo che «ha perso il contatto con la realtà e con le difficoltà che attraversano il Paese», annunciando battaglia nelle sedi istituzionali e nelle piazze.

Sul fronte delle pensioni la manovra congela per un altro anno la legge Fornero introducendo Quota 41+62, ovvero alla possibilità di ritirarsi dal lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi che si accompagna a una stretta sul recupero dell’inflazione per le pensioni più alte, oltre che alla conferma di di Opzione donna e dell’Ape sociale. Quota 41 «è quella che vogliono anche i sindaci – ha sostenuto Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, e saranno circa 48mila le persone che potranno andare in pensione in questo periodo, a fronte degli 8mila della quota 102 del governo Draghi». Il vicepremier Antonio Tajani (FI), ha annunciato poi l’innalzamento delle pensioni minime fino a 600 euro. Sul cuneo fiscale lo schema circolato propone una replica del taglio di 2 punti per i redditi fino a 35mila euro già programmato da Draghi, incrementato di un altro punto, fino a 3 punti, per le fasce più fragili, quelle con un reddito inferiore a 20mila euro. Il beneficio fiscale andrà quindi interamente ai lavoratori.

«Se il nuovo governo ha difficoltà a mettere in bilancio subito un taglio forte sul cuneo fiscale potrebbe però annunciarlo per il 2023 e il 2024, ma non a parole, mettendolo per iscritto», è stato il commento di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria. Per quanto riguarda la flat tax sembra confermato l’innalzamento da 65 a 85mila euro del tetto sui ricavi di autonomi e partite Iva per beneficiare di una tassazione al 15%. Nel pacchetto “tregua fiscale” rientra lo stralcio delle cartelle fino mille euro affidate alla riscossione dal 2000 al 2015, la rottamazione o saldo e stralcio dei carichi affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, e la rimodulazione delle scadenze dell’inesigibilità, con possibilità di restituzione anticipata dei crediti non riscuotibili. Tra le norme del decreto fiscale collegato, secondo la bozza dell’articolato, ci dovrebbe essere anche la riorganizzazione delle agevolazioni fiscali (tax expenditures), e una nuova razionalizzazione dei bonus edilizi che seguirebbe l’intervento sul Superbonus già inserito nel dl Aiuti quater. Mentre è stato annunciato un nuovo rinvio dell’entrata in vigore di sugar e plastic tax, che resterebbe quindi sospesa anche per tutto il 2023. Di fatto non è mai entrata in vigore.

Il decreto sul tavolo del Consiglio dei ministri insieme alla manovra, nella versione prevista dalla bozza, porta l’accisa sulla benzina a 578,40 euro da 478,40 e quella sul diesel a 467,40 euro da 367,40. Lo sconto si riduce quindi da 30,5 centesimi a 18,3 centesimi, con un aumento del prezzo al distributore di 12,2 centesimi. Il gettito che così si ricava sarà destinato agli aiuti ai territori colpiti dalle alluvioni, come le Marche, per cui alcune fonti accreditavano aiuti per complessivi 400 milioni tra il 2023 e il 2024.


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