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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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La situazione critica (perché di crisi di governo in senso proprio non si può per il momento parlare) ricade sul presidente Mattarella, più che mai chiamato a esercitare quei compiti delicatissimi che gli impone il suo ruolo.

In questi casi si sommano poteri formali e poteri sostanziali per quanto non esplicitati in dettaglio nella nostra Carta costituzionale. Ciò non significa, specifichiamolo subito, che si tratti di poteri che vanno al di là di quanto previsto (ricordiamo le polemiche su “re Giorgio” nel caso di Napolitano): la nostra Carta va letta come un disegno complessivo, dove i singoli poteri sono pensati in una interazione virtuosa reciproca che li porta a confluire nel dovere di promuovere e tutelare il benessere e la rilevanza del nostro paese.

In questo quadro il Presidente della Repubblica è il vertice equilibratore e per certi versi regolatore dell’interazione fra i poteri dello Stato: per questa ragione egli è non solo in grado, ma è tenuto a confrontarsi con tutti: dunque non solo il parlamento e il governo, ma anche tutte le istituzioni che fanno parte del “sistema dirigente” del paese (cosa che fa abitualmente senza suonare alcuna fanfara).

LA SPACCATURA La situazione critica attuale mette Mattarella di fronte ad una serie di problemi che deve affrontare usando sia i suoi poteri formali che i suoi poteri sostanziali. Un evento parlamentare di notevole rilevanza, la spaccatura della maggioranza di governo su una questione che oltre tutto coinvolge un trattato internazionale sottoscritto dall’Italia, non può essere considerato un episodio che va iscritto semplicemente nel folklore della politica spettacolo. Oltre tutto il Presidente sa benissimo che quella spaccatura ormai non è più episodica: gli basterebbe leggere i giornali e guardare la televisione per saperlo, ma ovviamente ha ben altri e più accurati mezzi per verificarlo. Questa situazione può sfociare in una crisi di governo ed è un evento che ha ricadute sui poteri formali del Presidente. Può appurare con certezza che questa esista o prendendo atto di dichiarazioni in tal senso del premier in carica e di autorevoli esponenti della maggioranza che lo sostiene, oppure chiedendo che la situazione venga resa evidente da un voto di sfiducia esplicito del parlamento. Nel nostro caso non sembra al momento che Conte si sia pronunciato in questo senso nel suo colloquio al Quirinale, mentre gli esponenti autorevoli della maggioranza minacciano l’apertura della crisi, ma dicono di non volerla. Rinviare il governo alle Camere non è ovviamente una soluzione molto praticabile dopo che queste sono andate in vacanza, mentre richiamarle al lavoro (cosa teoricamente possibile) drammatizzerebbe al massimo un momento già delicato di suo. In teoria Mattarella potrebbe anche sciogliere sulla base delle sue informazioni, o più normalmente potrebbe mettere Conte e i suoi ministri nella condizione di dover esplicitare se si ritengono in grado di continuare nella loro esperienza.

IL BIVIO Ammesso che ricevesse una risposta chiara, si aprirebbero per lui due strade. La prima è avviare una attività di interrogazione delle forze presenti in parlamento (le consultazioni) per verificare se esistano maggioranze alternative in grado di mettere in piedi un nuovo governo permettendo la continuazione della legislatura. Non sarebbe facile col parlamento chiuso e in ogni caso si rimanderebbe la verifica dell’esistenza di questa maggioranza alternativa alla riapertura di settembre. L’aspetto delicato della questione è nel nostro caso che la maggioranza alternativa non sarebbe evidentemente una maggioranza politica, ma una “maggioranza di emergenza”, cioè un convergere di forze non omogenee che si accordano perché ritengono loro dovere evitare il rischio di un paese allo sbando in un momento difficile (formazione della nuova Commissione Europea; varo della legge finanziaria). Evidentemente in questo caso il Presidente correrebbe quantomeno il rischio di venir accusato di impedire la ipotetica vittoria di alcune delle forze in campo in una libera competizione elettorale (conosciamo i precedenti di Scalfaro e Napolitano).

IPOTESI SCIOGLIMENTO Se invece ritenesse inutile tentare questa via potrebbe aprire la procedura di scioglimento della legislatura e di indizione di elezioni anticipate. Anche qui la situazione non è semplicissima. Per avviare questa procedura Mattarella deve sentire i presidenti di Camera e Senato che si dà il caso siano parti più o meno in causa: vale per il presidente Fico che si è esposto nella battaglia politica, ma in modo diverso vale anche per la presidente Casellati che è espressione di un partito, FI, in questo momento in difficoltà. Ammesso comunque che decidesse di sciogliere la legislatura si aprirebbe il problema di quale governo dovrebbe essere in carica da qui all’insediamento delle nuove Camere. Una prosecuzione dell’attuale governo per l’ordinaria amministrazione, ma anche per la gestione (delicata) della macchina elettorale, è problematica viste le condizioni in cui opera ed i contrasti di cui è preda. La creazione di un governo transitorio “di tregua” porrebbe i problemi che si possono immaginare in questa situazione di tutti contro tutti. Mattarella non potrebbe certo esercitare un ruolo puramente notarile in queste scelte.


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