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Beppe Grillo

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Di questi tempi non sai mai se una notizia politica di prima pagina è “panna montata” (come si indicano nel linguaggio giornalistico le notizie opportunamente gonfiate per fare audience) o se mette a nudo uno sviluppo importante delle nostre vicende. È quel che accade con l’enfasi dello scontro interno ai Cinque Stelle e la parallela valutazione (entusiastica o meno a seconda dei casi) dell’effetto impattante sulle elezioni che avrebbe una diretta discesa in campo del premier Conte.

LO SBANDAMENTO

Per quanto riguarda il movimento grillino la constatazione di uno sbandamento è diffusa da tempo fra gli osservatori. A Di Battista ha offerto un adeguato palcoscenico Lucia Annunziata su RAI3 e comprensibilmente l’uomo non si è lasciato sfuggire l’occasione. La concatenazione che ne è seguita di controdichiarazioni, allusioni, confidenze pilotate e quant’altro rientrava nel copione. Dopo di che non sappiamo cosa davvero bolla in pentola, per una ragione banale: siccome il MoVimento non ha luoghi e strutture non si vede come Di Battista possa fare per ottenere quello che chiede, cioè un “congresso” in cui stabilire leadership e linea. Se non può ottenere quell’obiettivo, il suo attacco non trova il bersaglio e il colpo va a vuoto. Al momento però non c’è data di convocazione degli “Stati Generali” in cui si dovrebbe arrivare al redde rationem, né si conoscono le modalità della loro gestione. L’impressione è che il controllo su quelle leve sia ancora in mano all’attuale gruppo dirigente pentastellato che siede al governo e al vertice delle istituzioni e che non sembra avere nessuna fretta di arrivare a quella scadenza. Del resto come verrà giocata dipenderà molto da due fattori: l’andamento di M5S nella prova della tornata elettorale in autunno e la situazione economico-sociale in quel momento.

LE DUE VARIABILI

Anche Conte è appeso a queste due variabili, più di quel che si voglia ammettere. Certo lui, al contrario di Di Battista, ha in mano degli strumenti per cercare di influire su di esse, perché non poco dipenderà dalla capacità del governo di intervenire in maniera credibile sulla crisi annunciata. Teniamo conto che al momento nessuno può dire con precisione come sarà quella crisi, ma soprattutto come verrà elaborata dalla pubblica opinione, perché, come insegna la storia, oltre ai fatti contano le modalità con cui vengono letti da chi è coinvolto in essi. Una cosa che comunque andrebbe tenuta presente è che Conte non ha tutta la libertà di movimento che si immaginano i suoi sostenitori. Innanzitutto, al momento non gli conviene iniziare le operazioni per il suo ingresso in politica, vuoi con un partito suo, vuoi come leader dei Cinque Stelle: destabilizzerebbe immediatamente il suo governo, perché non ci pare possibile che i partiti che lo sostengono si trasformino spensieratamente in donatori di sangue alla sua nuova creatura. In secondo luogo, come mostrano anche i sondaggi, Conte ha un gradimento fortemente personale, ma se vuol scendere davvero in politica dovrà necessariamente creare attorno a sé una squadra e delle collaborazioni, cioè scendere su terreni assai scivolosi.

POCHI QUALIFICATI

Non c’è in questa fase una grande disponibilità di persone qualificate, ma al tempo stesso ben conosciute dall’opinione pubblica a cui possa rivolgersi senza suscitare distacchi, problemi e inevitabile contrazione della sua popolarità. Il miracolo di Grillo che ha dal nulla buttato nell’arena politica un gruppo di sconosciuti senz’arte né parte semplicemente trascinandoli con la sua immagine non è replicabile: intanto perché quell’operazione ha richiesto un buon numero d’anni e Conte non ha tutto questo tempo; in secondo luogo perché nel frattempo tutti hanno imparato la lezione e non saranno più così “distratti” nel lasciar correre come fu coi grillini della prima fase.

Aggiungiamoci che si è anche visto che la scelta di spargere a piene mani nei vertici istituzionali dilettanti allo sbaraglio non è che abbia dato frutti meravigliosi. A tutto quel che si è detto va aggiunto che gli altri attori presenti sulla scena politica non è che se ne staranno con le mani in mano a vedere come i Cinque Stelle sbrogliano la loro matassa e come Conte organizza il suo futuro. Le opposizioni iniziano a rendersi conto che quel tracollo automatico del sistema che si aspettavano non è detto che accada, dunque debbono smetterla di giocare semplicemente di sponda. Berlusconi lo ha capito per primo e si mette in mostra per richiamare su di sé l’attenzione di quanti sono interessati a modificare gli equilibri attuali. Prima o poi qualcosa dovranno inventarsi anche Salvini e Meloni se non vogliono restare semplicemente congelati in un 40-45% di consensi che non trova sbocchi di governo.

PD E STRATEGIA

Il PD, ma anche IV e un po’ di altri partitini che stanno intorno al circuito parlamentare (Azione di Calenda è il più significativo) dovranno a loro volta darsi una strategia. Conte con un certo tipo di gestione degli Stati Generali punta anche a stabilire un’interlocuzione diretta fra lui e le corporazioni sociali. Se è vero che quell’interlocuzione può funzionare se trova il modo che non costituisca un rapporto personale, ma un tramite con la macchina operativa dello stato (cosa ad oggi problematica), ne deriva che non potrà fare davvero a meno di una rapporto solido con quei partiti che d’altro canto vorrebbe vampirizzare. Un bel rebus che per essere risolto richiede creatività politica, più che non l’arte del rinvio e dello smontaggio esasperato dei problemi che ci si trova davanti.


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