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Matteo Renzi visto dal Fastidioso

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«Ha la parola il presidente del Consiglio, professor Conte…». Scoccano le 16 e 13 minuti quando l’inquilino di Palazzo Chigi, al fianco Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, inizia a scolpire le oltre 17 cartelle di un lungo discorso, figlio di una lunghissima mediazione, utile a tenere insieme una maggioranza più che riottosa.

Fuori dall’aula, nel famoso Salone Garibaldi, il Transatlantico di Palazzo Madama, i cronisti fanno ancora di conto su chi voterà la risoluzione.

La fronda grillina sembra essere rientrata. Forse ci sarà qualche defezione. Ci sono anche le assenze tattiche, leggi alla voce Elio Lannutti, grillino di lotta da sempre contrario al Mes. Ma tant’è.

IL DISCORSO DI CONTE

E dunque, mentre si blatera e il premier continua a esporre il lungo discorso, c’è già chi guarda avanti. «Tutte le crisi sono serie, serissime» profetizzano i senatori di lungo corso. A questo punto il riflesso pavloviano è uno solo: il rimpasto di governo. I bookmakers del Palazzo scommettono su un tagliando del team di Giuseppe Conte. Quando? A gennaio, asseriscono. Perché tutti – persino grillini allergici alle vecchie liturgie – sono disposti a tutto pur di andare avanti.

PAROLA PROIBITA

Eppure nessuno osa evocare la parola impronunciabile. Il più sfrontato, come al solito, è Matteo Renzi. Dietro le sue mosse si cela il PD. E non solo il Nazareno di rito renziano ma anche un pezzo di truppe zingarettiane. Non a caso dalle parti del governo fanno notare l’uscita in aula di Graziano Delrio: «Lei presidente – ha scandito il capogruppo di Montecitorio – deve avere un’immagine, quella di Papa Francesco che ieri da solo ha pregato, deve avere umiltà, ascolto, orecchio attento al Paese che sta soffrendo». E le parole di Delrio, voce assai ascoltata dal Nazareno, sono direttamente proporzionali alla richiesta, seppur velata, di rimpasto.

IL QUIRINALE

Dal Quirinale filtra che fino a ora «mai nessuno quando è salito fin qui ha fatto riferimento al rimpasto». Ma è evidente che all’indomani della legge di bilancio torneranno i malesseri di Renzi e gli irrigidimenti di un PD che a questo punto della scena gradirebbe una delegazione ministeriale più folta. Senza dimenticare il caos all’interno dei Cinque Stelle, «un Movimento all’insegna dell’anarchia».

DELRIO IN PISTA

Al Nazareno scaldano i motori Graziano Delrio che in cuor suo vorrebbe tornare al ministero delle Infrastrutture e sostituire così Paola De Micheli. E lo stesso vale per Andrea Orlando, vice di Zingaretti al Nazareno, e papabile qualora si introducesse la figura del vicepremier. Anna Ascani punta a sostituire a viale Trastevere l’attuale ministra della Scuola Lucia Azzolina. Per non parlare di Renzi che avrebbe già una lista pronta da presentare da Palazzo Chigi che va da Maria Elena Boschi a Raffaella Paita. Eppure, tutti questi discorsi dovranno fare i conti con una pandemia che ancora galoppa, con un piano vaccino da definire e con la legge di bilancio da approvare.

RESA DEI CONTI

Insomma il redde rationem è solo rimandato di qualche settimana. Insomma, a sera la domanda che fa il giro dei palazzi suona più o meno: chi si assumerà la responsabilità di aprire la crisi? Renzi? Scenario altamente probabile. Dilemma cui poi ne segue un altro: il rottamatore farà dimettere la sua delegazione ministeriale? Scenario altamente improbabile. E allora o saranno tutti d’accordo a scomporre e comporre il puzzle o altrimenti il punto di caduta resterà lo stesso di oggi: un esecutivo fragile guidato dal solito Giuseppe Conte.


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