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Sergio Mattarella e Giuseppe Conte

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Il governo non riesce a trovare la spinta per decollare. L’uomo della strada si chiede come facciano i sondaggi a dire che Conte è ben piazzato, quando intorno sente solo critiche e irritazione. La teoria della maggioranza silenziosa non è mai riuscita ad accreditarsi veramente: non nel senso che non ci sia una maggioranza che sopporta in silenzio, ma nel senso che questa non produce consenso, ma solo voglia di estraniazione.

Sulle misure per Natale si è lasciata perdere la strada del DPCM e si è ritornati al più classico decreto legge. Meno male da un lato, ma è fumo negli occhi dall’altro. Si può essere contenti che l’esecutivo e chi lo guida abbiano capito che non si poteva andare avanti con strumenti amministrativi che non erano sindacabili da nessuno. Col decreto legge è necessario almeno il vaglio del Quirinale e si può ben capire che Conte abbia voluto lo scudo di Mattarella: se è d’accordo anche lui, c’è poco da gridare alla dittatura sanitaria.

IL FUMO NEGLI OCCHI

Il coinvolgimento parlamentare qui costituisce il fumo negli occhi. Infatti la conversione in legge del decreto avverrà quando i fenomeni che voleva regolare si saranno esauriti. Per dirla in una battuta: se il Parlamento dopo l’Epifania bocciasse quelle norme cosa succede visto che si tratta di comportamenti già esperiti ed esauriti? Si dirà: ma se così avvenisse ci sarebbe una delegittimazione radicale del Conte 2. Vero, ma proprio per questo non ci sarà, perché non ha senso bocciare normative che sono già state in vigore e sono già decadute, dunque la maggioranza voterà per la conversione in legge. Neppure all’opposizione converrebbe poi farlo veramente fallire: non si pagherebbero più i ristori alle categorie penalizzate, senza possibilità per esse di tornare indietro ed esercitare le attività che si erano viste vietate.

Il periodo natalizio dunque verrà gestito nel quadro previsto dal governo, che però per questo non risolverà alcuno dei suoi problemi. Se la curva dei contagi flettesse decisamente resterà sempre il dubbio che sarebbe accaduto egualmente a prescindere dalle vocazioni neo-draconiane di un po’ di ministri e sottosegretari. Se invece nonostante i nuovi lock down i contagi non venissero debellati, ci sarà solo spazio per rimpallarsi che si è fatto troppo poco e troppo tardi e che si è invece semplicemente fatto troppo senza che questo avesse le utilità previste.

Sarà perciò opportuno che questa volta Conte e i membri della sua maggioranza usino le vacanze per affrontare i nodi che hanno davanti. Ce ne sono alcuni che con un po’ di realismo e di buona volontà si possono anche sciogliere, ma ce ne sono altri che non si sa come affrontare. Ai primi appartengono sia la questione della cosiddetta cabina di regia che la questione della delega sui servizi in capo a Conte. Per l’una sembra ormai che ci si sia rassegnati a lasciar perdere i sogni di concentrare tutto il potere in capo al premier. Il rischio di rimetterci così il posto è grande, e parafrasando un celebre detto, Palazzo Chigi val bene la rinuncia a quel genere di cabina di regia (tanto si può recuperare in vari modi, meno sfacciati e improvvisati).

Per l’altra la faccenda è più spinosa, perché i Servizi servono da troppi punti di vista (interni ed internazionali) e di conseguenza non è semplice da parte di Conte rinunciare ad un loro utilizzo abbastanza diretto. Anche qui però lo spazio per mediazioni è ampio: non solo comunque sia il premier è il punto ineliminabile di riferimento di ogni macchina statale, ma anche affidando il lavoro ad un qualche personaggio fidato si possono raggiungere buoni risultati. Certo per Conte, che non ha un suo partito da cui pescare (e fra i Cinque Stelle non ci sono figure abbastanza sperimentate per quel compito), non è facile trovare un uomo di sua fiducia che tale non appaia troppo. Ma si può lavorarci.

IL MES SANITARIO

Quasi impossibile la missione per quanto riguarda altre questioni. La prima è quella del MES sanitario. Ormai negare che ci serva sta diventando possibile solo per coloro che dialogano solo col proprio specchio.

Tutti gli altri sottolineano che ce ne sarebbe gran bisogno visto come siamo messi e l’opinione pubblica ne è assolutamente convinta. Però cedere su quel fronte significa mandare nel pallone i Cinque Stelle e rendere palese che Conte vi si era opposto solo per compiacere quelli. Ci sarebbe la via d’uscita escogitata da Orlando: limitiamoci a prendere un mezzo MES, ma non risolve il problema della delegittimazione dei suoi avversari interni alla maggioranza.

Poi c’è il macigno più grande: la riforma elettorale. Su questo terreno ad essere in grande difficoltà è Renzi che tiene bloccato tutto perché non vuole lo sbarramento al 5%, dimostrando così che in questo caso del paese non gli importa nulla, vuole solo salvare la presenza del suo partitino. Il fatto è che la via d’uscita per accontentare IV sarebbe soltanto quella di prevedere qualche meccanismo di tipo maggioritario a sostegno di un confronto fra coalizioni.

Una toppa peggiore del buco, perché costringerebbe di fatto a tenere insieme prima del risultato delle urne la traballante coalizione giallorossa (a partire dalle prossime amministrative), mentre è assolutamente necessario che ci sia una “misurazione” il più precisa possibile del seguito di ciascun partito, il che è possibile con un sistema proporzionale che però deve avere la blindatura di una soglia di ingresso tale da evitare il festival di tutti i personalismi e di tutte le pseudo-ideologie.


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