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Sergio Mattarella

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Il quadro politico continua ad essere confuso. Non mancano aspetti che fanno pensare più ad una commedia all’italiana che ad una crisi politica grave: si va dal senatore Vitali che prima aderisce ai volenterosi con dichiarazioni di affetto per Conte, poi si ritira, ma si scusa con il premier, alla farsa di chiamare “europeisti” dei parlamentari che non sanno esprimere una qualsiasi ragionamento politico di visione, passando per una senatrice Rojcic che il PD presta al nuovo drappello contiano per promuoverlo a gruppo parlamentare. Se ci fosse un minimo di consapevolezza ci si chiederebbe con che faccia ci si potrà presentare a Bruxelles per farsi dar da gestire 209 miliardi di fondi dei cittadini europei.

Sembra però che non ci sia grande attenzione per tutto questo, perché ci si deve concentrare a capire se si darà o meno il via al Conte ter. E qui tutti a strologare se Renzi porrà o no il veto, se il PD si arrenderà o meno a prendere in considerazione qualche alternativa, se i Cinque Stelle saranno davvero incrollabili nella loro decisione del “o Conte o morte”, ma con Renzi fuori della stanza governativa. Tutto questo però non tiene conto del fatto che la gestione della crisi è nella mani di Mattarella, che ha davanti un panorama più ampio e diverso da quello della teatralizzazione della politica e del gossip che vi è connesso.

Il Quirinale ha ben chiara sia la situazione del paese, stretto fra una emergenza epidemica che non si riesce a domare (e gli intoppi, chiamiamoli così, sulla campagna vaccinale pesano) con una situazione economica che permane complicata, sia il quadro europeo (e più in generale internazionale) che non è incline a passar sopra alle fumisterie di una classe politica carente di visioni e di leadership.

Ci sono naturalmente dei limiti alla libertà d’azione di chi riveste la massima magistratura del paese: fintanto che il governo era in carica non si poteva interpretare più di tanto la qualità del sostegno che riceveva, né gli è consentito di esprimere ora valutazioni previe sul valore o sulla credibilità di questo o quel esponente parlamentare o politico. Ciò non significa però che a Mattarella manchino gli strumenti per verificare la solidità possibile di un governo, rapportando questo requisito con l’eccezionale gravità del momento che stiamo vivendo.

Lo strumento fondamentale è il programma sul quale far nascere il nuovo esecutivo. È il passaggio stretto, ma non eludibile, proprio perché è in quella sede che si darà prova di aver capito la portata della sfida che ci troviamo davanti. Ovvio che quanto si scriverà nel programma deve poi trovare gambe adatte a farlo camminare, cioè che questa volta la formazione della squadra di governo assume una portata diversa da quanto è accaduto in altri momenti per così dire ordinari della nostra storia.

Renzi, che si sta rivelando il politico più lucido in questa fase, sebbene la sua incapacità di tenere sotto controllo la tracimazione del suo ego condizioni la sua capacità di farsi recepire, ha capito bene quale sia il punto chiave della crisi: la mancanza di una maggioranza politica. L’asse giallorossa non è riuscita a sciogliere l’equivoco di un partito come M5S che non ce la fa a liberarsi dell’impronta demagogica nel suo modo di vedere la politica. Conte non ha saputo sin qui esercitare verso i Cinque Stelle quel ruolo di “precettore” che molti, dentro e fuori le istituzioni, si aspettavano da lui, essendo troppo concentrato nel consolidamento delle sue fortune personali. Adesso il leader di Italia Viva pone la questione del passaggio ad una maggioranza politica coesa, che significa non a caso porre il problema del peso e del ruolo dei Cinque Stelle, nonché di quello di coloro che si sono appiattiti su di loro. Lo fa dal suo punto vista, cioè mettendo sul piatto la domanda se vogliono o meno Italia Viva nella maggioranza, ma la sostanza vera è quella detta prima. Poi naturalmente il ragionamento si regge anche sul problema dell’aritmetica parlamentare che palesemente senza il suo partito non si trova e che non può essere puntellata da una armata Brancaleone di volonterosi.

Abilmente Renzi in pubblico sorvola sul tema di chi sarà il presidente del Consiglio, lasciando a Mattarella di gestire questa partita. Quando dice di avere preferenza per un governo politico, ma di essere disponibile anche ad un governo istituzionale, esplicita questo atteggiamento, certo che tanto la partita si giocherà sul programma, cioè, lo ripetiamo, su un elemento che sta a cuore al Quirinale, alla UE e a tutte le forze razionali che agiscono nel quadro sociale ed economico del Paese. Naturalmente questo lascia aperto il quadro, perché a questo punto i Cinque Stelle sono stati posti con le spalle al muro, dato che non si può fingere che non siano loro quelli che pretendono un potere di veto sulle soluzioni possibili in questa contingenza, né che siano loro che hanno con più virulenza sparato contro la presenza di Renzi in maggioranza (spalleggiati da Conte e senza trovare un freno nel PD). La conseguenza sarebbe stata l’esclusione chiesta da IV di Conte dalla gestione immediata della ripresa dell’azione governativa, cosa che, come si è visto quasi platealmente, ha spiazzato Zingaretti che troppo si era fidato delle interpretazioni di Bettini.

Adesso si apre una fase difficile. Vedremo oggi come il centrodestra si inserirà in questo scenario e soprattutto come reagiranno i Cinque Stelle.


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