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Mario Draghi

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Il nuovo governo di Mario Draghi è fatto. Dopo una settimana di consultazioni con un mix di tecnici e politici ,23 in tutto, nasce l’esecutivo con diversi elementi di continuità con il governo Conte 2. Il giuramento è previsto per oggi alle ore 12 e la prossima settimana ci sarà il voto di fiducia. La distribuzione dei dicasteri è stata selezionata in base al rapporto tra politici e tecnici.

La parte più forte e innovativa vede la nomina di Vittorio Colao, supermanager, che va al ministero della Transizione digitale e Roberto Cingolani occuperà la poltrona del ministero della Transizione ecologica. Non ci sono solo facce nuove ma anche nomi del gabinetto di Giuseppe Conte. Mara Carfagna , vice presidente della Camera, diventa ministro per il Sud e la coesione territoriale.

Al ministero dell’Interno resta Luciana Lamorgese, ministero degli Esteri rimane a Luigi Di Maio, Esordisce al ministero della Giustizia, Marta Cartabia. Inoltre al ministero della Difesa, Lorenzo Guerini. Nei posti forti dell’economia, entra Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia. Il vice segretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, va al ministero dello Sviluppo economico, al ministero delle Infrastrutture e trasporti va Enrico Giovannini.

E Massimo Garavaglia, esponente leghista e vice ministro dell’Economia del governo Conte 1, va al ministero del Turismo. All’esponente del Pd, Andrea Orlando, va il ministero del Lavoro, a Stefano Patuanelli del movimento 5Stelle va il ministero dell’Agricoltura e a Dario Franceschini, Pd, il ministero della Cultura, a Fabiana Dadone del movimento 5Stelle va il ministero delle politiche giovanili, Patrizio Bianchi, va il ministero dell’Istruzione. A Maria Cristina Messa, ricercatrice di medicina nucleare, va il ministero dell’Università e della Ricerca.

A Renato Brunetta, già esponente di Forza Italia, va al ministero della Pubblica amministrazione. Confermato Roberto Speranza al ministero della Sanità. Elena Bonetti, Italia Viva, che si era dimessa dal Conte 2, rimane al ministero della Famiglia e della Pari opportunità. Invece Federico D’Incà resta al ministero per i Rapporti con il Parlamento. Maria Stella Gelmini, Forza Italia, al ministero per gli Affari regionali e per le autonomie. Infine, Erika Stefani, esponente della Lega, sarà ministro per la Disabilità.

Fin dal mattino, le notizie sono filtrate lentamente, come se avessero il freno tirato a mano. Ma nel pomeriggio di una giornata uggiosa, con tutte le troupes televisiva installate per riprendere il portone del palazzo dei Papi, si è venuti a sapere, assai lentamente, che in quelle che un tempo erano le sacre stanze ferveva un attivismo incredibile. Un segnale che molti non si aspettavano più. Quando ormai cominciavano a diffondersi notizie circa le difficoltà di chiudere la partita entro la serata di ieri. Le voci non davano speranze di vita del nascituro governo. Ma all’improvviso poco dopo le 17 si sono propagate le news che Draghi, che ormai tutti davano per disperso nelle caserme dei carabinieri, di Roma, sarebbe salito al Quirinale verso le 19.

Ed a quel punto hanno cominciato a diffondersi anche le news sul toto-ministri. La più appetitosa è stata quella del nuovo responsabile del super ministro “Green”, Roberto Cingolani, attuale manager di Leonardo e fino al 2019 direttore dell’istituto italiano di Tecnologia di Genova. Insieme a lui, è spuntata la candidatura di Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat e ministro del Lavoro nel governo Letta, promosso alle Infrastrutture e trasporti.

Ma quello di ieri è stato anche il day-after per la spaccatura tra le due anime dei grillini, tra i governisti di Vito Crimi e gli oltranzisti, come Alessandro Di Battista. A mettere una pietra sui contrasti tra dirigenti politici e iscritti è stato Luigi Di Maio. “Spero e credo che non sarà un addio” ha esordito il ministro degli Esteri il quale non si è voluto nascondere sulla “visione diversa” che spesso, in passato, ha avuto con Dibba.

Ad ogni modo, Di Maio ha detto di voler rispettare le scelte dell’avversario politico. Con lui, “come con pochissimi altri, il movimento sarà sempre in debito”. Quindi Di Battista ha rivendicato la sua coerenza. “E’ finita – ha aggiunto – una bellissima storia d’amore”. E’ intervenuto anche il presidente dell’associazione “Rousseau”, Casaleggio: “Adesso governare sarà complicato, mi auguro che Draghi difenda gli interessi dell’Italia”.

Mentre il silenzio copriva tutte le caselle dei candidati, nessuno escluso, Matteo Salvini ha rivelato che avrebbe pagato volentieri un caffé a Laura Boldrini con la quale, insieme ad Elsa Fornero, non ha mai avuto rapporti gioviali. Quando sono stati pronunciati i nomi delle due leader, Salvini ha sorriso a lungo. Prima di questo scambio, il “capitano” è stato interrogato dai giornalisti sulla possibilità di un’apertura da parte sua e del suo partito, ai matrimoni omosessuali. “Su questo non cambierò mai idea” ha garantito il leader del Carroccio. Sostenendo che, comunque, non si discosterà troppo da quelli che sono i pilastri della sua politica.


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