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Il governo Draghi durante un consiglio dei Ministri

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Il varo del decreto Sostegni è risultato più laborioso delle aspettative. A stare alle indiscrezioni – i retroscenisti dei quotidiani non disarmano – vi sono dei contrasti soprattutto in materia fiscale.

Tuttavia, consultando le bozze circolanti si intravvede una importante novità che sembra di forma, ma è di sostanza. Il testo del decreto legge dovrebbe limitarsi a 45 articoli raccolti in una ottantina di pagine. Nessuno – persino quelli che accusano Draghi di eccessivo ‘’continuismo – metterà in dubbio che almeno a peso e ad uso della carta vi sia una sostanziale discontinuità.

I decreti del Conte 2 venivano trasportati in giro per i Palazzi con le carriole, al pari dei marchi che servivano per fare la spesa durante l’inflazione in Argentina ai tempi della guerra delle Falkland.

La semplificazione, quando si devono adottare misure urgenti, diventa un requisito necessario, soprattutto se l’applicazione avviene attraverso procedure rapide, senza dover ricorrere a una successiva decretazione da parte dei ministeri competenti, come avveniva regolarmente con la sfilza di ulteriori rinvii previsti nei provvedimenti del governo precedente che finivano per ingolfare i ministeri e per paralizzare o ritardare le misure di ‘’ristoro’’. Draghi si sarà certamente accorto di quanto sia difficile affrontare le sfide imposte dalla pandemia.

Giustamente il governo punta sull’operazione vaccinazione, perché ha compreso – non ci voleva molto – che arrivare il più presto possibile ad una accettabile immunità è il solo modo di non farsi trascinare dalla morta gora delle chiusure dettate dalla disperazione ma destinate a spezzare la spina dorsale dell’economia.

Come ha esposto il ministro Daniele Franco l’Italia è il solo Paese che non ha ancora recuperato i livelli del 2007, ma che vi resta ad di sotto per ben 4 punti di Pil. Il governo Conte 2 non è mai stato in grado di alzare la testa dai dpcm – spesso rivisti nel giro di pochi giorni – che rincorrevano la curva dei contagi colorando la Penisola come se fosse un caleidoscopio e impendendo la chiusura di attività economiche sane e vitali, che pretendevano solo di poter lavorare.

Draghi si sarà anche reso conto che il contagio malandrino ha diffuso un altro tipo di epidemia che ha offuscato non solo la razionalità delle persone, ma anche la capacità di indirizzo dei governi, come ha dimostrato il grave ‘’infortunio’’, a livello dei principali Paesi dell’Unione, della sospensione delle vaccinazioni con AstraZeneca.

Si è trattato non solo di una battuta d’arresto che porterà a riprogrammare le vaccinazioni con un ritardo di un paio di settimane, a liberarsi di prodotti scaduti (anche perché non sono in numero congruo i somministratori); ma di un’ombra inquietante gettata sull’intera campagna quando stava partendo. Draghi con molta determinazione ha cambiato il quadro di comando della vaccinazione di massa; ha razionalizzato la catena delle direttive; sta lavorando per mettere in campo tutte le risorse disponibili.

Vanno affrontate tuttavia alcune altre emergenze. Innanzi tutto occorre assicurare agli operatori uno scudo penale (come in un certo modo è stato fatto per le aziende). Non è possibile lavorare rischiando la pelle con le procure della Repubblica addosso pronte ad aprire un fascicolo per omicidio colposo a fronte di ogni decesso. Soprattutto però va condotta una battaglia culturale con l’opinione pubblica per contrastare l’illusione del ‘’rischio zero’’.

Non si muore di solo Covid-19. Nel 2020 in Italia vi sono stati più di 750mila decessi e rimangono le malattie cardiocircolatorie e patologie oncologiche le principali cause di morte, in misura multipla di quelle da contagio. Non usciremo mai da questa trappola se restiamo prigionieri della sindrome da Arca di Noè: tutti salvi nel diluvio universale.

Purtroppo anche in questa tragedia occorre tener conto di un rapporto costi/benefici: un rapporto che mette a confronto non solo le vite salvate e quelle perdute, ma anche gli effetti sanitari e quelli economici. Come scrisse Seneca: ‘’ Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà’’.


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