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L'ex premier Giuseppe Conte saluta Davide Casaleggio e Beppe Grillo (di spalle)

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La risposta si è fatta attendere. Ma alla fine Beppe Grillo ha affondato Giuseppe Conte, dicendo “No a un partito unipersonale”. Ed è un no pesante, che fa sprofondare qualsiasi azione positiva. Difficile che possa intervenire, fra i due, una mediazione che risulterebbe quanto mai ingombrante e per certi versi impossibile. Conte, accusa Grillo, “non può risolvere i problemi del movimento, non ha visione politica”. Parole che sembrano scolpite nella pietra. E la rottura appare quanto mai profonda.

Grillo non lesina mezze misure. Voleva Conte alla guida dei 5 Stelle e adesso gli rovescia parole gravi, incomprensibili. Grillo scrive sul suo blog che Conte non ha una visione dei problemi “Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco”. “Conte può creare l’illusione collettiva (e momentanea) di aver risolto il problema elettorale, ma non è il consenso elettorale il nostro vero problema”.

A tratti, il discorso di Grillo appare una confessione. “Mi sento così, come se fossi circondato da tossicodipendenti che mi chiedono di potere avere la pasticca che farà credere a tutti che i problemi sono spariti e che sia l’illusione (almeno, per qualche mese, forse non di più) che si è più potenti di quello che in realtà si è davvero, pensando che Conte sia la persona giusta per questo”.

Con questi deficit strutturali, l’ex premier non può avere “esperienza organizzativa, né capacità di innovazione”. Le “organizzazioni orizzontali, come la nostra, per risolvere i problemi non possono farlo, delegando a una persona, la soluzione”. Il riferimento alla democrazia partecipata si estende alla figura di Conte che non può sostituire soluzioni prese in modo condiviso, da parte di tutti. Infatti, prosegue, affermando che “la deresponsabilizzazione delle persone con la delega a un singolo è il principale motivo del loro fallimento”. Per questo ha deciso di indire la consultazione in rete degli iscritti al movimento, per l’elezione del comitato direttivo. E torna alla ribalta la piattaforma Rousseau che Conte aveva abbandonato. E ciò per evitare ricorsi in tribunale. Davide Casaleggio, interpellato, ha già accettato di consentire la votazione sulla piattaforma Rousseau. Grillo chiederà al neo comitato direttivo eletto di elaborare progetti concreti, indicando obiettivi, risorse, tempi, modalità di partecipazione e soprattutto “una visione a lungo termine, al 2050”.

Secondo Grillo, “assumersi la responsabilità significa smettere di drogarsi, smettere di voler creare l’illusione di una realtà diversa da quella attuale ed affrontarla insieme e con le modalità giuste. Come una famiglia, come una comunità che impara dagli errori e si mette in gioco senza rincorrere falsi miti, illusioni o principi azzurri che possano salvarla”.

Ma sotto traccia si nasconde un timore, mai rivelato, né mai reso pubblico, circa le preoccupazioni dei partiti che sostengono il governo Draghi. E se la maggioranza non ce la facesse a reggere? Questo timore assomiglia alla instabilità in cui può precipitare l’intera nazione alla vigilia del semestre bianco. Manifestare preoccupazione da parte dei partiti della maggioranza è forse un eufemismo. Matteo Salvini si è già espresso, assicurando che la Lega “puntellerà” il governo. Ovunque ce ne sia bisogno, chiamando a raccolta anche gli alleati. Salvini ricorda che nei “prossimi mesi ci sono tre riforme: Pubblica amministrazione, fisco e giustizia. Tre riforme da approvare da parte di un Parlamento che tecnicamente entra nel semestre bianco durante il quale, qualsiasi cosa accada in Aula, nessuno va a casa”. Questo è vero, ma non ci sono molti mezzi per fermare una possibile guerriglia urbana che può sfociare in ogni momento e che può rendere meno governabile il Parlamento. In sostanza, c’è pericolo di una vietnamizzazione.


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