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Enrico Letta e Matteo Renzi

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Nessuno avrebbe scommesso che la resa dei conti tra Enrico Letta e Matteo Renzi arrivasse attraverso il Ddl Zan, o meglio attraverso un provvedimento che parla di omofobia. E se qualcuno era possibilista nel derubricare a incidente di percorso questa misura, ora dovrà ricredersi. Perché da quella scintilla che ha causato un rovesciamento di posizioni è scaturita una guerriglia, al punto che i più ottimisti, tra i parlamentari di Base Riformista, che fa capo a Lorenzo Guerini e Luca Lotti, invitano un po’ tutti, cronisti compresi, a lasciare depositare le polveri. Ovvero, a prendere tempo.

Ma se qualcuno obbedisse a questo, dovrebbe smentirsi in poche ore, perché la rottura a tutto campo con Italia Viva, annunciata dal leader dem, Enrico Letta, è difficilmente ricomponibile. Sembra come una palla che rotola ed è difficile arrestarne la velocità.

Ma il pomo della discordia sembra un altro, ovvero i rapporti non chiari di Renzi con Silvio Berlusconi. Ha davvero fatto l’accordo con il centrodestra? L’accordo con Micciché in Sicilia è stato il primo passo? Quanto alla rottura, difficile immaginare un dietrofront di Renzi o di Letta, visto che quest’ultimo, ieri ha aggiunto carne al fuoco, affermando che quanto successo in Senato «è stato un momento di chiarimento importante» anche perché lui lavora «in una logica di centrosinistra inclusivo, vincente».

Una domanda, avanzata da un giovane che frequenta l’anno accademico della scuola di politiche, riguardava appunto il voto al Senato sul ddl Zan. Mette a rischio la costruzione di un campo largo di centrosinistra?

Certo, la politica è fatta di sfumature. E ieri il ministro Guerini ha suggerito di “andare avanti su un campo largo di centrosinistra”. All’apparenza è un aiutino alle tesi di Letta e alle opinioni maturate dal responsabile della Difesa. Ma ciò può essere interpretato per aggiustare i numeri ancora liquidi in Parlamento? Oppure è di Guerini una mossa per frenare l’istinto suicida che i Dem hanno conservato da vecchie legislature?

In ogni caso dall’affossamento del ddl Zan, esce una pagina nera della storia parlamentare. Si trattava di riconoscere dei diritti, come ha sentenziato il ministro Andrea Orlando, non di togliere qualcosa a qualcuno. In sintesi, si trattava di riconoscere delle tutele. Ed è sempre Orlando a parlare, «il fatto che il Parlamento non sia riuscito a compiere questo passo, è uno di quei momenti in cui le istituzioni si allontanano dai cittadini e dai bisogni reali della società».

Adesso il rompicapo, di parlamentari e non, è di individuare i percorsi di Renzi da qui all’elezione del presidente al Quirinale. I più sono convinti che Renzi abbia preso la sua strada, quella del centrodestra, ma nessuno lo giura. In politica troppe volte quel “mai dire mai” ha scompigliato le carte. E spuntano ipotesi al limite del paradosso. C’è chi insinua che si è voluto creare l’incidente perfetto dopo il quale non è più possibile tornare indietro. Vero o non vero, è possibile.


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