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Il 2 ottobre ho avuto l’onore e il piacere di partecipare al Disability Pride Italia 2020, una manifestazione che ha lo scopo di far emergere il mondo della disabilità, di farlo conoscere in tutte le sue sfaccettature.

Dal 2015 il Disability Pride ha sfilato prima per le strade della Sicilia e poi dal 2018 anche a Roma per rivendicare diritti e opportunità per le persone con disabilità. Quest’anno la manifestazione è arrivata in TV, sulla piattaforma di Rai Play in collaborazione con Rai per il Sociale e Rai Pubblica Utilità.

La maratona televisiva andata in onda dalle 21:00 ha visto avvicendarsi attivisti, personaggi dello spettacolo e rappresentanti di associazioni come Luca Pancalli presidente del Comitato Paralimpico e Bruno Galvani di ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) e tanti altri, il tutto coordinato da Guido Barzoletti e da Carmelo Comisi fondatore del Disability Pride.

Contemporaneamente il teatro Ghione ha visto salire sul palco performer, attori e attrici come Elio Germanoe Carolina Raspanti protagonista di Dafne, film pluripremiato che racconta il rapporto difficile tra un padre ed una figlia con sindrome di down, il tutto coordinato da Arianna Ciampololi. insieme Roberta Blasi direttrice artistica del teatro.

La serata divisa per aree tematiche diritti, barriere ecc… ha raccontato il mondo della disabilità con semplicità e ironia, mostrando le difficoltà quotidiane che ognuno deve affrontare.

La sfida che il Disability Pride, insieme alla Rai si è posto quest’anno è quello di cambiare la narrazione sulla disabilità e su chi la vive, lasciando da parte il pietismo o la visione eroica della stessa.

La semplicità con cui ognuno dei partecipanti si è messo in gioco davanti alle telecamere, primo fra tutti Carmelo Comisi prima persona con tetraplegia a condurre un programma televisivo in prima serata, credo abbia reso onore a quello che voleva essere il messaggio del Disability Pride: la volontà di esserci, di partecipare a prescindere dalle caratteristiche e le particolarità di ognuno.

Credo poi che affiancare alla diretta televisiva il collegamento dal teatro Ghione, un luogo fisico, al centro di Roma dove tanti, come me si sono ritrovati insieme a vivere una serata credo indimenticabile ha dato all’evento quel tocco di naturalezza e spontaneità che rischiava di mancare con la sola diretta televisiva. Perché l’obiettivo del Disability Pride è sempre stato quello di portare per le strade le persone disabili, che negli anni hanno attraverso luoghi e strade, facendoli propri, mostrando nei fatti che quei luoghi devono diventare davvero per tutti.

La storia del Disability Pride comincia nel 2015 con la fondazione dell’associazione omonima da parte di un ragazzo siciliano Carmelo Comisi che ha l’intuizione di creare un’associazione che porti le persone con disabilità a non nascondesi, ma che anzi le porti a farsi vedere, con orgoglio, non per la loro disabilità ma per le loro qualità e caratteristiche.

Quest’anno a causa delle restrizioni legate alla pandemia da Covid 19 le strade e le piazze sono rimaste vuote, ma il Disability Pride è entrato nelle case di milioni di italiani che hanno partecipato ad una grande festa, fatta di tante voci e volti che hanno colorato la serata. Ricordiamo l’esibizione che si è tenuta al teatro Ghione degli “Spaccattori” che hanno raccontato la storia del signor Attilio Spaccarelli, “Il signore a Rotelle” che ogni giorno deve affrontare barriere, pregiudizi e discriminazioni, il tutto descritto con ironia e semplicità.

Ma sarebbe impossibile citare tutti quelli che si sono esibiti sul palco del teatro Ghione o che hanno portato la loro testimonianza in diretta dallo studio 5 di via Teulada a Roma, quello che né emerso però è stato un affresco variegato, fatto di storie esemplari di un mondo tutto da conoscere. Tutto l’evento è stato seguito poi da tante piccole realtà televisive e radiofoniche come Radio32.Net che intervistato tutti i protagonisti, oltre che da Rai Radio1. In questo oceano di diversità è giusto e comprensibile che chi è orgoglioso delle proprie conquiste, chi chiede aiuto per la proprio disperazione… c’è chi decide di lottare, chi decide di arrendersi; in queste parole credo ci sia lo spirito del Disability Pride 2020 quello di far emergere un mondo troppo spesso posto all’angolo,e omologato.

Non sono state certo dimenticate le disabilità sensoriali con un’esibizione in teatro dell’Accademia Europea Sordi, e tutta la serata è stata seguita da interpreti Lis e l’audio-descrizione per i non vedenti.

Il Disability Pride si pone come continuatore di quelle battaglie iniziate negli anni ’70 quando si inizia a parlare di abbattimento delle barriere architettoniche e si fanno i primi passi verso un’integrazione scolastica, oggi c’è ancora tanto da fare per far in modo che questi diritti codificati anche a livello internazionale dalle convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità diventino patrimonio di tutti. E forse è proprio questo il momento in cui possiamo cambiare davvero le nostre menti e i nostri sguardi, ora che ognuno di noi ha provato cosa significa non potersi muovere liberamente e quindi può davvero mettersi nei panni di chi ogni giorno si chiede se gesti quotidiani come uscire da solo o con degli amici sarà possibile oppure no.

Perciò il mio augurio è che il messaggio del Disability Pride 2020 sia arrivato e che alle tante persone presenti il 2 ottobre se ne uniscano tante altre per riuscire a fare massa critica e quindi ad imporre nell’agenda politica del nostro Paese, scelte radicali e strutturali sul tema della inclusione.

Scelte che portino ad innalzare per esempio i livelli di occupazione delle persone con disabilità e che creino le condizioni perchè queste possano scegliere con chi vivere e dove vivere secondo i principi della vita indipendente, contribuendo attivamente alla crescita e allo sviluppo della nostra società.


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