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Saranno scuole sostanzialmente Covid free quelle che da oggi si ripopoleranno di studenti, professori e personale Ata. Per queste due ultime categorie il Green pass è già obbligatorio, mentre continua a crescere il numero di studenti vaccinati. A ciò si aggiunge l’ultima misura adottata dal governo, che impone il possesso del lasciapassare verde a chiunque varchi i cancelli degli istituti – compresi genitori e accompagnatori – ad eccezione degli alunni. La stretta chiude il quadro delle norme con cui l’esecutivo intende assicurarsi lezioni in presenza per tutti dall’inizio alla fine dell’anno. Pietra tombale, si spera, sulla Dad, avviata un anno e mezzo fa.

È il 4 marzo 2020, quando l’allora premier Giuseppe Conte annuncia le prime severe restrizioni dettate dalla necessità di contenere la pandemia di Covid, deflagrata all’improvviso in Italia. Fra queste c’è la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e delle università che apre la stagione della didattica a distanza.

Il 22 marzo l’esecutivo giallorosso completa l’opera, adottando ulteriori limitazioni alle attività economiche e agli spostamenti: ha inizio ufficialmente il lockdown. Esperienza terribile, soprattutto per i più giovani, allontanati non solo dalla quotidiana esperienza educativa ma anche dalle relazioni sociali. E si torna parlare in modo insistente di disagio adolescenziale e della necessità di trovare un modo per assicurare il rientro in classe.

Ma il giro di riaperture avviato dal governo a fine aprile, favorito dal crollo dei contagi in tutta Italia, non porta alla ripartenza delle lezioni in presenza. Anzi, si studiano modalità per garantire lo svolgimento degli esami di fine ciclo nel rispetto delle norme anti Covid. La formula scelta è quella del maxi orale che per gli studenti di terza media si tiene a distanza, per quelli delle superiori in aula.

Con l’avvio dell’estate il ritorno dei ragazzi fra i banchi diventa prioritario per l’allora ministra Lucia Azzolina, che lavora insieme al resto dell’esecutivo e al Cts per arrivare alla stesura di un protocollo ad hoc. Che viene approvato a fine agosto. Mascherina (limitatamente agli alunni di età pari o superiore ai 6 anni), isolamento dei casi sospetti, tracciamento e distanziamento sono i principi attorno a cui ruoterà la sperimentazione. E, puntuale, scoppia il caso politico. Quello dei banchi monoposto dotati di rotelle che dovrebbero essere presenti in ogni classe all’avvio dell’anno scolastico ma su cui si registrano ritardi, dei quali viene incolpato il commissario dell’epoca, Domenico Arcuri.

Le lezioni, in ogni caso ripartono, e con l’avvicinarsi dell’ondata d’autunno i dati provenienti dalle scuole sembrano positivi: alla data del 10 ottobre, secondo il ministero dell’Istruzione, gli studenti contagiati sono solo lo 0,080%, i docenti lo 0,130%. Lontano dalle mura scolastiche le cose, però, vanno diversamente: la pausa estiva della pandemia è lontana, i casi crescono vertiginosamente, ricoveri e vittime anche. Il 6 novembre arriva la nuova stretta, non un lockdown nazionale, ma un sistema di differenziazione regionale basato su tre colori per indice di gravità: dal giallo al rosso. Semplificando: in zona gialla e arancione la scuola è in presenza sino alla terza media e in dad alle superiori, in zona rossa, invece, la didattica a distanza coinvolge anche gli studenti di seconda e di terza media.

A fine dicembre inizia la vera svolta. Il 27 del mese a livello europeo si svolge il Vaccine day che avvia la campagna di vaccinazione anti Covid. Ma il governo Conte non riuscirà a godersi la nuova fase. Le fibrillazioni politiche in seno alla maggioranza, infatti, portano alla caduta dell’esecutivo giallorosso. A Palazzo Chigi viene chiamato Mario Draghi, a capo di un governo di larghe intese. Il nuovo ministro dell’Istruzione è Patrizio Bianchi che si mette subito al lavoro. Contestualmente il nuovo commissario straordinario, il generale Francesco Paolo Figliuolo, da impulso alla campagna vaccinale. A marzo scatta la nuova stretta che sospende sino a Pasqua le zone gialle, coinvolgendo anche le scuole. Da una parte restringendo (chiusura anche di nidi, materne, elementari e prima media in zona rossa), dall’altra allentando (in arancione lezioni in presenza assicurata anche alle superiori, ma nel limite del 50/75% della popolazione scolastica).

Il giro di vite consente di abbattere drasticamente i casi di Covid e prepara il Paese alle riaperture. Si comincia a parlare di scuola in presenza e così avviene. Dal 26 aprile in zona gialla e arancione le lezioni sono in presenza per tutti dalle elementari alle medie e dal 70 al 100% alle superiori. Si andrà avanti così sino alla conclusione dell’anno scolastico. E si svolgeranno dal vivo anche gli esami, sia pur confermando la formula della prova unica. Ma con l’ultima campanella non si conclude il lavoro di Bianchi e del governo, decisi ad assicurare a tutti (a partire da settembre) il ritorno fra i banchi. E si arriva a oggi, al profumo dei libri e anche, perché no, al chiasso. Alla fine, speriamo, dell’incubo.


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