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Sara Turetta

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Un viaggio che parte da Milano, passa attraverso la provincia profonda della Romania e ritorna in Italia, portando avanti la lotta contro il randagismo e per la difesa dei diritti degli animali. Ne è protagonista Sara Turetta, che nel 2002 (a soli 29 anni) ha deciso di lasciare la comodità del suo impiego in un’agenzia pubblicitaria meneghina per trasferirsi in Romania, straziata dalla strage di cani randagi che si consumava nel Paese carpatico.

Qui ha fondato Save the dogs, realtà che oggi opera anche in Italia. Ma gli inizi di questa esperienza sono stati tutt’altro che semplici. «Cambiare vita non è stato facile – racconta al Quotidiano del Sud – ero account in carriera a Milano che si è trovata proiettata in zone della Romania dove sembrava di essere indietro di un secolo, le persone erano diffidenti, non capivano quello che facessi lì. È stata dura far partire un’associazione da zero. Oggi siamo una realtà avviata, destinata a crescere ancora».

Anche perché quasi 20 anni di attività di sensibilizzazione hanno solo in parte mutato il quadro che Sara si è trovata ad affrontare per la prima volta nel 2002. «Nelle città rumene – dice – oggi c’è più consapevolezza sul tema del randagismo e dei diritti degli animali. Nelle zone rurali purtroppo non è cambiato quasi nulla». In Italia, invece, «la popolazione su questi temi è molto più avanti rispetto alla politica. Se chiedete a 10 persone se terrebbero il cane a catena forse nemmeno uno risponderebbe di sì. Eppure la maggior parte delle regioni lo consente».

Sul fronte della prevenzione del randagismo nel nostro Paese la maglia nera va al Sud, dove si pensa di risolvere il fenomeno «foraggiando il business dei canili». Alcuni numeri: dei quasi 99mila cani tenuti in cattività il 67% si trova nel Mezzogiorno. La maggior parte è in Campania (circa 21mila), seguita da Puglia, Sardegna, Basilicata e Sicilia, mentre la Calabria non fornisce i propri dati dal 2018. Proprio in questa regione è stato lanciato uno degli ultimi progetti di Save the dogs che punta a ridurre il randagismo attraverso sterilizzazioni, mappature, iscrizioni all’anagrafe e sensibilizzazione dei proprietari. «Le Asp della Calabria, per legge, dovrebbero provvedere a sterilizzare e rilasciare i cani – sottolinea Turetta – pochissime lo fanno». Si tratta di una «politica suicida sia per il fenomeno in sé che per la spesa pubblica». Per i canili «ogni anno spendiamo 200 milioni di euro», sborsati per la maggior parte al Sud.

Le adozioni, inutile dirlo, sono una risorsa. E la pandemia, sotto questo aspetto, ha portato un vero e proprio boom «dovuto alle condizioni di isolamento e alla mancanza di vita sociale» che rende desiderabile la compagnia di un animale. Una terapia per la solitudine che potrebbe alleviare anche il disagio di tanti giovani. «Dipende però dall’approccio della famiglia – avverte – il cane va rispettato, altrimenti è difficile che i figli sviluppino empatia nei suoi confronti. Ed è importante che i diritti degli animali vengano inseriti nei programmi di educazione civica a scuola. Per fermare sul nascere gli episodi di violenza di cui, troppo spesso, sono protagonisti proprio i ragazzini».


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