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«Ho contratto il virus lavorando, ho contagiato i miei cari e la quarantena mi impedisce di assisterli di persona. Il tutto mentre chi dovrebbe adottare decisioni per aiutarci a limitare i rischi litiga per la poltrona. Un teatrino imbarazzante». C’è rabbia nelle parole di Alessandra (il nome è di fantasia per rispetto della privacy), medico romano impegnato in uno dei maggiori Covid center della Capitale.

Preparazione e rispetto dei protocolli le hanno permesso di evitare il contagio nei difficili mesi della scorsa primavera. Come molti medici ha promosso la vaccinazione sui social, modificando l’immagine del suo profilo Fb con l’hashtag #iomivaccino. Profilassi che avrebbe dovuto eseguire i primi di gennaio. «Invece una sera mi sono sentita poco bene – racconta – cefalea e nausea. I sintomi erano confusi ma il giorno seguente ho deciso di sottopormi al tampone, con esito positivo». L’allarme scatta in casa e fuori. Alessandra ha un compagno e una bimba di 6 anni, ma – soprattutto – ha incontrato i genitori anziani durante le festività natalizie.

«Il mio partner è risultato positivo, ha sintomi lievi, mentre mia figlia farà il test nei prossimi giorni, ma non ha alcun disturbo». Diverso il caso dei genitori, che nel giro di poco tempo accusano gli stessi sintomi di Alessandra, con identico risultato del tampone. «Vista l’età e la comorbilità, insieme ai colleghi, abbiamo optato per il ricovero. Mio padre aveva già un principio di polmonite, mia madre, invece, è solo sotto osservazione. Con l’ausilio degli antivirali, ora, sono entrambi in discrete condizioni».

In attesa della guarigione di tutti, la dottoressa si sente fortunata. «Per il mio ruolo sono riuscita a fare velocemente i test e a trovare un posto per i miei. Ma qual è la sorte di chi non lavora nella sanità? Per questo mi arrabbio quando vedo i politici pensare solo ai propri interessi». Senza che, aggiunge, in questi mesi siano state adottate misure idonee per consentire di combattere efficacemente la malattia. «Con gli ospedali strapieni l’appello ricorrente è: ‘non venite alla comparsa di sintomi lievi’. Ma dovrebbe essere l’esatto opposto, si dovevano predisporre dei centri più grandi, adibiti al trattamento dei pazienti sin dal primo starnuto. Il Covid, se preso in tempo, si può curare. Se arrivi al ricovero con un quadro compromesso diventa dura uscirne».


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