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Una vaccinazione

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Mentre in piazza e sui social ci si infuriava, da una parte e dall’altra, la temuta quarta ondata sembra ormai essere arrivata. La variante che sta preoccupando tutto il mondo e che ha spinto l’Italia a bloccare l’ingresso a chiunque arrivi da Sudafrica, Lesotho, Botswana, Zimbabwe, Mozambico, Namibia, Eswatini e Malawi, si chiama “Omicron”.

Questa variante del Covid-19 sembrerebbe essere molto più trasmissibile delle altre e con un maggior numero di mutazioni. Prova ne sia che il tasso di positivi nei paesi elencati è salito, nell’arco di tre settimane, dall’1% al 30%. Non si sa ancora molto in merito all’efficacia dei vaccini già somministrati sulla variante ma Pfizer si è detta pronta a sviluppare, nell’arco di tre mesi, una dose specifica.

Il primo caso europeo è stato individuato in Belgio, una turista non vaccinata che pare aver contratto il virus durante un recente viaggio attraverso l’Egitto e la Turchia.

Trattasi quindi di paesi lontani dai focolai già individuati, sintomo di una progressiva espansione della variante. Nell’arco delle ultime ore, secondo i media olandesi, sono stati trovati almeno 85 positivi al Covid-19 ad Amsterdam, tutti di ritorno dal Sudafrica sebbene ancora non sia chiaro se si tratti o meno di un contagio da variante Omicron. Oltre al Belgio, casi conclamati sono stati individuati anche a Hong Kong e Israele. Per questo, parrebbe non essere più sufficiente il blocco “all’ingresso” disposto in Italia, trattandosi di una variante che sembrerebbe essere già approdata in Europa. E anche in Italia c’è il primo caso, in Campania.

Quello che, però, ricordano diversi virologi tra cui Massimo Galli, è che più il virus circola, maggiore è la possibilità che muti. È quindi evidenziata l’importanza del vaccino anche per prevenire una moltiplicazioni delle varianti. Secondo il bollettino del 17 novembre rilasciato dall’ISS, decorsi sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale, scende dal 79% al 55% l’efficacia nel prevenire qualsiasi diagnosi sintomatica o asintomatica di COVID-19 rispetto ai non vaccinati ma, nei casi di malattia severa, scende solo dal 95% all’82% nei vaccinati con ciclo completo da oltre sei mesi.

Diversi studi poi, nel tempo, hanno dimostrato che, sebbene non sia la loro funzione principale, i vaccini agiscono anche sulla trasmissione. Un recente studio di Nature Medicine ha dimostrato che, già dopo la prima dose -anche in caso di infezione-, la carica virale nei vaccinati è estremamente bassa.
Il vaccino, pur non conoscendo la sua efficacia sulla nuova variante Omicron, sembra ancora essere la principale arma (insieme a mascherine e distanziamento) per evitare non solo la saturazione dei reparti di terapia intensiva, ma anche per prevenire le varianti stesse, bloccando o almeno riducendo la circolazione del virus.


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