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Miquela Sousa, (@lilmiquela) due milioni e 800 mila followers

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Il web è una seconda dimensione che sta acquistando sempre più importanza e che, in virtù del potere che esercita su di noi, ora non ha più bisogno di assumere dinamiche riferibili alla vita reale per far parte del nostro quotidiano. Siamo noi che (ohibò) ci stiamo adattando alla rete, modificando via via sempre di più i nostri atteggiamenti e stili di vita per adeguarci alle sue dinamiche. Per diventare cioè, sempre più instagrammabili. E il web che ci ha modificato, sta assumendo sempre più autonomia dalla realtà stessa. Un esempio? Anche gli influencer, quei signor nessuno in carne ed ossa che dalle loro camerette hanno conquistato fama e denaro grazie alla rete, diventando per tutti dei veri e propri eroi dei nostri tempi, stanno per essere via via sostituiti da omologhi del tutto virtuali: degli avatar disegnati al computer belli, simpatici, emozionanti che riescono a collezionare milioni di followers altrettanto se non di più degli influencer umani. Le Kim Kardashian e le Chiara Ferragni sono avvertite. La carica dei virtual influencer, così si chiamano le star del web costruite a tavolino da equipe di programmatori, sono un fenomeno in costante crescita: attraggono i followers e soprattutto sono molto appetibili per le aziende che investono nelle campagne pubblicitarie online, perché rispetto ai ricchi e capricciosi creators, costano meno e creano meno problemi.

I virtual influencer stanno conquistando il mercato. Grandi marchi come Renault, Samsung, Dior, Prada e Gucci già da tempo li sfruttano come testimonial, creandoli anche ad hoc per le loro campagne ed erodendo opportunità di lavoro ai colleghi umani. Questi personaggi vengono disegnati da programmatori esperti in grafica computerizzata (CGI) e animati con l’intelligenza artificiale, arrivando a interagire con la loro community con un linguaggio naturale, come fossero persone vere. Hanno volti e corpi sexy, sguardi intensi e languidi, capaci di comunicare con un linguaggio accattivante in post e IG Stories. I loro creatori hanno costruito per loro un vero e proprio plot narrativo: i virtual influencer hanno vite interessanti, fidanzati, amici. In un gioco dove la realtà e la finzione confondono e seducono il follower.

La più famosa tra loro e Miquela Sousa, (@lilmiquela) due milioni e 800 mila followers, virtual influencer americana creata nel 2016 da Brud, una startup di Los Angeles. Miquela ha la carnagione ambrata, labbra carnose ed è pettinata come la principessa Leila di Star Wars. Le sono state attribuite delle origini metà brasiliane e metà spagnole. È appassionata di musica, moda, make up e come le influencer reali, pubblica selfie con il fidanzato e gli amici. Rilascia addirittura interviste video su YouTube. Miquela è già il volto di grandi marchi come Prada, Gucci, Calvin Klein, Diesel e Samsung. Ma dietro a lei c’è anche la top model digitale Shudu (@shudu.gram) con più di 200 mila followers, creata dal fotografo Cameron-James Wilson nel 2017. Shudu, statuaria bellezza di colore, ha collaborato con Fenty Beauty della cantante Rihanna. Poi c’è Imma.gram tratti asiatici, capelli rosa, appassionata di cultura giapponese e arte, impegnata in campagne sociali; Noonoouri, 360 mila follower, l’unica che non ha fattezze realistiche, ma è disegnata come un cartone animato dai suoi creatori, l’agenzia IMG Models Worldwide. Noonoouri “vive” a Parigi, è vegana, attivista ambientale, si occupa di moda e appare in campagne pubblicitarie per luxury brand accanto a top model in carne e ossa; Bermudaibsa è invece una bionda supersexy che ha 286 mila follower. Non mancano neanche gli influencer virtuali maschili: Blawko (@blawko22) creato dallo stesso pool di grafici che ha dato vita a Miquela. Ha 22 anni, fisico scolpito e tatuato, testa rasata e mascherina anticovid d’ordinanza. Ha collaborato con Versace e Burberry. Quindi il food influencer Colonnello Sanders KFC barba da hipster, simpatico e sbruffone, è una sorta di parodia degli influencer veri.

Oltre che essere impegnati nel sociale con campagne di sensibilizzazione per i diritti umani e l’ambiente, i virtual influencer rappresentano un’alternativa molto accattivante per le aziende rispetto agli influencer tradizionali. Riscuotono lo stesso successo tra i followers ma hanno costi di gestione più bassi: firmato il contratto con l’azienda proprietaria dei diritti del virtual influencer, la campagna viene interamente disegnata al livello digitale senza le problematiche legate all’ingaggio di una persona reale con un suo staff, senza spese per l’organizzazione del set fotografico.

Alcuni brand hanno intrapreso anche la strada della creazione di propri virtual influencer, capaci quindi di interpretare a pieno la filosofia e le esigenze del marchio: come la casa di moda francese Belmain che ha dato vita a Margot e Zhi, virtual model che indossano i loro capi. In Italia il marchio nostrano Yoox ha creato la modella Daisy, che sul profilo Instagram aziendale indossa in un camerino virtuale gli abiti scelti dai clienti.

Quel che è certo è che questa evoluzione dell’influencer marketing pone un nuovo interessante interrogativo. Se, come hanno sempre spiegato gli esperti, il successo degli influencer tradizionali è dovuto in gran parte alla possibilità di immedesimarsi in questi personaggi, così “normali” e vicini ai followers con i quali interagiscono da amici, su cosa si fonda il legame tra l’influencer virtuale, frutto di un algoritmo e il suo seguace?

Scorrendo i loro profili ci si accorge che i contorni della virtualità di questi personaggi appare molto sfumata agli occhi dell’utenza. Sono in tanti a fantasticare sul fatto che quel volto e quel corpo perfetto sia un robot che si muove nella vita reale e non un’immagine computerizzata. Un’ipotesi che affascina molti e che trasporta direttamente in contesti fantascientifici. I followers dei virtual creator sono per lo più molto giovani. Ragazzi affascinati dalle possibilità del design digitale, che si lasciano coinvolgere volentieri da un gioco virtuale: hanno di fronte un modello di riferimento da emulare ma che solleva dallo stress del confronto, perché raggiungerlo, ne sono consapevoli, è del tutto impossibile.

Proiezione di ciò che si vorrebbe essere, il virtual influencer svolge la stessa funzione della bambola preferita per un bambino: permette di andare oltre se stessi, rielaborando la nostra immagine del presente e proiettandola nel futuro, ma senza mettere soggezione. Insomma, anche un idolo costruito al computer, può servire a qualcosa.


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