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Non è stato il bagno di sangue del 2020 ma neanche l’anno dell’atteso rilancio, salvo il trend positivo dell’estate. Così, alla fine del 2021, il piatto del turismo continua miseramente a piangere, depresso dalla rapida risalita dei contagi che ha compromesso ogni possibile exploit durante il periodo natalizio.

Il bilancio, dunque, è negativo e per alcuni settori addirittura peggiore di quello del 2020. Su tutti quello alberghiero, stando ai dati diffusi da Confindustria la scorsa settimana.  Per il comparto l’anno appena trascorso si è chiuso con un tasso di occupazione delle camere che ha fatto registrare un calo del 48,6%.

A soffrire sono state soprattutto le strutture ricettive delle città d’arte, arrivate a toccare il -58% a Roma, il -57% a Venezia, il -56,1% a Firenze e il -43% a Napoli. Non è andata meglio sul fronte dei ricavi dove la perdita media è arrivata al -55% con le città d’arte che si sono attestate al -65%, soffrendo – in particolare – la netta flessione di visitatori stranieri. Solo relativamente al periodo gennaio-febbraio, l’Istat – sempre in ambito alberghiero – ha registrato un crollo del fatturato del 36%. Stesso dicasi per la Banca d’Italia che rileva l’assenza del 63% dei turisti internazionali ed un calo della spesa turistica degli stranieri di ben oltre il 55%. «Due anni come questi mettono a durissima prova le nostre imprese, una difficoltà ulteriormente accentuata dall’assenza di aiuti che da luglio scorso non sono più stati rinnovati per le imprese del settore» ha spiegato Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Confindustria Alberghi. 

La mazzata finale, per il turismo in genere, come anticipato è stata rappresentata dal flop del Natale e del Capodanno. «La situazione è devastante» ha detto all’Agi Vittorio Messina, presidente di Assoturismo. «Temevamo quello che si è purtroppo verificato – ha aggiunto – la quarta ondata di Covid con le relative restrizioni ha tagliato le gambe non alla ripresa ma alla speranza di ripresa del turismo. Da Nord a Sud le presenze per Capodanno sono state risibili. Gli operatori credevano che i giorni di fine anno sarebbero stati caratterizzati dal turismo di prossimità, che prenota all’ultimo momento: invece è rimasto tutto fermo».

Messina ha ricordato come molti ritenessero che con l’estate, dopo 5-6 settimane di tutto esaurito per il turismo balneare, il settore avesse iniziato una lenta ripresa: «Noi siamo restati prudenti e purtroppo abbiamo avuto ragione – ha ricordato – Per il ponte di Ognissanti e dell’Immacolata sono stati registrati dati significativi ma ora lo stop dall’oggi al domani ci taglia le gambe: non potendo organizzare veglioni, si rimane a casa. Ci vorranno mesi per risalire la china. Molte strutture sono chiuse e lo rimarranno, altre rischiano di chiudere».

La speranza, ha concluso, è che il turismo possa «rimettersi in carreggiata in primavera» anche perché, ha avvertito, «gennaio sarà anche più duro di dicembre». La questione non è secondaria se si considera l’indotto del settore per un Paese come l’Italia. Stando agli ultimi dati Istat sull’argomento (relativi al 2017 e pubblicati a giugno 2020), le attività connesse al turismo valgono 93 miliardi di euro, con un valore aggiunto generato pari al 6% del Pil.

Citare il caso di un grande polo di attrazione turistica del Mezzogiorno può aiutare a comprendere quanto, nel 2021, la ripresa del turismo sia stata monca. Parliamo degli scavi di Pompei, capaci di raggiungere nel 2019 il record di visitatori dell’ultimo ventennio: poco meno di 4 milioni. Nel 2020, complice il lockdown, ad accedere al sito archeologico sono state 564.941 persone, con un crollo di circa il 573,6% rispetto all’anno precedente.

Nel 2021 la cose sono andate meglio ma, considerati i più ampi periodi di apertura e un mood decisamente più ottimistico portato in dote dalle vaccinazioni e dal miglioramento del quadro epidemiologico, il bilancio è stato piuttosto magro: ipotizzando per dicembre (di cui il sito istituzionale non ha ancora pubblicato i dati) un trend simile a quello di novembre (poco più di 81mila e 300 accessi) il totale annuale dovrebbe superare di qualche centinaio di unità il milione di ingressi, neanche il 50% in più dell’anno nero del 2020.


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