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Un'operazione contro la 'ndrangheta in Lombardia

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Lombardia, centro nevralgico dell’economia della Nazione. Ma pure la regione, che vede nella sua capitale morale, Milano, concentrarsi e coabitare tutte e tre le maggiori organizzazioni mafiose della Penisola: vale a dire ’Ndrangheta, Cosa nostra e camorra. Sono 27 i locali di mala calabrese «censiti» sul territorio lombardo, tra cui spicca quello di Corsico, che secondo gli inquirenti è controllato dal gruppo Barbaro-Papalia di Platì. Le attività sotto il controllo delle ’ndrine calabresi vanno dal by-night all’edilizia, passando per la ristorazione e gli investimenti in società che si occupano di movimento terra. Il segmento più remunerativo è rappresentato dal traffico di sostanze stupefacenti.

I capitali che provengono dal racket della droga vengono ripuliti e riciclati presso aziende apparentemente legali, attraverso un fitto sistema di «scatole cinesi». Un altro settore in cui le mafie hanno investito, è quello dei locali notturni. Tre le interdittive antimafia emesse nei confronti di altrettante «mete» della movida milanese. La ’Ndrangheta tenta di infiltrarsi anche nel tessuto politico-amministrativo lombardo; a testimoniare l’ultima circostanza c’è un episodio relativo a un ex amministratore regionale accusato di aver acquistato per 200mila euro un pacchetto di quattromila voti, da esponenti delle cosche di Africo e di Palmi.

IL MERCATO DELLE AUTO

Presenti in Lombardia anche cosche di mafia siciliana e di camorra campana e napoletana. Cosa nostra avrebbe puntato nel tempo a reinvestire capitali nei settori legati alla compravendita di auto di grossa cilindrata e all’organizzazione di servizi di vigilanza, di sicurezza e di logistica. La camorra, rappresentata soprattutto dai Casalesi, è dedita invece, oltre che al traffico di droga, al riciclaggio di capitali, alla contraffazione, alla estorsione. La presenza di organizzazioni malavitose al Nord è diventata, con il passare degli anni, sempre più sensibile, tanto che, come capita in Lombardia, assistiamo a un fenomeno del radicamento delle mafie anche in Piemonte, in Veneto e in Emilia Romagna. Tra le regioni citate, il Piemonte è quella in cui la ’Ndrangheta è diventata «autoctona».

I PIEMONTESI

Secondo informative di polizia giudiziaria «la presenza della criminalità organizzata, passata dall’essere prettamente “calabrese” a “piemontese” a tutti gli effetti, si attesta principalmente con 9 locali di ‘Ndrangheta». In Piemonte, i locali investono i proventi del traffico di droga in tre settori: quello del movimento terra, della ristorazione e delle attività sportive. Diversi i sequestri di beni effettuati nei confronti di cosche di origine calabresi. A un esponente del locale di Cuorgnè (Torino) sono stati sequestrati beni per nove milioni di euro. La consorteria di origine calabrese fa sentire il suo peso criminale anche in Veneto, regione considerata per la sua ricchezza, tra le più appetibili per le cosche.

IL CLAN LOPICCOLO

I soldi provenienti dalla droga vengono reinvestiti in attività connesse all’autotrasporto, alla ricezione alberghiera e alla ristorazione. Vista la presenza di una miriade di piccole e medie imprese, le mafie trovano terreno fertile per il riciclaggio di capitali. Altro settore che viene infiltrato è quello immobiliare. Prova ne è il fatto che diverse inchieste della Procura di Palermo, fanno emergere interessi del clan siciliano dei Lo Piccolo, nel Veneziano.

La cosca siciliana ha provato a realizzare un investimento immobiliare del valore di otto milioni di euro, in località Isola dei Saloni a Chioggia (Venezia). Nel mirino di Cosa nostra, ’Ndrangheta e camorra, anche il segmento della ristorazione e del by-night, nelle province di Venezia e Padova. La rete dei locali notturni è particolarmente «seguita» dai calabresi nell’ambito del traffico di droga. In Veneto è provata anche la presenza di esponenti del clan dei Casalesi e dell’Alleanza di Secondigliano: oltre all’attività di riciclaggio di capitali illeciti, i componenti di suddette organizzazioni si dedicano soprattutto «alle estorsioni, all’usura, alla vendita (su larga scala) di prodotti contraffatti».

IL CASO EMILIA

Le maggiori organizzazioni criminali italiane, da anni, hanno messo radici anche in Emilia Romagna. Droga, riciclaggio di capitali, finanziamenti ad attività apparentemente legali, commistioni con il mondo dell’imprenditoria e infiltrazione sia del tessuto economico produttivo sia delle amministrazioni locali: sono questi i segmenti in cui si muovono soprattutto ’Ndrangheta e camorra. Secondo informative di polizia giudiziaria, infatti, nell’ultimo periodo non si registrano azioni di rilievo da parte di gruppi riconducibili a Cosa nostra.

La ’Ndrangheta, invece è particolarmente presente e continua a condurre i suoi traffici, nonostante l’attività di contrasto messa in campo dalle forze dell’ordine. Per comprendere come l’Emilia Romagna sia particolarmente importante per le cosche calabresi, riportiamo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, una volta organico a una delle famiglie del locale di Cutro (Crotone). «Con i soldi che sono entrati dal nord, la cosca Grande Aracri poteva dare fastidio al Pil italiano. I soldi scendevano nei camion come balle… ha presente le balle di fieno?», afferma il pentito. Presenza di esponenti di un’altra famiglia di Cutro, i Sarcone, è segnalata a Reggio Emilia.

Tra le cosche più influenti, secondo gli inquirenti, a Bologna si segnalano i Grande Aracri di Cutro e i Piromalli della Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria). I Pesce-Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria), sono invece presenti a Ferrara, mentre i reggini Condello e De Stefano, e i Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) sono segnalati a Forlì-Cesena. Spostandoci sul fronte camorra, emergono gli interessi dei Casalesi nel settore degli appalti pubblici, attraverso l’adozione di metodi orientati a dissimulare gli interessi mafiosi. Tutto ciò, attuato con la mediazione di imprenditori compiacenti, che servono da interfaccia, per aggiudicarsi gare di appalto relative ad opere pubbliche. Inchieste della magistratura hanno svelato pure che i Casalesi hanno agito spesso, insieme a sodalizi calabresi. In Emilia sono segnalati anche appartenenti all’Alleanza di Secondigliano. Quest’ultimo cartello malavitoso opera soprattutto nel comparto del traffico e dello spaccio di stupefacenti.


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