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Il ministro per il Sud, Barbara Lezzi

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Il conto alla rovescia per l’autonomia differenziata è cominciato. Fino a ieri era un terreno di scontro tra gli alleati di governo, ma ora che i rapporti di forza sono cambiati il M5s è pronto a dare il via libera. Sin dal prossimo Consiglio dei ministri la “secessione dei ricchi”è all’ordine del giorno: Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, che hanno già siglato il 28 febbraio 2018 gli accordi preliminari a Palazzo Chigi, faranno da apripista. Regionalismo asimmetrico, in salsa lumbard, destinato a creare un solco fondo tra Nord e il Sud. Su più fronti: istruzione, sanità, welfare, lavoro, sviluppo.

IL PATTO SCELLERATO

Sul Dl Crescita che si voterà oggi il governo ha posto la fiducia. Le 11 modifiche apportate al testo sono state condensate in un maxiemendamento. Quello è stato incriminato è stato stralciato come aveva chiesto la ministra. In cambio di cosa? La Lega avrebbe chiesto e ottenuto di tirare fuori dal cassetto il progetto sull’autonomia differenziata, un cavallo di battaglia. Il vice premier Luigi Di Maio, in buona sostanza, ha confermato: «E’ nel contratto di governo ma non si può aumentare il divario Nord-Sud». E il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, appresa dal ministro degli Affari regionali Erika Stefani la notizia, esulta: «Incardinare il provvedimento in Cdm vuol dire rispettare i veneti».

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L’emendamento presentato dalla leghista Silvana Comaroli assegnava la gestione dei fondi per lo sviluppo e la coesione (Fsc) direttamente alle regioni. I Fsc mettono in moto i fondi strutturali, lo strumento principale per finanziare le politiche di sviluppo e colmare gli squilibri territoriali. Un colpo di mano in piena regola, orchestrato dal Carroccio con una parte del M5s silente se non proprio complice.

MINISTRA DEPOTENZIATA

La ministra per il Mezzogiorno Barbara Lezzi è finita sotto un tiro incrociato. Appresa la notizia dell’emendamento, approvato lunedì a tarda sera e riformulato dal suo giovane collega Raphael Raduzzi, era saltata sulla sedia. Ieri è intervenuta in commissione Bilancio su richiesta delle opposizioni per spiegare che lei aveva dato parere negativo. Che c’era il suo “no” e anche quello della Ragioneria dello Stato e che andavano «salvaguardati i piani per l’investimento». In quanto al patto scellerato tra M5s e lumbard, il semaforo verde all’autonomia differenziata per vivacchiare ancora qualche mese a Palazzo Chigi, la ministra Lezzi è stata costretta a negare l’evidenza. «Nessuno scambio».

LE REAZIONI

«Dunque o il governo dà parere favorevole a emendamenti così importanti contraddicendo la Ragioneria dello Stato o la Lezzi dice il falso» l’ha incalzata il deputato dem Emanuele Fiano. E dopo di lui una pioggia di reazioni. «Il parere citato dalla ministra non si trova…» ha continuato Fiano. Finché, intorno all’ora della pausa pranzo, dagli uffici del ministero per il Sud è stato garantito che la norma sui fondi per lo sviluppo e la coesione presentata dai relatori in Commissione Bilancio e Finanza sarebbe stata soppressa. Respiro. Decompressione. Sollievo.

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Senonché, oltre ai leghisti, a non averla presa bene è stato anche il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, uno che da tempo governa con il Carroccio. A margine della conferenza delle Regioni la critica: «Meglio avvicinare le risorse ai cittadini, spostare i Fsc dal ministero per il Sud agli Affari regionali». In completa distonia con il suo collega di Bari, il presidente del gruppo consigliare di FI Nino Marmo: «Come affossare il Sud dopo aver carpito la fiducia degli ignari cittadini è il titolo da copione a firma Lega che nel Dl Crescita ha inferto un corpo mortale al Mezzogiorno».

Durissimo il vice presidente dei Senatori dem Dario Stèfano: «E’ una rapina con riscatto». Sul piede di guerra anche i sindacati, pronti a mobilitarsi. «Emendamenti notturni indegno spettacolo, la Lega non è nuova a questi scippi», è insorto il segretario generale della Cgil Puglia Pino Gesmundo. Il cofinanziamento dei fondi Ue è assicurato dal fondo di rotazione ex legge 183/87. Non dal Fsc, che è complementare. Ma la mission è chiara: allontanare le risorse dal Sud. Eliminare ogni forma di regia, coordinamento del governo centrale sull’uso dei fondi da parte delle regioni avrebbe sottratto ulteriori risorse al Mezzogiorno. La coesione è una politica nazionale e, per quanta sussidiarietà debba esserci, questo ruolo è necessario. Le grandi infrastrutture, come Alta velocità, grandi rete ferroviarie, banda ultralarga, possono essere fatte solo dallo Stato. Ma questo al Partito del Nord non va bene.


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