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Ripartire dal Sud non è uno slogan. O meglio non può più esserlo. I numeri e i dati raccolti in appena due mesi di vita di questo giornale raccontano un Mezzogiorno abbandonato, di cui ci si ricorda soltanto, forse, in campagna elettorale. Il nostro impegno è tenere i riflettori accesi 365 giorni l’anno.

UN FURTO DA 61 MILIARDI

Per i lettori del Quotidiano del Sud, 61 miliardi è un numero familiare. È la cifra che ogni anno viene sottratta alle regioni meridionali per essere dirottata verso quelle del Centro-Nord. Nel silenzio-assenso generale. Anzi, la leggenda nazional-popolare vuole che la spesa pubblica sia a tutto vantaggio del Mezzogiorno, da sempre considerato icona e destinatario dell’assistenzialismo più sfrenato. Questa convinzione nasce da un calcolo del tutto parziale. La spesa delle amministrazioni centrali, unico parametro tenuto in considerazione, vale appena il 22,5% del totale. Per avere un dato veritiero, bisogna calcolare anche il restante 77,5%, vale a dire le risorse elargite da altri enti come regioni, province, comunità montane, partecipate, società a controllo statale e molti altri, la cosiddetta spesa pubblica allargata.

La Svimez lo ha fatto.

Il risultato è quello scippo da 61 miliardi. Il Sud, con una popolazione del 34,3%, riceve appena il 28,3%. Sei punti di scarto che vanno al Centro-Nord

BINARIO MORTO

L’86,7% della rete per l’alta velocità si sviluppa al Centro-Nord, al Sud c’è il restante 13,3%. Mentre in Lombardia, Rfi sottoscrive un piano da 15,6 miliardi entro il 2025, nel Mezzogiorno si combatte per le coperture. Vedi la Napoli-Bari, che per ora ha visto solo 2 dei 6 miliardi stanziati per il suo completamento (entro il 2026). Qualcosa è cambiato, almeno sulla carta, lo scorso 10 maggio, quando il piano 2019-2023 ha destinato al Sud il 38% dei 42 miliardi destinate alle infrastrutture ferroviarie e stradali.

INFANZIA NEGATA

Abbiamo raccontato lo scempio degli asili nido, un miraggio per i bambini del Mezzogiorno. Se nel Centro Nord vi ha diritto circa un bambino su 4, in Puglia, Basilicata, Campania e Calabria, sono un lusso che soltanto 6 bambini su 100 possono permettersi. E i dati sulla spesa in questo specifico settore spiegano il perché: a Nord per ogni bambino nella fascia 0-2 anni si spendono 3000 auro, al Centro 2000, in Calabria 88. Record per reggio Calabria che si ferma a 19 euro, il costo di tre pacchi di pannolini.

LA SPESA STORICA

Cifre inadeguate al Sud sono la prassi anche quando dsi parla di altri servizi erogati dai comuni, come Formazione, trasporti, assistenza. Il motivo va cercato nel perverso loop della spesa storica, il meccanismo in base al quale si può spendere soltanto quello che si è speso l’anno prima. In questo modo chi ha poco avrà sempre meno. Per alcuni comuni del Sud, come Riccia (provincia di Benevento), la spesa è zero, come diceva chiaramente il sito Opencivitas (di SoSe, controllata del Mef), prima di subire un maquillage denunciato da questo giornale.

IL POLTRONIFICIO

Se da una parte ci sono le briciole, dall’altra ci sono i debiti. Le partecipate, capitolo sul quale si arenò anche la spending review di carlo Cottarelli, hanno cittadinanza soprattutto al Nord, e che cittadinanza! Nella sola Lombardia ce ne sono 962, il 17% del totale. E sempre la Lombardia è regina di buchi, con 26,5 miliardi di debiti sui 104 totali. Soldi buttati spesso per trovare una collocazione agli amici degli amici.

BALLE DA FLAT TAX

Non è una tassa per poveri la Flat tax di Matteo Salvini. è una misura cucita addosso all’elettorato storico della Lega. Al Nord la tassa piatta porterà risparmi per 28 miliardi di euro, meno fortunato il centro con 11 miliardi. Cambierà poco per il Mezzogiorno che complessivamente potrà tenersi in tasca circa 7 miliardi.

IL POSTO FISSO

Checco Zalone dovrebbe essere milanese. Dati Istat alla mano, è il Nord a detenere il primato per il maggior numero di dipendenti pubblici. Fra il 2011 e il 2015 il Centro-Nord ha continuato a ingrossare le fila del suo esercito degli statali, circa 26mila in più. Mentre nel Mezzogiorno, invece, la cura dimagrante ha espulso dagli uffici pubblici oltre 14mila unità.


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