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Il parlamento europeo

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Quella dei Fondi Europei è una scommessa che l’Italia, e in particolare le regioni del Mezzogiorno, vincono quotidianamente. Questi vengono infatti utilizzati per realizzare infrastrutture, favorire la nascita di nuove imprese, offrire programmi di alta formazione, sostenere il turismo, l’agricoltura, la cultura e l’economia circolare, favorendo così lo sviluppo delle regioni a bassa crescita.

Si va dalla banda ultra larga in Sicilia alle azioni di difesa idrogeologica e del suolo in Campania, dal sostegno alle imprese delle filiere culturali in Puglia agli investimenti sull’energia da fonti rinnovabili in Abruzzo.

I numeri, aggiornati al 31/12/2019, parlano di un Sud impegnato nella spesa e negli investimenti: i livelli di spesa raggiunti dai POR FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) ammontano al 104% in Campania, 105% in Puglia, 137% in Basilicata, 114% in Calabria. Dati in linea e spesso superiori alla media nazionale testimoniano investimenti importanti, che tuttavia i nostri concittadini sembrano non riconoscere: il 91% degli italiani ritiene infatti di non trarre benefici dalle politiche di coesione. È necessario perciò affiancare agli investimenti un impegno costante in materia di governance e un esempio virtuoso viene dalla strategia di comunicazione POR Calabria FESR FSE 2014-2020. Un unicum nel panorama italiano e un modello a livello europeo, composto da canali social dedicati e aggiornati e dal portale Calabria Europa in cui, per consentire un accesso immediato a tutte le informazioni, sono stati predisposti diversi strumenti di informazione trasparente: l’area dedicata ai Bandi, il Cruscotto di Attuazione; la Banca progetti e Beneficiari, collegata al SIURP; l’Elenco dei Progetti Infrastrutturali; la piattaforma LogiCal.

La Regione Calabria fa anche da apripista in materia di pre-informazione: viene pubblicata un’anteprima dei bandi, che consente ai potenziali beneficiari di elaborare una migliore proposta progettuale e agli interessati di proporre integrazioni al bando. Tutti questi strumenti consentono un dialogo continuo tra ente e cittadino, favorendo azioni di trasparenza, monitoraggio civico e controllo sociale.

L’Unione Europea, vista spesso come un organo sovranazionale distante dai cittadini, partecipa invece attivamente alle politiche di sviluppo economico, sociale e occupazionale degli Stati membri attraverso un’ampia gamma di progetti e programmi dedicati. La Politica di Coesione attuata dall’UE ha lo scopo di ridurre le disparità di sviluppo fra le regioni degli Stati membri, rafforzando la coesione economica, sociale e territoriale, attraverso obiettivi supportati da investimenti concreti in materia di occupazione, innovazione, istruzione, inclusione sociale e clima, gestiti secondo norme rigorose che ne assicurano un utilizzo responsabile e trasparente. Il 76% del bilancio infatti è amministrato in collaborazione con enti nazionali e regionali, attraverso un sistema di gestione concorrente suddiviso in cinque grandi Fondi strutturali e d’investimento. Nello specifico il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) concentrano gli investimenti su aree prioritarie quali l’innovazione e la ricerca, l’agenda digitale e il sostegno alle piccole e medie imprese. Il Mezzogiorno si avvale, per il ciclo 2014-2020, di programmi di sviluppo stimati in 37,4 milioni di euro totali, pari all’85% dei Fondi dedicati all’Italia, di cui il 60% è stanziato dal budget europeo mentre il resto dal cofinanziamento nazionale. Le regioni italiane hanno speso sinora 7,4 miliardi e si stima che l’ammontare complessivo degli interventi sarà di 25,8 miliardi, pari al 69% dei vari programmi regionali.

L’Italia è il secondo Stato membro per dotazione ma tra Nord e Sud si registra una discrepanza: a fronte di una media nazionale di spesa pari al 23%, le regioni considerate in ritardo di sviluppo quali Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, registrano una spesa pari al 18%. Questo dato,

Apparentemente negativo, deve però essere analizzato a fondo: in queste regioni la spesa è dedicata a programmi complessi e i fondi sono più difficili da gestire perché destinati ad avere un impatto considerevole sui territori interessati, in termini di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (obiettivi che l’UE punta a raggiungere entro il 2020), ma anche di produttività. Secondo lo studio Place-based policy and local TFP di Banca d’Italia, analizzando l’impatto di questi fondi aggregando il fattore di produttività aziendale al livello di mercato del lavoro locale, all’aumento della spesa per infrastrutture del 10% corrisponde un aumento medio dello 0,3% del fattore di produttività nelle regioni del Mezzogiorno. I numeri delle politiche di coesione raccontano una rinascita possibile e un futuro da costruire giorno dopo giorno e raccontare passo dopo passo, anche – anzi soprattutto – nel Mezzogiorno.


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