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Lavori in autostrada

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«Ottant’anni fa John Maynard Keynes scriveva: “La migliore garanzia di una conclusione rapida è un piano che consenta di resistere a lungo. Un piano concepito in uno spirito di giustizia sociale, un piano che utilizzi un periodo di sacrifici generali non come giustificazione per rinviare riforme desiderabili, ma come un’occasione per procedere più avanti di quanto si sia fatto finora verso una riduzione delle disuguaglianze”».

LE DISEGUAGLIANZE

Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha citato Keynes e ha ribadito due concetti fondamentali per la ripresa: giustizia sociale e riduzione disuguaglianze. Non è entrato nel merito dei temi, ma appare evidente che l’unica manovra economica che abbia un senso è quella che mette al centro il rilancio del Sud, per azzerare le diseguaglianze con il Nord.

Il primo punto che Visco pone è il recupero del ritardo accumulato nelle infrastrutture: sia quelle tradizionali, da rinnovare e rendere funzionali, sia quelle ad alto contenuto innovativo, come le reti di telecomunicazione.

Ecco, all’Italia intera serve correggere questa stortura, come? Riportando gli investimenti per lo sviluppo del Mezzogiorno lontano da quello 0,15% del Pil (dati dei Conti pubblici territoriali) a cui sono ancorati oggi. È al Sud che servono strade e ferrovie moderne, serve come il pane l’Alta velocità per impedire che un viaggio in treno da Bari a Reggio Calabria continui a durare la bellezza di nove ore.

Nel Mezzogiorno si contano anche meno autostrade, a discapito dei cittadini e del tessuto produttivo nazionale: nel Meridione ogni impresa può contare su meno di 20 chilometri di reti, la metà di quelle a disposizione nel Nord-Ovest, con la Puglia fanalino di coda con soli 7,9 km per azienda.

Partiamo dalle autostrade: basti pensare che, a fronte di una media nazionale di 23 km ogni 1.000 kmq, nel Sud si scende a 20 km/1.000 kmq, con la Basilicata ferma a 3 km/1.000 kmq e il Molise a 8 km/1.000 kmq.

Anche la dotazione di linee ferroviarie è inferiore nel Sud, con 36 km/1.000 kmq nelle Isole, mentre a livello nazionale la media è di 55 km/1.000 kmq.

IL CAPITALE UMANO

Il Governatore ha poi citato il capitale umano: «Come da troppi anni si sottolinea, va migliorata la qualità del capitale umano, affrontando i problemi di fondo del sistema scolastico, dell’università e della ricerca. Un’istruzione migliore rende di più, un Paese che innova crea migliori e più diffuse opportunità di lavoro. I differenziali tra istituti e territori perpetuano e amplificano le diseguaglianze di reddito e di opportunità».

Come non essere d’accordo? La Regione Lombardia, nel 2019, si è potuta permettere di impegnare 420 milioni per garantire il diritto allo studio dei suoi giovani; la Puglia – sfavorita da minori trasferimenti statali e da una ripartizione iniqua del fondo nazionale, basato ancora sulla spesa storica – per le sue scuole e le sue Università non è andata oltre 32 milioni.

Istruzione, politiche per i giovani e trasporti non sono la “magna pars” dei bilanci regionali (la sanità la fa sempre da padrona), ma sono comunque servizi essenziali e segnalano, ancora una volta, un importante gap tra Nord e Sud. Se la quota pugliese per l’istruzione è di 32 milioni, quella dell’Emilia Romagna è quasi il doppio: 60 milioni. Risultato? Al Sud si riescono a finanziare meno borse di studio e si devono fare i conti con un personale numericamente inadeguato.

Consultando OpenCivitas, il portale di accesso alle informazioni degli enti locali, emerge che, nel 2016, per l’istruzione le Regioni del Sud hanno registrato uno scarto negativo tra spesa storica e spesa standard del 30,89%. Diversamente, il Nord ha potuto investire il 9% in più rispetto al reale fabbisogno. Se le Regioni del Mezzogiorno per l’istruzione possono spendere per ogni loro ragazzo 42 euro, quelle del Nord hanno a disposizione più del doppio: circa 92 euro pro capite.


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