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Un impiegato sommerso da documenti

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Per anni è stato delegittimato, relegato all’ultimo gradino del ceto professionale, descritto persino dalla Treccani come un essere monotono, dallo stile di vita “ripetitivo e abitudinario”. La giacca dietro la sedia vuota, la lettura mattutina del giornale, il caffè al bar. Tutto questo è ormai un ricordo. Non c’è più. O meglio c’è ma non si vede. Lo smart-working ha svuotato le ultime stanze dei ministeri. Liberato quei corridoi dei palazzoni romani un tempo percorsi in lungo e in largo da fiumane e scartoffie. Qua e là se ne avverte ancora la presenza. Una mascherina sull’appendiabiti, una borsa, un ombrello. Ma forse è solo un effetto ottico, fantasmi.

L’impiegato al tempo del Coronavirus è un territorio sconosciuto. Una specie in via di estinzione, una rarità. Non c’è neanche più bisogno di trovare il collega che ti timbra: Il distanziamento ha rottamato le relazioni tramite cartellino.

PIANO COLAO E SCRIVANIE VUOTE

Contenti ? No. Perché di questo “individuo”, che nella vulgata fantozziana assumeva note patetiche e sottomesse, potrebbe essercene ancora un disperato bisogno. Basti pensare al piano Colao, il libro dei sogni, la genialata che dovrebbe rimettere in moto il Paese, farlo ripartire di slancio. Prevede una piattaforma pubblica per misurare in tempo reale lo smaltimento delle pratiche. Procedure di autocertificazione e di silenzio/assenso. Diffusione a tappeto dello smart-working, e persino la sofisticata realizzazione di un ecosistema digitale sanitario. Ora, immaginate di calare il piano Colao-meravigliao nelle nostre scalcinate realtà. Senza la carta per le fotocopie, con i pc del secolo scorso e le scrivanie semivuote per Covid. Un disastro.

NEGLI ULTIMI 10 ANNI PERSONALE GIÙ DEL 6,2%

Huston: ci sentite? Abbiamo un problema Gli impiegati sono finiti, non ci sono più. Li abbiamo spianati, a colpi di vere o presunte spending review. Rasi al suolo. Solo negli ultimi 10 anni c’è stata una riduzione del 6,2% di dipendenti pubblici. Il colpo del ko. Ha ridotto all’osso un’amministrazione che ha il 14% di lavoratori impiegati nelle amministrazioni pubbliche sul totale degli occupati. Contro il 29% della nordica Svezia, il 22% della Francia, il 18% della Grecia, il 16% dell’UK, il 15% della Spagna. I nostri sono pochi e anche anzianotti. L’età media più alta dell’area Ocse (51 anni). Gli under 30 sono appena il 2,9%.

MOSCHE BIANCHE

E oltre al danno c’è anche la beffa. Aver drasticamente ridotto l’esercito di funzionari e travet non sempre ha comportato un risparmio. Anzi: il ricorso a figure, per così dire, “flessibili”, ha superato le 350mila unità. Per eliminare il posto fisso abbiamo soppresso il posto. A tutto questo si è aggiunta la flessione della spesa per la formazione del personale scesa da 263 milioni nel 2008 a soli 154 milioni nel 2018, corrispondenti a 48 euro e 1,02 giornate per ciascun dipendente, considerando solo quelli a tempo indeterminato, però.

Qualcuno potrebbe pensare che questi dati siano difficile da ottenere. Non è così. Sono stati diffusi dal Forum della PA e dal Forum delle disuguaglianze e trasmessi proprio alla task-force di Vittorio Colao, il 58 enne ex ad di Vodafone incaricato dal governo di studiare le proposte per rilanciare il Paese.

LA CISL: UN GRANDE PIANO PER 500 MILA GIOVANI

La parola d’ordine è: semplificazione, ridurre le procedure, istruire il personale, saltare i passaggi inutili, evitare i timbri. Contrastare la cosiddetta “burocrazia difensiva” che trasforma gli uffici in muri di gomma. Pratiche che rimbalzano perché nessuno vuol prendersi la responsabilità civile e in qualche caso penale, di firmale. Ma come può una PA come la nostra, in coma profondo, ormai allo stato neurovegetativo, far scoccare la scintilla della ripresa. E viene da chiedersi che rapporto ci sia tra certi dossier redatti in uno studio a Londra e la vita reale dell’Italia post Codiv.

Il Forum ha posto l’attenzione anche su altre particolarità tutte italiche. “Una composizione del pubblico impiego ancora squilibrata verso i profili giuridici”; “la carenza di professionalità tecniche e di negoziazione, ma anche le competenze organizzative”. In una parola “l’inadeguatezza della nostra PA a fronteggiare l’ordinario”, figuriamoci lo straordinario. Da qui la richiesta di utilizzare alcune leve strategiche, prima fra tutte il rinnovamento, la trasformazione digitale, Per portare a termine le missioni strategiche – è questa la proposta del Forum – è indispensabile l’entrata di 500 mila nuovi giovani, sblocco del turn-over, autonomia dei dirigenti e rinnovamento qualitativo del personale”.

Che ne pensano i sindacati? Per Maurizio Petriccioli, segretario generale Cisl-Fp è necessario costruire una Pa moderna, in grado di rispondere alle necessità dei cittadini e delle imprese italiane, “serve valorizzare l’esperienza e la competenza del personale già in servizio e rilanciare un grande piano occupazionale”. Ma altre nuvole nere si addensano. “Il blocco del turnover e l’introduzione delle finestre di Quota 100 – spiega il sindacalista Cisl – sono andati a gravare ulteriormente in comparti dove l’età media è di circa 51 anni. Nei prossimi anni, inoltre, contiamo fuoriuscite ulteriori per circa 500mila unità. Si può e si deve rinnovare la pubblica amministrazione ma lo si deve fare avendo in mente un progetto chiaro per la Pa di domani mentre, ad oggi, ci troviamo ad essere testimoni di un esodo che non ha nulla di progettuale”.


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