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Giuseppe Conte con Roberto Gualtieri

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C’è un ministro che non si chiama Matteo Salvini e chiede per sé i superpoteri. Non è una scherzo di inizio estate, ma la realtà dei fatti. Il titolare del dicastero in questione si chiama Roberto Gualtieri, è romano, è figlio della tradizione Pci-Pds-Ds-Pd, di professione fa lo storico, ma oggi risiede alla scrivania di Quintino Sella. Dunque, è titolare dell’Economia, la somma del ministero delle Finanze e di quello del Tesoro. E allora? Succede che all’articolo 4 del decreto 52 del 16 giugno si assegnano al ministro dell’Economia poteri straordinari su tutto l’ammontare degli 80 miliardi di euro degli aumenti di deficit in emergenza varati finora nel 2020.

GOVERNO IN SILENZIO

E tutto questo succede nel silenzio più totale del governo, dei componenti della maggioranza. Giorgia Meloni, va da sé, grida allo «scandalo istituzionale». La norma approvata consente allo storico Gualtieri di monitorare e riorientare la spesa senza passare né dal governo né dal Consiglio dei ministri. Una norma che, se l’avesse un Giovanni Tria, ministro dell’Economia ai tempi del governo gialloverde, «avrebbe scatenato un putiferio», lamentano destra, sinistra e grillini.

Si tratta di una bomba che, per dirla con Stefano Ceccanti, «consente al Mef di andare ben oltre quanto previsto dalla legge di contabilità, che consente rimodulazioni all’interno della stessa missione e comunque dello stesso ministero, senza però toccare le spese dipendenti del fattore legislativo».

Il dado è tratto, perché ci troviamo davanti a qualcosa di mai visto nella storia della Repubblica. Domenica sera il Mef smentisce categoricamente il racconto di cui sopra: «Interpretazioni di una norma presente nel Decreto legge 52 del 16 giugno 2020 riportate su alcune testate giornalistiche sono assolutamente fantasiose e prive di ogni fondamento. La norma in questione è presente anche nei decreti legge 18 del 17 marzo e 34 del 19 maggio e, come avvenuto già in passato, consente che – a seguito di apposito monitoraggio effettuato in tempo reale -eventuali risparmi collegati a una sovrastima delle spese relative ad una certa misura possano essere utilizzati a copertura di eventuali sottostime di altre misure già previste dai decreti legge messi in campo dal governo per fronteggiare l’emergenza Covid».

«NESSUN SUPERPOTERE»

E ancora sempre la nota del Mef: «È facilmente intuibile quindi come il decreto legge 52 non assegni alcun “superpotere” al ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, e non consenta in nessun caso l’adozione di scelte discrezionali: le variazioni di spesa rispetto alle stime iniziali non sono infatti discrezionali, ma collegate all’effettivo andamento delle uscite legate alle diverse misure approvate. Misure che non possono in alcun modo essere modificate rispetto a quanto stabilito dalla legge».

I DILEMMI

Stefano Ceccanti, parlamentare del Pd e costituzionalista, prende a cuore la questione delle questioni che pian piano inizia a essere il rumore di sottofondo del Transatlantico di Montecitorio e del Salone Garibaldi di Palazzo Madama. È «stupito» Ceccanti e «lo stupore – spiega – deriva dalfatto che le puntuali osservazioni critiche erano state formulate prima di tutto già il 27 maggio da quella particolare commissione parlamentare che è il Comitato per la Legislazione, sempre sollecito a difendere le prerogative del Parlamento e poi dal parere della Commissione Affari costituzionali».

Insomma il problema esiste e rimanda a una serie di domande che si pone sempre Ceccanti: «Si possono rimodulare con decreto ministeriale somme assegnate con autorizzazione legislativa, rimettendo quindi a una fonte subordinata contenuti già disciplinati da norme primarie? Questo ruolo sostanzialmente residuale, in quanto aggirabile, del Parlamento è compatibile con l’articolo 81 e più in generale con l’assetto istituzionale?».

A CHI CREDERE?

Ma i dilemmi di Ceccanti restano sospesi. Nessuno osa dare risposte. Accade, però, che a 4 giorni dalla famosa smentita del Mef, l’esecutivo eterodiretto da Gualtieri deposita un emendamento che ripristina i poteri del Parlamento sulla decisione di bilancio inserendo un parere parlamentare delle Commissioni competenti sul controverso comma 8 dell’art. 265 del Decreto rilancio. E allora la domanda diventa un’altra: a quale Gualtieri dobbiamo credere? Al ministro della smentita o al titolare dell’Economia che pone un freno ai suoi poteri? Perché se prima non c’erano i superpoteri non occorreva usare frasi del tipo“ trattatasi di ricostruzioni fantasiose”. Altrimenti qualcosa non torna. E forse più che uno storico serve un ministro.


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