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Michele Emiliano

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Se la ripartizione dei 37 miliardi del Mes – qualora il governo dovesse decidere di servirsene – si rivelasse l’occasione di un nuovo scippo al Sud, non desterebbe alcuna sorpresa nel presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Anzi, si aspetta che le risorse per i territori del Mezzogiorno possano essere addirittura inferiori a quelle che figurano sulla bozza circolata in questi giorni.

«Questa distribuzione sembra essere stata calcolata sulla base del riparto del Fondo sanitario nazionale. Aspettiamo quindi ad esprimere una valutazione in attesa di conoscere le cifre della ripartizione finale e a quanto ammonta la quota da detrarre alle Regioni da parte dello Stato centrale».

Alla Puglia spetterebbero circa 2,4 miliardi.

«Attenzione, perché la ripartizione al momento è teorica e si rischia di vedere destinate alle regioni del Sud risorse di gran lunga inferiori».

Il Covid ha azzerato il turismo sanitario verso le regioni del Nord, questa distribuzione nasconde una sorta di risarcimento?

«Abbiamo l’occasione di innalzare i servizi qualitativi e quantitativi della sanità pubblica e privata e accreditata. Il nostro obiettivo è migliorare l’offerta, richiamando i pugliesi che da adesso non andranno più a curarsi al Nord. È chiaro che le somme recuperate dalla mobilità passiva cercheremo di reinvestirle in Puglia attivando, si spera, un circolo virtuoso: più assistiti pugliesi soddisfiamo, meno andranno fuori, meno spenderemo di mobilità passiva. Parliamo di cifre importanti: in Puglia la mobilità passiva costa 320 milioni di euro l’anno, 15 milioni di euro al mese, contro i 120 milioni di mobilità attiva».

Quale criterio dovrebbe rispettare la ripartizione dei fondi?

«Deve essere quello del reale fabbisogno dei territori. Tenendo conto dei diversi fabbisogni strutturali che i sistemi sanitari esprimono. Esiste uno storico divario infatti che penalizza il Sud e che condiziona i livelli essenziali della prestazioni. Questa può essere l’occasione per ridurre il divario».

Ogni anno al Sud vengono sottratti 60 miliardi poi dirottati al Nord, cui si accompagna l’azzeramento della spesa per investimenti.

«I divari crescenti dei flussi degli investimenti pubblici ordinari a danno del Mezzogiorno sono datati nel tempo e sotto gli occhi di tutti. La chiamano “Questione Meridionale” per questo. A questo fine è assolutamente indispensabile quanto previsto da una norma nazionale che obbliga ad investire nelle regioni del Sud il 34% di tutti gli investimenti ordinari nazionali».

Il presidente della Sicilia, Nello Musumeci, propone un patto tra i governatori del Sud.

«Non ho alcun problema alla creazione di un coordinamento delle Regioni del Sud».

Sarebbe pronto a un ricorso davanti alla Consulta in difesa dei diritti dei cittadini meridionali?

«Queste questioni dovrebbero essere risolte in sede politica e istituzionale, a partire dalla conferenza Stato-Regioni. Laddove questo non dovesse accadere è chiaro che sarei in prima linea per difendere i diritti alla salute e al lavoro dei cittadini pugliesi».

La clausola del 34% della spesa in conto capitale al Mezzogiorno non è mai stata rispettata. Crede che si avrà mai un salto di qualità per il Sud?

«Oggi siamo tra i 7 e i 10 punti percentuali sotto, e quindi questo obiettivo deve essere perseguito anche nella assegnazione degli investimenti promossi con il Recovery Fund e con il Mes. Volere è potere».

Cosa pensa del piano di opere prioritarie contenute nel decreto Semplificazione?

«Da una prima lettura ci aspettavamo un impegno maggiore a favore del Mezzogiorno il cui divario infrastrutturale condiziona più che in altre aree del Paese le prospettive di recupero economico ed occupazionale».

Molte delle opere previste per il Sud, anche quelle per cui ‘ previsto il commissariamento, sono soltanto alla fase progettuale. Che impatto pensa possano avere?

«Non dimentichiamo che prima dello scoppio della pandemia il Sud non aveva ancora recuperato dal punto di vista economico e occupazionale i livelli di crescita precedenti alla crisi del 2008. E che l’attuale crisi produrrà nel Sud effetti ben peggiori e duraturi rispetto al resto del Paese. Quindi bisogna spingere ancora di più sugli investimenti nel Mezzogiorno per risolvere questa anomalia europea di un Paese che ha i divari interni di crescita più ampi di tutta Europa».


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