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Una riunione del plenum del Csm

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Alla crisi della giustizia si intende dare una prima e parziale risposta con il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri per la riforma del Consiglio superiore della magistratura e dell’ordinamento giudiziario. Tuttavia è da prevedere che i tempi per portare a conclusione questo percorso non saranno brevi. La strada prescelta è quella di proporre al Parlamento una legge che, come la costituzione consente, fissi solamente i principi e i criteri direttivi della disciplina da adottare, attribuendo al Governo il potere di completare, in forza della delega ricevuta, il disegno normativo e di esercitare entro un anno il potere che gli viene delegato. Ai tempi dell’esame parlamentare e dell’emanazione della legge, si aggiungeranno quelli previsti per l’esercizio della delega, che lascia al Governo una più o meno ampia discrezionalità, che consente di attutire o amplificare l’impatto degli stessi principi e criteri direttivi. Con il rischio che, in materie nelle quali i dettagli sono particolarmente rilevanti, se permangono differenze di vedute all’interno della maggioranza, accantonate grazie alla genericità dei principi contenuti nella legge, i contrasti si manifestino o riaffiorino per la approvazione dei decreti delegati da parte del Governo.

CRISI DI AUTOREVOLEZZA

I nodi politici di maggiore rilievo riguardano il Consiglio superiore della magistratura. La crisi di autorevolezza che ha investito questo organo, per effetto delle modalità del suo funzionamento, rese evidenti dalle recenti cronache giudiziarie, ha dato impulso alla iniziativa governativa e in qualche modo ne ha circoscritto gli obiettivi. Il punto di forza vuol essere il superamento, forse anche solo il contenimento, della presa delle correnti della Associazione nazionale magistrati sul Consiglio. Gli strumenti prefigurati a questo fine sono due. La modifica della legge elettorale e il divieto di costituire gruppi consiliari.

Sotto il primo aspetto il disegno di legge governativo propone la formazione di diciannove collegi uninominali, ed in ciascuno di essi la elezione con sistema maggioritario a doppio turno. Verrebbe in tal modo superato il collegio unico, con liste contrapposte e sistema elettorale proporzionale, quale è quello attuale, che di fatto consente solamente a gruppi organizzati, appunto le correnti associative, di presentare e sostenere candidati che devono raccogliere voti su tutto il territorio nazionale. Con l’effetto, che viene denunciato, di indurre le vecchie e nuove correnti ad acquisire e coltivare ciascuna il proprio elettorato anche mediante l’attività dei propri eletti in Consiglio, prestando attenzione agli appartenenti alla corrente, in particolare nel loro interesse per la nomina ad uffici direttivi.

LA DEVIAZIONE

Il collegio uninominale e il sistema maggioritario dovrebbero costituire l’antidoto per questa “deviazione dalla funzione”. Deviazione delle correnti, che si sarebbero trasformate da luoghi ideali di dibattito ed elaborazione culturale coltivata da aggregazioni interne ad una storica associazione privata, quale l’Associazione nazionale magistrati, in meccanismi di esercizio del potere. Deviazione del Consiglio superiore, che vedrebbe esercitato al suo interno il potere delle correnti associative, tradotte di gruppi consiliari, quanto meno nel governo delle carriere dei magistrati.

É evidente che collegi elettorali composti da una o più piccole Corti d’appello, tra di loro vicine, permettono una conoscenza diretta tra i magistrati che vi operano e i candidati al Consiglio, non affidata necessariamente ai meccanismi di corrente o alla notorietà acquisita per le iniziative giudiziarie condotte. Il sistema elettorale maggioritario dovrebbe inoltre rendere meno difficile la elezione di chi raccolga espressioni di stima personale, pur non essendo esponente di una corrente.

Tuttavia, prestando attenzione ai dettagli, c’è da chiedersi se il sistema, così come è congegnato garantisca il raggiungimento dell’obiettivo. I meccanismi elettorali consentono spesso a gruppi organizzati operazioni che non sono state immaginate da chi li ha disegnati. É recente l’esperienza delle sole quattro candidature presentate dalle correnti per la copertura dei quattro posti di componente del Consiglio da attribuire ai magistrati del pubblico ministero: difficile qualificare questa come elezione. Il disegno di legge governativo intende prevenire una simile forza spartitoria delle correnti prevedendo che in ogni collegio uninominale vi siano almeno dieci candidati, e forza in questa direzione prevedendo un sorteggio integrativo delle candidature da attivare ad integrazione di quelle presentate, se fossero meno di dieci. E tuttavia non si può prescindere dalla accettazione della candidatura da parte di chi fosse sorteggiato. D’altra parte è ben possibile che siano presentate dalle correnti candidature riempitivo o “a perdere”, per evitare la sgradita integrazione.

Un altro elemento di dettaglio destinato ad incidere sull’effettivo funzionamento del sistema è costituito dalla percentuale di voti eccessivamente elevata richiesta per essere eletti al primo turno, vale a dire il 65 %, e dalla ammissione al secondo turno, per il ballottaggio, dei quattro candidati con il maggior numero di preferenze. Combinare questi elementi significa che, venendo escluso che sia eletto al primo turno anche chi sia stato votato dalla metà più uno dei colleghi, si intende affidare di fatto al primo turno solamente la selezione delle candidature. Congegnare il ballottaggio non ristretto ai primi due più votati, ma ammettere al secondo turno i primi quattro, che senza fantasia si può immaginare in prevalenza esponenti di corrente, significa stimolare coalizioni tra correnti, con la novità di anticiparle al momento elettorale, tra primo e secondo turno, con un vincolo più forte delle mutevoli posizioni all’interno del Consiglio.

STUDIARE LA LEGGE

Le perplessità che possono suscitare questi esempi invitano a sollecitare un esame sereno e approfondito del disegno di legge, anche per i molti aspetti che non sono stati qui toccati, senza pregiudiziali adesioni o rifiuti. É questo il ruolo del Parlamento, nel quale tema istituzionali, quale è quello della giustizia, dovrebbero trovare il contributo positivo, anche quando critico, di tutte le componenti. Come pure ci si attende che, il modello adottato dal Parlamento nel rispetto della costituzione, sia attuato dalla magistratura senza eluderne i contenuti.


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