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Gli azzurri con Draghi dopo la vittoria dell'Europeo di calcio

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È una strana estate quella che sta attraversando il nostro Paese. Si vive in un precario equilibrio tra un’epidemia non ancora debellata e il rischio incendi da un lato, e l’euforia per le prospettive di crescita (stima alzata dal 4,2% al 5%), l’arrivo dei fondi europei e le vittorie sportive, dall’altro.

Alcuni commentatori hanno parlato di una sorta di rinascita nazionale, altri hanno insistito sulle capacità di resilienza degli italiani e infine c’è chi si è concentrato sui richiami all’Olimpiade di Roma del 1960, vero simbolo della ricostruzione dell’Italia postbellica e sino a oggi la competizione olimpica con il maggior numero di medaglie vinte (il record di 36 medaglie, polverizzato in questi giorni a Tokyo con quaranta podi conquistati).

Vi è un po’ di tutto ciò nell’estate della possibile rinascita italiana, ma in queste analisi mancano due elementi che, dopo il voto del 2018, parevano scomparsi dal dibatto politico e pubblico in generale: la competenza e la capacità di leadership.

EFFETTO COVID-19

Occorre sottolinearlo e non temere di ribadirlo a voce alta. Dal 23 febbraio scorso, con l’arrivo di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio, è iniziato il declino della sbornia populistico-demagogica del cosiddetto “uno vale uno”. Il Covid-19, con la dimensione sanitaria in primo piano, ha contribuito non poco ad intaccare le teorie oscurantiste e antiscientifiche, che però oggi riemergono almeno parzialmente nei movimenti no-vax. Ma procediamo con ordine e cerchiamo di vedere come un filo impercettibile, ma molto solido, leghi la leadership politica di Mario Draghi a quelle sportive di Roberto Mancini e di Giovanni Malagò, passando per quella del generale Francesco Paolo Figliuolo.

Mario Draghi è stato chiamato alla guida del governo dal presidente Mattarella e ha ottenuto un sostegno quasi unanime dalla classe politica nazionale per le competenze e l’equilibrio mostrati in tutti i suoi precedenti incarichi apicali (da Banca Italia sino alla BCE, passando per il Tesoro). Da Palazzo Chigi Draghi non ha tradito le attese, presentando un piano di riforme credibili e ottenendo quel sostegno europeo del quale egli è il vero garante. La nomina, due settimane dopo il suo insediamento, del generale Figliulo come Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 si inserisce in questo ritorno in primo piano dei concetti di competenza e leadership. Per i suoi incarichi di comando nei Balcani e in Afghanistan e per le sue capacità nella gestione della logistica militare, il generale Capo di Stato maggiore dell’Esercito si è costruito nell’ultimo ventennio una credibilità e una competenza oggi confermate nella gestione della vaccinazione di massa, che sta portando il Paese a percentuali di immunizzazione tra le più alte a livello globale.

Se dal piano politico passiamo a quello sportivo sono ancora competenza e leadership a dominare la scena, le vere stelle polari del possibile “rinascimento italiano”.

IL GRUPPO AZZURRO

La vittoria della nazionale di calcio ai campionati europei è stata il frutto di un gruppo coeso, di importanti individualità ma soprattutto della competenza e della capacità di leadership di un commissario tecnico e di uno staff che, sin dai primi passi del 2018 (dopo l’onta della mancata qualificazione ai campionati del mondo di Russia), con un lavoro scientifico di altissimo livello, hanno gettato le basi per la vittoria finale. È evidente che nelle competizioni sportive, così come in molti passaggi della vita, sono anche determinanti la sorte e nel caso della nazionale di calcio anche questo elemento non è certo mancato. Ma se proviamo ad andare un passo oltre i calci di rigore e le fondamentali parate del nostro portiere Donnarumma, occorre sottolineare il lavoro svolto sulla mente dei calciatori, sulla preparazione atletica e tattica, sull’organizzazione di gioco e infine sulla convinzione instillata nei titolari almeno quanto nei cosiddetti rincalzi. E tutto ciò rimanda alle capacità di leadership e all’esperienza maturata dal commissario tecnico nei suoi anni trascorsi tra l’Italia e l’Europa (in particolare l’esperienza in Premier League).

Dopo le vittorie della nazionale di calcio si sono aperti i giochi olimpici di Tokyo e la serie di trionfi, alcuni in particolare sul fronte dell’atletica, hanno fatto gridare al miracolo. Anche qui, oltre a tutti i meriti dei giovani interpreti e di quelli più esperti, è impossibile dimenticare il presidente del Coni Giovanni Malagò. Giunto al suo terzo incarico alla guida del Comitato olimpico, occorre sottolineare come un movimento sportivo che dopo due olimpiadi con 28 medaglie ciascuna (Londra e Rio) passa a 40, non lo faccia per pura casualità. Il movimento è stato guidato, preparato e motivato al punto giusto. Ancora una volta competenza e leadership.

SUCCESSI COSTRUITI

I successi sportivi come quelli politici, la credibilità italiana a livello globale ed europeo in particolare, non sono frutto della casualità, ma sono riconducibili ad un’inversione di rotta di natura “culturale” da parte del Paese. Dopo la sbornia di egualitarismo anti-meritocratico in salsa 5 Stelle (ma anche nella destra estrema non mancano pulsioni di questo genere), la trionfale estate sportiva si spera abbia mostrato che i successi non arrivano per caso e praticamente mai sono eventi estemporanei. Sono frutto del lavoro, dello studio, dell’applicazione e si concretizzano quando è saldo l’esercizio della leadership e quando è riconosciuta la competenza.

Draghi, Figliulo, Mancini e Malagò, ognuno con le proprie caratteristiche e ognuno nei propri ambiti, incarnano questa lezione. La rinascita del Paese passa anche attraverso il loro decisivo esempio.


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