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La ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina

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In arrivo, con il decreto agosto, un miliardo per la scuola. E la possibilità di oltre 80.000 nuovi docenti e 11.000 Ata a tempo indeterminato, più 50.000 tra docenti e Ata ma a tempo determinato. Dove andranno i nuovi insegnanti e bidelli? Dove servono, naturalmente. E dove servono? Ovvio, dove ci sono più alunni da tenere maggiormente distanziati. Nei territori, cioè, dove la dispersione scolastica è più bassa. Ovvero, nelle regioni del nord Italia.

Manca poco alla riapertura e bisogna correre. Inseguiti dal rischio di una nuova emergenza. Eppure il rapporto alunni-insegnanti, basato sul numero di bambini e ragazzi che nel nostro Paese abbandonano precocemente gli studi, non può rappresentare la premessa matematica sulla quale costruire nuovi organici e assegnazioni, a meno di considerarlo uno stato di fatto oggettivo ed ineluttabile. O, quel che è peggio, una percentuale di riferimento, statisticamente consolidata ed affidabile rispetto alla prossima destinazione di soldi pubblici.

Invece, il fattore “dispersione scolastica”, nel ragionamento politico attuale sembra essere proprio questo. Almeno stando a quanto ascoltato due sere fa dalla Ministra Azzolina. La quale, ospite su La7 della trasmissione “In onda” – in risposta ad una professoressa residente in Campania, ma costretta ad insegnare nel nord Italia che chiedeva rassicurazioni su un possibile riavvicinamento alla sua città – chiariva che le destinazioni del corpo docente sono legate al problema della dispersione.

E poiché quest’ultima, si sa, è più bassa al Nord, è qui che troviamo il maggior numero di alunni e – di conseguenza – una maggiore necessità di insegnanti. Fine. Nessuna domanda alla Ministra da parte dei conduttori, né di qualche spettatore (durante la trasmissione è addirittura possibile telefonare e fare domande in diretta alla ministra) riguardo l’eventualità di iniziare a trattare la dispersione scolastica come un numero – incostituzionale – da correggere, a partire proprio del personale docente e non.

Nessun riferimento al fatto che il rischio di abbandono scolastico al Nord, quasi dimezzato rispetto al Sud, si è aggravato dopo l’emergenza sanitaria con la didattica a distanza, visto che al Sud il 20% dei ragazzi (470mila studenti) non ha un computer, contro il 12% nazionale.

Nessuna obiezione rispetto alla circostanza che, nonostante la maggiore dispersione, le c.d. “classi pollaio” sono soprattutto al Sud, dove ogni insegnante ha 10 alunni in più rispetto ad un collega del Nord ed ogni Ata 57 alunni invece che 41; dove ogni studente perde in ore di lezione l’equivalente di un anno di studio in tutta la sua vita scolastica a causa di un tempo pieno inesistente, garantito in Piemonte, Toscana, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria e praticamente azzerato in Calabria, Campania, Puglia, Molise e Sicilia.

Il ministero dell’Istruzione conosce bene i numeri per averli prodotti e appresi da Onu, Ue, Istat, Corte dei Conti. Sa che i bambini più poveri delle aree più disagiate del Meridione smettono troppo presto di andare a scuola e che la diseguaglianza regionale richiamata dalle Nazioni Unite è quella che ha trasformato il luogo di nascita e residenza in “segregazione socio-educativa”.

La ministra Azzolina conosce i dati. Sono quelli aggiornati al 2019 dell’Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica del suo Ministero sull’abbandono scolastico nella scuola secondaria di I grado, nel passaggio tra cicli scolastici e nella scuola secondaria di II grado. Quelli che secondo il Ministero stesso dipendono da “aspetti di natura economico-sociale del territorio e dell’ambiente di origine degli alunni” e per i quali il Miur aveva stanziato 50 milioni con Fondi PON per le aree territoriali a rischio di povertà educativa e criminalità, individuate in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Il punto è cosa fare dei dati che si conoscono e della vita delle persone che sta dietro quei dati. Prenderli a base di una spesa pubblica ancora una volta iniqua, oppure cambiarli.


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