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L’istruzione non è certamente la “magna pars” dei bilanci regionali, ma è comunque un servizio essenziali e segnala, ancora una volta, un importante gap tra Nord e Sud. Se la quota pugliese per l’istruzione è di 32 milioni, quella dell’Emilia Romagna è quasi il doppio: 60 milioni.

Risultato? Al Sud si riescono a finanziare meno aiuti alle famiglie e si devono fare i conti con un personale numericamente inadeguato.

Nemmeno il tempo pieno è possibile garantire nel Mezzogiorno, non almeno agli stessi livelli del Settentrione. Il tempo pieno nella scuola primaria italiana (ex elementare) esiste, ma praticamente quasi solo al Nord. Nel Mezzogiorno la fascia di bambini tra i 6 e gli 11 anni che può usufruire delle 40 ore settimanali è davvero residuale e le differenze rispetto a quanto avviene a Torino, Milano o Padova sono abissali.

Fatta eccezione per il Lazio, che con il 58,4% di classi a tempo pieno è la prima regione in Italia, nei primi sei posti della classifica ci sono solamente Regioni settentrionali: in Piemonte nel 57% delle classi c’è il tempo pieno, in Toscana la percentuale è del 55,6%, in Lombardia del 54%, segue Emilia Romagna (53,1%) e Liguria (51%). Il distacco rispetto al Sud è ampissimo e incostituzionale: in Calabria solamente nel 28,5% delle classi sono garantite le 40 ore settimanali, ma la situazione è addirittura peggiore in Campania (22,3%), Puglia (appena il 18,7%), Molise (12%) e Sicilia (11,6%).

Numeri e statistiche ufficiali, elaborate dal ministero dell’Istruzione, davvero impietose. Dati che dicono che, alla fine dei cinque anni di elementari, è come se gli alunni del Nord fossero rimasti in classe un anno in più. Gli orari, infatti, si sviluppano da un minimo di 24 ore settimanali sino ad un massimo di 30, anche se la media è di 27 ore. Il 33,6% delle classi elementari italiane, infatti, svolge 27 ore di lezione a settimana. Solo, però, quando si arriva alle 40 ore settimanali si può veramente parlare di tempo pieno.

Se facessimo la media, nelle regioni del Nord, complessivamente, vengono garantite 38 ore settimanali; al Sud si scende a 30 ore. Meno ore di lezioni, ma anche meno docenti per il Mezzogiorno: nelle scuole del Nord ogni professore, mediamente, insegna a 10 studenti; al Sud, invece per ogni docente ci sono 13,5 alunni. Nel Mezzogiorno le scuole pubbliche sono 2.528, il personale docente è pari a 231.051: in sostanza, in ogni istituto scolastico, mediamente, sono impiegati 91 insegnanti. Al Nord, invece, le scuole sono 3.266 e i professori 356.100: risultato, in ogni istituto lavorano circa 109 docenti.

Non solo: le classi sono più sovraffollate in Puglia, Campania e Calabria rispetto a Piemonte, Lombardia o Liguria. Infatti, mentre al Nord per 3.646.003 alunni iscritti ci sono 200.828 classi (poco più di 18 studenti per classe), al Sud per i 3.121.930 ragazzi ci sono 112.214 classi (il rapporto è di 27,8 alunni per classe). Persino sul personale non docente, il cosiddetto personale Ata, ci sono significative differenze: nelle scuole del Nord sono impiegate 87.746 persone, al Sud 54.832. Questo significa che al Sud per ogni dipendente ci sono 57 studenti, al Nord il rapporto è di uno per 41 alunni.

Sui fondi contro la dispersione scolastica si consuma l’ultimo scippo: l’emergenza è più grave al Sud ma al Nord vanno più soldi. L’abbandono degli studi è un fenomeno più dilagante nel Mezzogiorno, lo confermano i dati del ministero dell’Istruzione. Eppure, nel riparto delle risorse destinate dallo Stato per incentivare “progetti in aree a rischio, a forte processo migratorio e contro la dispersione scolastica” sono le Regioni del Nord ad incassare più soldi.

È quanto emerge dal rapporto della Corte dei Conti intitolato “La lotta alla dispersione scolastica: risorse e azioni intraprese per contrastare il fenomeno”: nel 2017 c’è stato un incremento complessivo delle risorse rispetto all’anno prima, si passa da 18,4 milioni a 23,8 milioni. Però, a fare la parte del leone è ancora una volta il Nord.

Ecco qualche esempio: il Piemonte passa da 928mila euro a 1,5 milioni; la Lombardia da 2,19 milioni a 3,6 milioni; il Veneto da 1,1 a 1,8 milioni; Emilia Romagna da 1 a 1,6 milioni; la Toscana da 700mila euro a 1,7 milioni. 

E il Sud? La Puglia, che nel 2016 si vedeva assegnare 1,8 milioni, nel 2017 si è dovuta accontentare di 1,4 milioni, 400mila euro in meno; la Campania è passata da 3,1 a 2,6 milioni; la Basilicata da 341 a 183 mila euro; la Calabria da 1,1 milioni a 973mila euro; il Molise da 119mila euro ad appena 73mila euro.


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