X
<
>

Il costituzionalista Massimo Villone

Condividi:
8 minuti per la lettura

Mai come quest’anno la riapertura della scuola mette a nudo due di linee di racconto parallele che non si incontrano mai. La scuola di chi può permettersi i tamponi salivari gratuiti, i bus-navetta a carico degli enti-locali, la sicurezza sanitaria in classe e nei trasporti, il tempo pieno, le mense, la continuità didattica. E l’altra, la scuola dove tutto questo è al di là da venire. Sono figlie di una stessa cultura il diritto allo studio. Entro precisi confini geografici, però. Diritto concesso a parole e negato nei fatti. Con un’aggravante: che la gestione della scuola ha risvegliato l’appetito dei governatori delle regioni.

Vale circa 10 miliardi di euro l’anno. E vorrebbero gestirla loro. La prova? La relazione delle Commissione tecnica incaricata dal ministro agli Affari regionali Maria Stella Gelmini è stata rispedita al mittente. Non piace al Veneto e neanche alla Lombardia. I presidenti di quelle regioni vogliono di più. Gestire presidi e insegnanti, scrivere i programmi, decidere gli stipendi.

Il professor Massimo Villone, professore emerito di Diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli, non ha mai fatto mistero delle sue posizioni. Si sa da che parte sta. Pci, Ds, Pds, Prc e Pdci: è un politico di lungo corso, con un cuore che batte da sempre a sinistra. Ma ha un faro che lo sempre guidato: la Carta costituzionale.

L’ARROGANZA DEL CETO POLITICO REGIONALE

Che la scuola faccia gola alle Regioni non è una novità. «Ma questa pandemia ha evidenziato un fatto nuovo – inizia il professore, 77 anni, ex membro della sventurata Bicamerale per le Riforme istituzionali voluta da Massimo D’Alema – l’arroganza del ceto politico regionale accompagnata alla sostanziale debolezza del ceto politico nazionale. La spinta regionale non è ma stata contrastata in materia netta. Si è sempre cercato con le varie cabine di regia e con i passaggi nelle svariate conferenze di sostituire allo scontro la mediazione. Con il risultato che Luca Zaia scende in campo con la scimitarra e Palazzo Chigi si mette in difesa».

I governi cambiano. I presidenti del Consiglio passano, i governatori delle regioni si allungano il mandato ma passeranno anche loro. L’autonomia differenziata rimane. Un macigno al piede. Purtroppo su questo punto non il governo Conte e il governo Draghi sono molto sfumare per non dire inesistenti.

«Considero l’ex ministro agli Affari regionali, Francesco Boccia un ministro debole – fa un passo indietro Villone – Ricordo il mondo in cui si presentò facendo il giro delle sette chiese al Nord». E la Gelmini professore?: «Lei ha il curriculum vitae che ha. La sua storia personale è chiara. Non è una che scende in campo per l’unità nazionale. E mi sembra significativo che Mario Draghi l’abbia scelta nonostante, a quel che si dice, Forza Italia avrebbe preferito qualcun altro».

LA DEBOLEZZA DI BOCCIA E IL RISCHIO GELMINI

A pensar male a volte si azzecca, diceva Giulio Andreotti. Però tanta diffidenza nei confronti dell’ex presidente della Bce potrebbe essere esagerata. Draghi finora non ha mai espresso una posizione ultra-federalista.

«Faccio osservare che aver scelto la Gelmini è già un fatto. E che la Gelmini riparta dal lavoro fatto da Boccia è un altro fatto. Quella legge-quadro di per sé era debole. Mi sarei aspettato un governo che dicesse chiaro e tondo che certe cose non si regionalizzano. Boccia non lo ha mai detto e neanche lo ha scritto. C’è stata una lettura scorretta dell’articolo 116 della nostra Costituzione, l’articolo 116 non è una forma di shopping, non siamo al supermercato che mettiamo nel carrello tutto quel che ci piace. Io voglio 23 materie e me lo prendo. Non è così. Il 116 parla di particolari forme di autonomie in caso di particolarità territoriali. Dove sono queste particolarità? Se non ci sono non si dovrebbe proprio attivare. Ebbene questa lettura non è mai venuta da Palazzo Chigi e neanche da Boccia».

Obiezione. L’ex ministro Boccia ha cercato di mediare e di mettere tutti d’accordo in un quadro di governo molto complicato. Con una conferenza Stato-Regioni a trazione nordista. Che cos’altro avrebbe dovuto fare? «Dire semplicemente che serviva una legge quadro per regolare questa materia fermo restando però che i punti a, b e non regionalizzano. L’ha mai detta questa frase? Che la Erika Stefani leghista non l’ha mai detto non mi meraviglia. Mi meraviglia Boccia. Si è preferito perdersi dentro una procedura. Ma si sa da dove si parte e non si sa dove si approda. Così si rende tutto possibile. Ed è il motivo per cui Luca, Zaia, presidente della Regione Veneto non vuole che si passi per il Parlamento. Vuole la trattativa diretta con il governo, pensa che a Palazzo Chigi ci siano condizioni migliori. E ha ragione».

SCENARI FUTURI. ZAIA MINISTRO DELLE AUTONOMIE

C’è uno scenario di cui si parla poco, accennato da qualche retroscenista scambiato per un visionario. Descrive cosa accadrebbe se una volta risolto il rebus quirinalizio con l’ascesa di Mario Draghi al Colle alle prossime elezioni politiche prevalesse il centrodestra. Ipotesi tutt’altro che remota.

Ebbene, in questo caso i punti fermi del centrodestra sarebbero due. Il presidenzialismo, compatibile con la scelta di Draghi, punto primo. E l’autonomia differenziato, punto secondo. In questo scenario, Zaia nuovo ministro delle Autonomie calza a pennello.

Fantapolica? «In un contesto nel quale si anticipa la vittoria del centrodestra che allo stato delle cose sembra probabile – riprende il professore – l’autonomia diventa uno dei punti in cui si realizza il progetto di fondo del centrodestra. Con l’asse del maggioritario al 55-60% sarebbe possibile. La strategia è chiara. Nel centrodestra alcune teste pensanti ci stanno già lavorando. Ricordo che l’autonomia “estrema” fa parte dell’accordo stretto dal centrodestra unito. I governatori puntano alle strutture strategiche materiali e immateriali, cioè le cose che riguardano il consenso. La scuola ha un valore identitario per l’unità del Paese, se noi regionalizziamo la scuola, sdoganare i dialetti, dare sempre più spazio all’economia locale, dobbiamo esserne consapevoli, sapere che questa cosa il Paese lo frantuma. Se noi pensiamo che si possa sostituire Mazzini con un oscuro eroe locale che va in giro a piazzare trappole per gli orsi facciamolo pure ma consapevoli che così il Paese si sgretola. Bisogna dirlo chiaro e tondo: la scuola non si regionalizza! Ci sono già esempi pratici: il Trentino ha già una forma avanzata regionalizzazione della scuola, il Friuli lo segue a ruota. C’è sempre un profilo alto, un profilo funzionale all’unità che accomuna struttura immateriali e materiali. La scuola è quella che dà il consenso. Poi c’è anche un profilo meno nobile: gestire a livello regionale docenti e personale scolastico vuol dire gestire decine di migliaia di persone, un esercito in prima linea nella formazione del consenso. Si gestiscono i giovani, le famiglie. Le regioni insomma non vogliono solo rivendicare qualche materia secondaria di insegnamento. Ma entrare nella potestà organizzativa, gestire le carriere. E sa chi saranno le vittime? Le vittime saranno il sindacato scolastico e il contratto nazionale. A gestire carriere avanzamenti, sedi stipendi, stipendi che saranno differenziati tra una regione e l’altra, saranno i funzionari delle regioni. Si sposta il fulcro del potere. A quel punto a chi parlerà il sindacato? All’assessore non più al ministro. Poi ci sono forme anche meno visibili di controllo. Apparentemente si dice no alla regionalizzano ma se metto la nomina del dirigente scolastico in mano all’assessore ecco che quest’ultimo controlla la scuola. Basterà governare le nomine dei dirigenti e il gioco è fatto. Per questo ci vuole chiarezza dire che la scuola non si regionalizza e dimostrare al tempo stesso di saper gestire la macchina scolastica, che vuol dire incarichi, supplenze, etc, etc, in modo adeguato».

Un esempio di cui si parla molto in questi giorni. I test salivari. Il Veneto ha promesso un milione di test salivari gratuiti per iniziare la scuola in sicurezza. Al Sud ce li potremo permettere? Bisogna capire come li faranno. E se questi test salivari avranno valore. Ci vuole una regola uguale per tutti, altrimenti il diritto viene soddisfatto in modo disuguale. In che modo ovviare? «Con un obbligo vaccinale per tutti gli studenti non vedo altre strade, cosa che il governo non fa. Un altro segnale della debolezza di palazzo Chigi. Solo una precisa indicazione di obbligo vaccinale è una reale garanzia di uguaglianza. Questa è la strada maestra. Nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario salvo se la legge lo imponga per una questione di salute pubblica. E la salute della collettività in questo è un preciso interesse della collettività (art.32). A mio modo di vedere può e deve essere imposta».

Palazzo Chigi non lo fa… «è una debolezza nella quale si infilano le regioni. In altre occasioni ho letto dichiarazioni dei nostri beneamati governatori che se le regioni avessero avuto avuto più autonomie avrebbero risposto meglio. È vero tutto il contrario». Si è parlato del centrodestra, ma il centrosinistra sul tema dell’autonomia differenziata balbetta da sempre, Un “balbuziente” a caso: Stefano Bonaccini. governatore della Emilia-Romagna: «È uno dei uno dei punti deboli. La prova che ai governatori interessa avere più spazio. E l’autonomia differenziata male che vada significa potere. Ai governatori conviene, non conviene ai governati. Ed è la ragione per cui anche qualche presidente del Sud si dice d’accordo con quelli del Nord. Una motivazione, me lo faccia dire, miserabile. Senza dire che gestire la scuola vuol dire pure ricevere consistenti risorse diciamo un bel pacchetto di miliardi di euro».

Siamo alla fine. A questo punto non resta che porsi la domanda di Nikolaj Cernyseveskij: che fare? «Non vedo altra strada che scrivere, sollecitare opinione, chiarire quali sono le cose dette e le cose non dette, descrivere gli scenari reali. Raccontare che cosa vuol dire poter garantire in Emilia-Romagna navette gratis per chi va a scuola mentre al Sud le navette restano un sogno. E se è per questo, c’è uno schieramento di anime belle che vorrebbe cancellare non solo le navette ma anche gli studenti del Sud. Si fa prima ed è molto più facile…».


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE