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Un asilo nido

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«Una distribuzione profondamente disomogenea sul territorio nazionale»: così, in un “approfondimento” in calce all’Audizione parlamentare sulla Nadef del presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo (del 5 ottobre 2021), viene definita la disponibilità di asili nido al Nord e al Sud.

Fra le tante “disomogeneità”, più o meno profonde, quella che riguarda gli asili nido (o «servizi educativi per la prima infanzia» nel linguaggio tecnico dell’Istat) è una delle più gravi.

IL FUTURO DIMEZZATO

Se i bambini di oggi sono l’Italia di domani e se, come dicono gli psicologhi, la prima infanzia rappresenta una tappa assolutamente fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo fisico e cognitivo, questa disomogeneità pone una pesante ipoteca su quella riduzione degli squilibri territoriali che tutti dicono – a parole – di volere e di perseguire.

Questa carenza di asili nido nella parte più povera della penisola non è certo una novità per i lettori del Quotidiano del Sud: il nostro giornale l’ha più volte denunciata e documentata. Ma adesso l’Istat fornisce dati ancora più aggiornati e una disamina dettagliata delle disparità, per ogni provincia italiana e per le grandi circoscrizioni territoriali.

Se, come abbiamo detto, i bambini di oggi sono l’Italia di domani, in un certo senso sono anche l’Italia di oggi. Nel senso che l’accudimento dei pargoli (che solitamente va a carico della madre) interferisce con il lavoro femminile.

Non a caso il tasso di occupazione delle donne nel Mezzogiorno è molto più basso rispetto al resto dell’Italia. Le ragioni sono molteplici, ma certamente la mancanza di asili nido rende difficile, e talora impossibile, trovare un lavoro per le madri.

Si è detto molte volte come il Mezzogiorno sia, per l’Italia, un giacimento di crescita potenziale: per passare dalla potenza all’atto, innalzare la disponibilità di posti negli asili nido è un passo cruciale per aiutare il Mezzogiorno.

Si dice spesso che una data soluzione è un win-win: significa che “si vince” due volte. Ma nel nostro caso questo innalzamento di posti sarebbe un win-win-win: una tripletta di vincite.

DA UN SOLO ASILO UN TRIPLICE VANTAGGIO

Da un lato, la spesa per l’asilo nido crea direttamente posti di lavoro e inietta potere d’acquisto – con relativo moltiplicatore – nella comunità. Dall’altro lato, contribuisce allo sviluppo psicofisico di quei pargoli che un giorno – come abbiamo già detto sopra -determineranno lo sviluppo socioeconomico del Paese. E dall’altro lato ancora, crea indirettamente posti di lavoro, eliminando, per le donne (o per chi accudisca i pargoli) un ostacolo all’occupazione.

L’ANALISI ISTAT

Guardiamo più partitamente all’analisi dell’Istat. I “servizi educativi per la prima infanzia” comprendono gli asili nido istituiti nel 1971 (78,8%), i posti nelle sezioni primavera (12,6%), che accolgono bambini dai 24 ai 36 mesi e altri servizi integrativi (8,6%) che coprono le tipologie degli spazi gioco, dei centri per bambini e genitori e dei servizi educativi in contesto domiciliare.

I dati a fine 2019, per l’Italia nel suo complesso, disegnano un minimo miglioramento (dal 25,5 al 25,9%) rispetto all’anno precedente. Ma, recita il rapporto, «l’aumento della copertura è dovuto alla riduzione dei bambini al di sotto dei tre anni, causata dal calo delle nascite».

 E, nonostante «i segnali di miglioramento, poco prima dell’avvio della pandemia l’offerta era ancora al di sotto del parametro del 33% fissato dalla Ue per sostenere la conciliazione tra vita familiare e lavorativa e promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro».

I DIVARI

Come si vede dal grafico in alto, i divari territoriali sono ampi e preoccupanti. Sia il Nord-Ovest che il Nord-est e il Centro Italia sono vicini o superiori al parametro europeo del 33%, mentre il Sud (14,5%) e le Isole (15,7%), sono a meno della metà di quell’obiettivo. E, per quanto riguarda le grandi città – vedi il secondo grafico – i primi posti sono tutti del Centro-Nord.

Guardando alle singole province, la percentuale più alta, per il totale dei posti disponibili (pubblici e privati) spetta a Ravenna con un 47,8% (per i soli posti pubblici il primato va a Bologna, con il 35%), mentre all’ultimo posto in classifica è Caserta, con l’8,1% per il totale e l’1,2% per i soli posti di asilo nido pubblici. È interessante osservare che, per quanto riguarda i posti di asilo nido in strutture private, il Sud è sempre minoritario, ma meno di quanto lo sia guardando ai soli posti pubblici. Il che rivela un altro svantaggio: data la scarsezza di asili pubblici, chi può è costretto a rivolgersi ad asili privati, con aggravi di esborsi. Ecco un altro fardello per il Sud…


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