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Il governatore del Veneto Luca Zaia

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La Regione Veneto mette in rete il “bilancio semplificato” 2020 per fare un’opera di trasparenza. Infatti, il vicepresidente Gianluca Forcolin, leghista, nonché assessore al bilancio, scrive: “La Regione del Veneto vuole essere per i cittadini una casa di vetro. Per questo fa un suo punto di forza nel condividere i suoi atti sul portale web, in modo facilmente accessibile e alla portata di tutti coloro abbiano interesse”. Peccato che a volte alle buone intenzioni (informative) seguano parole (di propaganda) non sempre aderenti alla realtà.

Il vice di Luca Zaia, infatti, enfatizza: “Per il decimo anno presentiamo un bilancio tax free, in cui ai Veneti non è richiesta alcuna addizionale Irpef”. Detta così, sembrerebbe che i veneti non paghino l’addizionale Irpef, ovvero una tassa che per legge tutti gli italiani devono pagare. In realtà, anche i veneti sborsano ogni anno l’1,23 per cento del reddito che viene destinata a questa addizionale regionale. La dimostrazione viene proprio dall’analisi delle tabelle del bilancio di previsione 2020-22 della Regione Veneto.

Nel bilancio gestionale aggregato sono indicate tutte le entrate da imposte, tasse e tributi. E qui l’addizionale regionale ha un posto di rilievo. Tra i “tributi destinati al finanziamento della Sanità”, infatti, troviamo una previsione di entrata pari a 8 miliardi 808 milioni. La quota più consistente – 5 miliardi 896 milioni di euro – è data dalla compartecipazione all’Iva per la sanità, poi c’è l’imposta regionale sulle attività produttive Irap per altri 2 miliardi e 64 milioni di euro. Ma c’è una terza voce specifica, che riguarda l’”Addizionale Irpef – Sanità” che darà nel 2020 un introito pari a 847 milioni 380 mila euro. Ecco il tributo dei veneti, che finisce poi nel pentolone (veneto) della sanità. Nel 2021 e 2022 la cifra prevista è esattamente la stessa. E quindi i veneti versano per addizionale Irpef una somma consistente.

Il gettito è frutto dell’imposizione dell’1,23 per cento, che è la percentuale minima fissata da una legge statale. Le regioni a statuto ordinario possono aumentare fino a 2,1 punti percentuali la tassa, arrivando quindi al 3,33 per cento. Le regioni a statuto speciale hanno possibilità di intervento limitate allo 0,5 per cento. Tutte possono decidere di graduare l’imposta in base al reddito. Il Veneto ha deciso di tenere fermo l’1,23 per cento e di non inserire scaglioni di reddito Quella percentuale viene pagata da tutti, a prescindere da quanto guadagnano in un anno.

L’assessore Forcolin spiega così quello che ha definito un “bilancio tax free”: “E’ un risultato non facile, ma possibile grazie a scelte mirate e razionalizzazioni importanti che permettono risparmi e incrementi di entrate, quindi di risorse da poter mettere a disposizione dei settori più sensibili e strategici. È indubbiamente un segnale di efficienza, siamo l’unica Regione in Italia a farlo”. E’ davvero così? L’1,23% viene applicato in realtà anche da altre regioni: la Provincia autonoma di Bolzano (fino a 75 mila euro di reddito, poi 1,73%), la Provincia autonoma di Trento (fino a 55 mila euro, poi 1,73%), il Friuli Venezia Giulia (0,70% fino a 15 mila euro di reddito, poi 1,23 per cento per tutti), la Sardegna (aliquota unica), la Sicilia (aliquota unica) e la Valle d’Aosta. Queste le altre regioni che partono da quota 1,23%, ma a scaglioni: Liguria (fino a 15 mila euro di reddito), Lombardia (fino a 15 mila euro di reddito), Marche (fino a 15 mila euro), Umbria (fino a 15 mila euro) e Basilicata (fino a 55 mila euro).

Come spiegare la singolarità della dichiarazione di Forcolin, che ricalca analoghe affermazioni del governatore Luca Zaia (“Non metto le mani nelle tasche dei veneti”)? Evidentemente si riferisce al fatto che il Veneto non ha maggiorato la tassa, ma l’ha lasciata al livello minimo. Non dovrebbe dire che il Veneto è tax free, ma che la Regione ha optato per un livello di flat tax. Ma se i soldi li pagano i veneti, si può dire che la tassa sia statale o regionale? Questa la definizione che viene data dal Ministero delle Finanze: “E’ un ‘tributo proprio derivato’, vale a dire un tributo istituito e regolato dalla legge dello Stato, il cui gettito è attribuito alle regioni che devono, pertanto, esercitare la propria autonomia impositiva entro i limiti stabiliti dalla legge statale”. Quindi è una tassa decisa dallo Stato, ma destinata alle Regioni che hanno margini per regolare gli scaglioni impositivi. Lo scopo? “Il gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF concorre, nella misura e nelle forme stabilite dalla legge, al finanziamento del Servizio sanitario nazionale”. E quindi serve per la sanità, che è una delle competenze principali della Regione e che in Veneto assorbe quasi 10 miliardi di euro di risorse pubbliche, finanziate anche con i soldi pagati dai veneti.


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