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Bisogna camminare su un crinale pericolosissimo: se cadi da una parte puoi far ripartire il contagio e avere un numero non controllabile di decessi. Ma se cadi dall’altra parte puoi avere una recessione drammatica con un numero di disoccupati e un aumento della povertà che possono fare più morti dello stesso virus.

Il percorso quindi è complicato ed il lavoro che va fatto è di cesello! Invece sembra che si stia lavorando con l’accetta e con disposizioni che sono poco articolate e ingiustificatamente generalizzate. Per cui valgono indifferentemente in Calabria o in Lombardia. Intanto diffondiamo dati assoluti che non hanno significato. Utilizzare tali dati per positivi e decessi é un errore di grammatica.

Che senso ha dire che in Lombardia si hanno 36.122 contagiati e 13.679 decessi ed in Calabria se ne hanno 753 contagiati e 86 decessi al 30 aprile, se non si fa riferimento agli abitanti? Se li rapportiamo ai 1.947.000 calabresi e ai 10 milioni di lombardi avremo 3 ogni 10.000 contro 3 ogni 1000 e 4 ogni 100.000 di decessi contro 3 ogni 1000. E la realtà della Calabria è più o meno quella di tutto il Sud, addirittura con alcune regioni che registrano zero contagi e zero decessi.

Per questo tale area può essere un’opportunità per tutto il Paese ed il processo di riapertura delle attività non può che essere articolato e differenziato. Per due ordini di motivi: il primo che non ha senso non sfruttare una situazione favorevole in un momento in cui mantenere il reddito può essere utile per gravare meno sulle casse dello Stato e per far produrre una realtà che, anche se non è il cuore pulsante della struttura produttiva del Paese, ha circa sei milioni di persone che lavorano.

Il secondo è quello di evitare le ovvie fughe in avanti di regioni e presidenti, come quello della Santelli. Ed evitare una battaglia giuridica tra Regioni e Governo, ultima cosa di cui ha bisogno il nostro Paese e che suggerisce alla fine della crisi di riguardare il titolo V della Costituzione e centralizzare alcuni servizi come l’istruzione e la sanità, invece di lasciarle al pascolo brado delle partitocrazie regionali che hanno portato al disastro lombardo, o di concedere ulteriori autonomie a classi dominanti estrattive che invece di pensare al bene comune foraggiano i propri clientes.

Ma intanto adesso è l’ora della ripartenza questa di differenziata, forse anche della scuola, con un occhio ovviamente molto attento a potenziare il sistema sanitario di tali regioni e monitorare i contagi, in modo da bloccare tempestivamente eventuali focolai, come si dovrà fare fino a quando non avremo un vaccino testato e funzionante.

L’Italia ha una forma di stivale allungato nel Mediterraneo, fino a quasi toccare, con la Sicilia, la Tunisia. Vogliamo utilizzare tale lunghezza, che normalmente è uno svantaggio, oggi che può diventare una opportunità? Oppure aspettiamo tutti quanti, restando a guardare che la inventata padania si liberi dal male oscuro che l’ha colpita, oppure che riapra malgrado contagi ancora molto numerosi e decessi inaccettabili? Con la complicità di un Governo dove i Conte, i Boccia sembrano succubi di una posizione dominante dei Fontana, degli Zaia, dei Toti o dei Cirio?

Questo non vuol dire liberi tutti al Sud, ma piuttosto apriamo, visto che i dati ci dicono che possiamo con prudenza e con gradualità, non solo nel manifatturiero. Inventiamoci anche dei sistemi per cui la stagione turistica non vada persa! Coraggio e tecnologia per non perdere anche questo atout importante vista la grande estensione delle nostre coste e delle nostre spiagge.

Ma un dramma come quello che stiamo vivendo va vissuto come una grande opportunità. Impariamo dal Giappone che dà anche sussidi parziali singolari e mirati per le imprese che decidano di riportare in patria produzioni attualmente in Cina. Se si ha una visione di paese, questa potrebbe diventare una occasione per correggere le storture che hanno portato a fermare la cosiddetta locomotiva. Perché non dare sussidi particolari a chi trasferisce parti della produzione nel Mezzogiorno contribuendo ad abbassare il livello delle polveri sottili e dell’inquinamento nel lodigiano / bresciano/ bergamasco/ cremonese; o a chi riporta produzioni delocalizzate nell’Est europeo o in Cina, in modo da evitare il flusso di ritorno dei tanti meridionali fuggiti, non appena hanno avuto sentore della chiusura del Nord, con l’assalto ai treni che tutti ricordiamo?

Semplicistica ed ingenua questa soluzione? Irrealizzabile e complessa?

Certamente si! ma se questo Paese vuol ripartire dalla caduta, come se non fosse accaduto nulla in una mediocrazia imperante, si accomodi pure! L’alternativa non può che essere un pensiero orizzontale ed i presidenti delle regioni meridionali, quelle più abitate Campania, Puglia e Sicilia, che da sole rappresentano i tre quarti della popolazione del Sud, con l’apporto tecnico di Svimez, hanno professionalità che possono imporre un diverso approccio al nostro Paese, utilizzando la grande opportunità che potrebbero diventare le Zes.


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