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Il porto di Gioia Tauro

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Fiscalità di vantaggio, di sviluppo, compensativa. Diversi modi per definire lo stesso meccanismo.Alcuni chiamano i territori che ne usufruiscono anche zone franche. In realtà si tratta di avere forme di fiscalità più favorevoli, rispetto a quelle praticate nel resto dello stesso paese. Se invece sono praticate in tutto lo Stato di riferimento non viene chiamata più di vantaggio! In Europa infatti la fiscalità é diversa in ogni Stato, tanto che alcuni vengono individuati come paradisi fiscali. Olanda, Irlanda e Lussemburgo in testa che per tale vantaggio attraggono multinazionali che localizzano le loro sedi per poter avere una contribuzione fiscale più contenuta.

L’Europa ha sempre sostenuto che ogni paese è libero di stabilire le aliquote che vuole a patto che siano uniformi, ed ha invece impedito forme di fiscalità differenziate all’interno dello stesso paese. La ripresa del dibattito sulla fiscalità di vantaggio, rilanciata da Matteo Renzi nel suo recente scritto, per il Mezzogiorno sembrerebbe dalle anticipazioni un modo per semplificare un argomento complesso! Infatti il tema vero è quello dell’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, unica possibilità per attenuare il divario tra le due Italie. Infatti il punto di partenza, che segnala quanto sia complesso far ripartire il Sud, è quello che riguarda il numero di occupati, compresi i sommersi e prima dello tsunami del Covid! Bene su 21 milioni di persone hanno una occupazione, regolare o in nero, solo in 6 milioni e centomila. Cioè lavora poco più di una persona su quattro.

Il rapporto funzionale delle regioni a sviluppo compiuto, si tratti della Finlandia o della più vicina Emilia Romagna, è di una persona ogni due! In Emilia e Romagna, con una popolazione di 4 milioni e 459 abitanti lavorano più di 2 milioni di persone, con un rapporto tra popolazione ed occupati di quasi uno a due. E visto che negli ultimi anni nel Sud il numero di posti di lavoro è rimasto costante si può ritenere che, malgrado gli aiuti ed i fondi europei, l’imprenditoria locale ha fatto il suo massimo, ha dato quello che poteva dare! Per questo bisogna applicare un sistema che è stato adottato dalla Cina, ma anche dai nuovi entranti nell’Unione come l’Ungheria la Polonia o la Slovacchia, ma incoraggiato anche dalla Germania, nell’unificazione dell’ex DDR. Cioè attrarre investimenti dall’esterno dell’area, cosa estremamente complessa . A tale fine vi sono delle condizioni minime che i territori devono avere. Come quello di avere una criminalità organizzata sotto controllo. L’imprenditore vuole rischiare i capitali, certo non la vita. Ma anche la possibilità di raggiungere velocemente e comodamente il luogo dove ha localizzato il proprio investimento. Quindi una buona infrastutturazione in termini di vie aeree, stradali e ferroviarie. Ma poi sceglierà per insediare i suoi stabilimenti quelle localizzazioni che lo avvantaggiano di più.

Dove cioè trovare una fiscalità complessiva più vantaggiosa. Oltre che un costo del lavoro più basso. E qui si interviene con la fiscalità compensativa, che finora l’Unione europea non ha consentito! Perché le regole sono che un singolo paese può stabilire una fiscalità uguale per tutto il territorio! In realtà nessuno ha mai spiegato alla Commissione che l’Italia non è un paese, ma che in esso ne convivono due, per reddito pro capite, per tasso di povertà , per tasso di occupazione, per export per abitante, per speranza di vita, per infrastrutturazione, per abbandono scolastico, per posti in asili nido per abitante.

Adesso che vi è il liberi tutti si pensa che l’Unione potrebbe autorizzare fiscalità diverse anche all’interno dello stesso Paese. È possibile ! Ma anche se fosse penso che non sia conveniente estendere tale normativa di favore a territori troppi ampi! Intanto poiché il Mezzogiorno è un unicum, caratterizzato da parametri di riferimento simili. Quindi non si vede perché una tale fiscalità dovrebbe essere concessa per esempio alla Sicilia ed alla Sardegna e non alla Campania ed alla Calabria. Ed allora sarebbe bene seguire il processo inaugurato con le Zone Economiche Speciali, che hanno possibilità di realizzazione effettive. Perché se anche fosse possibile estendere la fiscalità a tutto il Mezzogiorno, sarebbe estremamente complicato rendere tutto il territorio sicuro, cosa invece possibile, con investimenti tecnologici rilevanti, in singole aree.

Così come è complicato rendere tutto il territorio, in poco tempo, ben infrastrutturato, mentre le aree delle Zes sono facilmente raggiungibili. Ma l’altro elemento fondamentale per l’attrazione di investimenti è un costo del lavoro più basso. Anche questo può essere attuato con una fiscalità sul salario diversa! Quel cuneo fiscale differenziato e magari totalmente annullato, ma non a favore del lavoratore ma dell’azienda, che consenta all’imprenditore di avere un costo del lavoro simile a quello che potrebbe avere in Ungheria o Romania.

Per questo bisogna concentrarsi nelle Zes e non permettere che diventino aree dove collocare le aziende degli amici, per fare avere loro condizioni più favorevoli, come la classe dominante estrattiva del Sud sta tentando di fare, ed invece far si che siano veri attrattori di investimenti da aree esterne, che consentano crescite veloci del numero di occupati, non assistiti, cercando di fare in modo che le aziende rimangano anche quando saranno finiti gli incentivi. Lo sviluppo delle aree ritardate è un fatto complesso! Quindi ci vogliono strumenti innovativi ma ben pensati per evitare che diventino solo slogan.


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