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QUESTA volta sulla clausola del 34% pare si sia pronti a “giurare” anche di fronte all’Europa. L’impegno a destinare al Mezzogiorno oltre un terzo della spesa in conto capitale compare anche nel capitolo “Sud” del Piano nazionale di riforma – su cui sta lavorando il ministero dell’Economia – che costituisce la base del Recovery plan italiano, il pacchetto di riforme da presentare a Bruxelles a settembre, al quale sono condizionate le risorse europee del Recovery Fund: per l’Italia oltre 172 miliardi tra prestiti e sovvenzioni.

INVESTIMENTI FERMI

La clausola, introdotta del governo Gentiloni nel 2016 nel decreto Mezzogiorno, destina a questi territori un «volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento», che è appunto il 34% di quella italiana. Invece dal 2001 al 2019 la quota media di trasferimenti al Sud non è mai andata oltre il 24%, con picchi del 28% e del 19%. E questo mentre negli ultimi dieci anni gli investimenti al Sud si sono addirittura dimezzati, passando dai 21 miliardi del 2008 ai 10,3 del 2018. La clausola ha continuato a restare lettera morta, mentre le tre “Operazioni verità” realizzate proprio da Il Quotidiano del Sud certificavano, rispettivamente, lo scippo di 61,5 miliardi di euro l’anno ai cittadini meridionali a vantaggio di quelli settentrionali, il dirottamento degli aiuti di Stato e dei fondi strutturali, questi ultimi utilizzati per pagare la cassa integrazione per le imprese del Nord. La distanza tra le due Italie resta siderale, il riconoscimento della necessità di recuperare il Sud – anche a vantaggio del Nord – è unanime, ribadita negli atti anche di questo governo, ma resta solo nero su bianco. La pandemia ha mostrato quanto l’abbandono del mezzogiorno sia costato, e continui tuttora a costare, ai suoi cittadini in termini di accesso alle cure, all’istruzione, alla mobilità, ecc. E la crisi del prossimo autunno, che si annuncia ancora più dura, mostrerà ancora una volta nel Meridione, molto più che altrove, il costo sociale di questi cantieri che sono rimasti fermi nonostante le risorse fossero già state stanziate da tempo.

IL PIANO PER BRUXELLES

Ora nel capitolo del Pnr dedicato al Mezzogiorno «il riequilibrio delle risorse ordinarie, con l’effettiva applicazione della cosiddetta “clausola del 34%”» figura tra le misure attraverso cui il Piano per il Sud al 2030, varato a febbraio, si propone di massimizzare l’impatto delle misure previste nella legge di Bilancio per il 2020, che consenta di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, senza gravare di maggiori oneri la finanza pubblica, agendo sul riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale e l’accelerazione della spesa aggiuntiva. Le altre misure su cui si fa affidamento sono il recupero della capacità di spesa della politica nazionale di coesione (Fsc) – su cui il nostro Paese notoriamente non eccelle – puntando anche sulle riprogrammazioni; e un nuovo impulso all’attuazione della programmazione dei Fondi Sie. La speranza è che l’impegno “vidimato” da Bruxelles questa volta non resti solo sulla carta. Il Mef, nella bozza del Programma nazionale di riforma, considera il Piano Sud 2030 uno strumento valido per «guidare il necessario sforzo che dovrà essere prodotto già a partire dalle prossime settimane, nelle regioni meridionali e nelle aree martirizzate per far ripartire il Paese». Quindi il Mezzogiorno riparte dalla dotazione dei 123 miliardi previsti dal documento di febbraio.

LE 5 MISSIONI DEL PIANO SUD

Le “missioni“ che gli si affidano sono cinque: la prima coinvolge i giovani, e comporta un investimento sull’istruzione, a partire dalla lotta alla povertà educativa, ridurre le diseguaglianze e riattivare la mobilità sociale, attraverso, tra le altre cose, il potenziamento delle infrastrutture scolastiche. Poi si punta a un Sud connesso e inclusivo, infittendo e ammodernando le infrastrutture materiali (dalle ferrovie alla viabilità secondaria, digitali) e sociali, per “spezzare” l’isolamento di territori e persone. Si immagina poi un Mezzogiorno in prima linea sugli impegni del Green Deal e nella lotta ai cambiamenti climatici e sull’innovazione: in questo caso si prevede un incentivo rafforzato per investimenti in ricerca e sviluppo, la promozione dell’inserimento di start up e l’attrazione di nuove realtà aziendali innovative. Infine, si dichiara di voler rinvigorire la vocazione internazionale del Meridione, anche tramite il rafforzamento delle Zes. Mentre l’adozione della fiscalità di vantaggio, finalizzata ad attirare investimenti privati da affiancare a quelli pubblici, è uno degli interventi messi sul tavolo direttamente dal premier.


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