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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

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Dopo il ministero delle Partecipazioni Statali rinascerà anche la Gepi? Come escluderlo in questo clima di restaurazione che ha affidato allo Stato il compito di guidare la ripresa economica del Paese. A sollevare il dubbio è stata l’Aifi, l’associazione del private equity che in una dichiarazione ha chiesto che il neonato Fondo Patrimonio Destinato istituito con il decreto Rilancio agisca secondo criteri di mercato. Il rischio, infatti è di creare una gigantesca finanziaria che avrà solo il compito di salvare aziende decotte per non creare disoccupati. Esattamente come accadeva alla vecchia Gepi. Solo che questa volta le dimensioni sono immense visto che la dotazione del Fondo Patrimonio sarà di ben 44 miliardi. A metterli a disposizione sarà la Cdp che ormai sta diventando il mestolo buono per tutte le minestre, anche le meno gustose. La gestione sarà interamente in mano ai partiti e, in particolare il ministero dell’Economia che dovrà elaborare lo statuto del Fondo e poi sottoporlo al Parlamento. Inoltre il 31 gennaio di ogni anno il ministero trasmetterà al alle Camere una relazione sugli effetti prodotti e sui risultati conseguiti dall’uso del Patrimonio destinato da parte di Cassa depositi e prestiti e sul programma degli interventi e delle operazioni di sostegno e di rilancio del sistema economico-produttivo che si intende attuare.

Ovviamente nel rispetto del Piano nazionale delle riforme che dovrà accompagnare il Def. Qualcosa di molto simile ad un bel libro dei sogni che, intanto aumenta i poteri in capo al ministero dell’Economia che diventa la centrale di smistamento di investimenti del Paese. Poter governare una cassa da 44 miliardi renderà il titolare di via XX Settembre e la sua squadra un riferimento centrale per il mondo della produzione. Molto più importante dello stesso premier e di tutti gli altri ministeri messi insieme. Il documento dell’Aifi mette bene in luce questa criticità. “Gli interventi diretti sono da limitare così da permettere al mercato di operare secondo le regole di competitività” si legge della nota. Insomma il Fondo Patrimonio sarà così ingombrante e potente da poter stravolgere tutte le regole del mercato. A trarne vantaggio saranno solo politica e i partiti. Come spiega Stefano Fassina (Leu) nell’emendamento che ne ha vincolato l’attività: “Abbiamo inserito la valutazione del Parlamento sulle scelte di fondo che effettuerà sempre il ‘Patrimonio destinato’, sia in termini di programmazione economica che in quelli della funzione svolta da entrambe le Camere”.

Insomma il Parlamento avrà sempre l’ultima parola sulle scelte più importanti. Un’affermazione che ricorda molto i piani quinquennali tanto cari all’Unione Sovietica. Puntualizza Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi che gli interventi devono essere per loro natura temporanei e, “superato il momento di crisi, consentano, con meccanismi chiari e predefiniti, di ristabilire un appropriato equilibrio delle logiche del mercato e della concorrenza”.

Il problema è sempre lo stesso. Strategie e uomini. Lo Stato ha affidato alla Cdp un compito strategico per il rilancio del Paese. Ma quali sono i piani industriali e quali i manager incaricati di condurli in porto. Sotto questo aspetto la confusione è totale. La lite sulla fibra ottica è indicativa delle condizioni in cui si trova l’intervento pubblico. Open Fiber, partecipata al 50% da Cdp sta litigando con Tim di cui la stessa Cdp è secondo azionista con una quota del 10%. Fra l’altro, in questa veste, ha svolto anche un ruolo attivo aiutando il Fondo Elliott a mettere in minoranza Vivendi e ribaltare la governance.

Ma non è certo un caso isolato di mancanza di strategie. C’è il caso di Autostrade nel quale la Cassa sarà chiamata a svolgere un ruolo di protagonista anche se non è ancora chiaro quale sarà. Il semplice rimedio per chiudere la lite fra il governo e i Benetton oppure avrà una funzione di sviluppo? Nel primo caso sarà chiamata a prendere una partecipazione in Aspi mettendo la dinastia in minoranza. Nel secondo entrerà direttamente in Atlantia per avere la governance di un grande gruppo che gestisce autostrade e aeroporti in tutti il mondo compreso il tunnel sotto la Manica. Per farlo però servono uomini e piani industriali. La vecchia Iri cui Cdp vuole ispirarsi aveva dei manager che hanno costruito l’Italia: da Reiss Romoli per i telefoni a Oscar Senigaglia per la siderurgia. E visto che si parla di acciaio: che cosa accadrà a Taranto? Lo Stato sarà semplicemente un tampone per evitare migliaia di licenziamenti o svolgerà un ruolo attivo accanto a Mittal? Difficile dirlo, ma certo la conclusione della partita Alitalia apre molti interrogativi.


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