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Il presidente Giuseppe Conte e il ministro Roberto Gualtieri

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Era la misura principe nella strategia varata dal governo per sostenere le imprese di fronte all’impatto dell’emergenza sanitaria sul sistema economico. A quasi 100 giorni dall’entrata in vigore, il decreto Liquidità, a giudizio delle stesse imprese, si è rivelato un flop. E questo non solo per il tormentato iter cui ha costretto gli imprenditori, tra la mole di documentazione richiesta, il tour tra le banche disposte ad avviare la pratica – nonostante si trattasse di prestiti garantiti dallo Stato – e l’assenza di linee guida omogenee per i diversi istituti.

E nemmeno per i tempi di attesa infiniti tra la presentazione e l’accoglimento delle domande. Per non parlare poi di quelli per l’erogazione. A non aver convinto è la misura in sé, perché pur sempre di prestiti si tratta. «Le piccole e medie imprese italiane hanno in media un indebitamento pari a 110mila euro ciascuna, i prestiti garantiti dallo Stato ne aumentano l’esposizione debitoria nei confronti delle banche per cui in alcune circostanze non ritengono conveniente indebitarsi ulteriormente perché si tratta di rinviare un problema di cui non vedono comunque una soluzione», sottolineano dall’Ufficio studi di Unimpresa.

LE RICHIESTE

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Abi, sono 823mila le domande presentate dalle banche al Fondo di Garanzia, per 51,3 miliardi di euro, di cui 715 mila fino a 30mila euro, per oltre 14 miliardi di finanziamenti richiesti. A registrare la crescita maggiore sono le domande con garanzie oltre i 30mila euro, rispetto a quelle sotto questa soglia.

Di fronte a questi dati, il giudizio del neo segretario di Unimpresa, Raffaele Lauro, sul decreto Liquidità, è lapidario: «E’ stato un flop incredibile».

BILANCIO FALLIMENTARE

«Il bilancio, a quasi 100 giorni dall’avvio dell’operazione, è fallimentare», afferma chiamando a supporto della bocciatura il fatto che i prestiti garantiti dallo Stato sono «meno del 13% rispetto ai 400 miliardi che il governo aveva promesso il 6 aprile, giorno in cui è stato annunciato il provvedimento». «Vuol dire che mancano, all’appello, circa 350 miliardi e il gap, che è pari all’87%, non sarà del tutto colmato nelle prossime settimane e mesi», aggiunge Lauro. Secondo il segretario generale di Unimpresa «la liquidità che manca alle imprese italiane rappresenta il problema principale di questa drammatica crisi. Sarebbero state necessarie misure con finanziamenti a fondo perduto che sono stati promessi a lungo e stanziati, in ritardo, solo in misura esigua».

MISTERO SUI FONDI EROGATI

Quanto ai finanziamenti effettivamente erogati, «che continuano ad essere avvolti dal mistero», dall’Ufficio studi dell’Unione nazionale di imprese rilavano che, in base ai riscontri degli associati, la liquidità arrivata in tasca alle imprese è bassa: «E questo – si sottolinea aggrava la situazione, significa che non si è data alle imprese la risposta di cui avevano bisogno, ovvero la liquidità per far fronte alle emergenza. E quando è arrivata si è è tradotta in nuovo debito. Se in valore assoluto 51miliardi possono essere una cifra importante, soprattutto rispetto alle difficoltà di accesso al credito degli anni passati, commisurata alla situazione provocata dal Covid, con imprese che si sono ritrovate dalla sera alla mattina con fatturato pari a zero, la risposta del governo ha deluso le attese. Bisognava garantire subito liquidità per decine di miliardi, anche a fondo perduto, seguendo l’esempio di altri Paesi come la Germania o la Svizzera».

ASPETTATIVE NEGATIVE

A far desistere le aziende dal creare nuovo indebitamento sono anche le fosche prospettive future: ottobre si annuncia nero. «Il rischio è ritrovarsi con l’economia che non riprende e nuovo debito in pancia – afferma Mario Pagani, responsabile credito di Cna, che racconta di aver sconsigliato da subito la richiesta dei finanziamenti garantiti, suggerendo invece la via delle rinegoziazione che, spiega, «richiede una ridefinizione dei fabbisogni finanziari di un’impresa, mentre i 30mila euro anche se il tasso di interesse è praticamente zero, i tempi di ritorno sono stati allungati, è sempre debito».

Le aspettative delle imprese sulla situazione economica in generale, lo mette agli atti anche la Banca d’Italia, sono ulteriormente peggiorate. A chiedere un sostegno «attraverso azioni rapide e concrete» anche il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, sollecitando interventi dal credito e liquidità alla semplificazione, dagli investimenti sulle grandi opere alla sanità, dal mercato interno alla competitività. Fino alla revisione dei contratti di lavoro che, spingendosi a chiedere di cancellare il «decreto dignità» e di «reinserire i contratti a termine perché in questa fase bisogna cercare di mantenere alta l’occupazione». «Non servono polemiche – afferma Bonometti – ma uno sforzo comune di tutti gli attori istituzionali ed economici per ricreare quella fiducia necessaria ad affrontare situazioni straordinarie e complicate».


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