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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

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La liquidità con cui il governo pensava di puntellare il sistema delle piccole e medie imprese italiane, l’ossatura della nostra economia, nella tempesta economica scatenata dal Covid 19 resta nelle casseforti delle banche: la richiesta dei prestiti garantiti dallo Stato – al 100% quelli fino a 30mila euro – previsti dal decreto Liquidità procede a rilento. Così che la “potenza di fuoco” affidata ai 400 miliardi messi in campo dal governo fatica a centrare l’obiettivo, come mostra il bollettino ormai quasi quotidiano con i numeri che registrano la risposta delle imprese.

Ebbene, a quasi quattro mesi dall’entrata in vigore del provvedimento (il 9 aprile), le domande di finanziamento arrivate fino al 30 luglio al Fondo di Garanzia da parte delle banche sono 924mila, per un valore pari a 62,7 miliardi, di cui 788 mila fino a 30 mila euro, per un importo di 15,6 miliardi. Quindi, l’intervento finora ha incontrato l’interesse di poco più del 15% delle imprese, pochissime quindi se si considera che in Italia l’ultimo censimento Istat ne conta 4,4 milioni.

Sullo scarso “appeal” verso le aziende ormai pesa poco l’iter a ostacoli che ne ha accompagnato soprattutto la prima fase: un numero infinito di documenti con cui accompagnare le domande, le diffidenze e le resistenze delle banche di fronte ad artigiani, commercianti e professionisti allo stremo. A pesare è la tipologia dell’intervento, che di fatto crea nuovo indebitamento per aziende che in media ne hanno già in pancia per 110 mila euro. E la situazione ha numeri ancora maggiori nel Mezzogiorno, dove le imprese si aspettavano qualcosa di più da parte del governo.

Lo dice senza mezze misure Francesco Napoli, vicepresidente nazionale di Confapi e presidente della confederazione della Calabria: «Noi del Sud aspettiamo qualche segnale in più. Se ce ne sono stati, non ce ne siamo accorti dal momento che le imprese continuano a chiudere e prevediamo che migliaia resteranno a breve senza ossigeno». Per Napoli «quello della liquidità e del credito nel Sud è il problema nel problema»: «Le nostre aziende sono altamente indebitate e altamente dipendenti dal credito, e questo limita la capacità di crescere, investire e creare occupazione. Per noi imprenditori del Sud – rileva – l’accesso al mercato creditizio è meno agevole rispetto alle altre aree del Paese: la percentuale di aziende che dichiarano difficoltà nell’ottenere finanziamenti è più alta che al Nord e anche il costo del credito per noi è più elevato, con un divario medio di un punto e mezzo per cento rispetto alle aree più ricche. La minore dotazione patrimoniale, inoltre, incide chiaramente su questo fattore».

Napoli chiama poi in causa «le inefficienze delle Regioni, la giustizia civile di cui si parla sempre meno e poco, il bubbone che è scoppiato con la Banca Popolare di Bari – la banca di riferimento del Mezzogiorno – la formazione l’innovazione che mancano, tutti elementi che incidono negativamente sul nostro tessuto produttivo». «Il decreto Liquidità ci propone nuovi debiti, che anche se a un tasso basso, andrebbero a pesare sui conti di imprese già indebitate. Altra cosa sarebbe stata accreditare dei soldi sui conti correnti», sottolinea Napoli che ora affida al decreto Semplificazione e al Recovery Fund la possibilità che il Sud possa recuperare terreno: «Non perché abbiamo bisogno di assistenza, ma perché negli anni hanno tagliato troppo, soprattutto nelle regioni del Sud».

Senza appello il giudizio di Unimpresa sui risultati di quella che si proponeva come un’iniezione di liquidità immediata a vantaggio delle imprese: «I numeri parlano chiaro: la liquidità di cui le imprese avevano bisogno non è arrivata – dicono dall’associazione – Bisognava garantirla a fondo perduto per la generalità delle imprese e non, come è avvenuto con un intervento successivo, soltanto per poche realtà». Gli imprenditori, si sostiene, con il lockdown si sono ritrovati dalla sera alla mattina con fatturati azzerati. «Se avessero affiancato alle misure sulla liquidità un piano di defiscalizzazione e di azzeramento della burocrazia, allora anche andare in banca a chiedere un finanziamento sarebbe stato diverso, la prospettiva di un ulteriore debito sarebbe stata affrontata con un animo differente. Diversamente significava allungare un’agonia. Bisognava trasmettere fiducia, e non è stato fatto».


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