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Le Torri Tim a Roma

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Il progetto della rete unica delle tlc non dispiace alla Borsa. Tim guadagna il 3% a 0,37 euro. La mediazione del ministro Gualtieri è stata letta come il primo passo in questa direzione. Gli americani di Kkr e insieme a Fastweb prenderanno una quota di Fibercop, la società che gestisce la rete in rame. Vale a dire il cosiddetto ultimo miglio: dall’armadietto in strada fino a casa. Un’operazione da 7,3 miliardi che permetterà a Tim di abbattere il debito di 1,8 miliardi. Sembra invece tramontata l’ipotesi dello spezzatino come auspicato da Beppe Grillo. Si lavora alla creazione di una società in cui far confluire l’infrastruttura di Tim, Open Fiber e Fastweb.

Sarebbe quotata in Borsa e avrebbe Cdp come azionista rilevante. Ma niente controllo come invece succede in Snam (gas) e Terna (elettricità). Lo schema, secondo i tecnici del ministero dell’Economia, non sembra ripetibile. Visto che i soggetti da coinvolgere sono almeno una decina: le diverse compagnie telefoniche che utilizzano la rete, il governo, la Confindustria, i sindacati e la Ue, tanto per citare i principali.

A questo va aggiunto il problema principale: Telecom è stata privatizzata con tutta la rete. Oggi privarla dell’infrastruttura potrebbe apparire un come uno scippo oltre a mettere in crisi la sua solidità patrimoniale. Non deve stupire, quindi, se negli ultimi quindici anni si sono susseguiti ben dodici progetti di scorporo della rete. Tutti falliti e, a questo punto non c’è nessuna garanzia di successo per il tredicesimo tentativo ora in corso.

Nulla esclude, quindi, che venga cristallizzata la situazione attuale tra Tim e Open Fiber. Sarebbe come avere due Autostrade del Sole o una doppia rete ad Alta Velocità. Altissimi investimenti (bisogna pensare al 5G) a fronte di ricavi resi incerti dalla concorrenza. Ecco perché, alla fine, una soluzione andrà trovata nell’interesse del Paese e delle aziende coinvolte.

Rame e fibra producono performance diverse, e le reti di Tim e Open Fiber partono da luoghi fisici differenti: per Tim dagli armadi, mentre Open Fiber ha un’architettura aperta. Insomma, i tracciati sono diversi pur raggiungendo gli stessi clienti. Le sinergie maggiori riguardano dunque, le strutture fisiche (cavidotti, linee aree palificate, canalette negli edifici). Quindi, da un punto di vista tecnologico, il vantaggio maggiore deriverebbe dall’utilizzo delle infrastrutture passive che oggi Tim utilizza per il rame. I benefici della rete unica si possono sintetizzare in sei punti.

  1. Niente duplicazione di investimenti
  2. Rapida costruzione di una rete di ultima generazione a copertura nazionale recuperando il ritardo del nostro Paese rispetto ai paesi più avanzati;
  3. Il sistema consentirebbe tariffe assai più favorevoli agli investimenti sul modello di Terna e di Snam
  4. Renderebbe possibile spalmare in tariffa i costi della migrazione dal rame alla fibra che oggi di fatto rappresentano una sorta di barriera all’accesso universale alla fibra.
  5. Spalmare il costo degli investimenti su un numero di utenti più che raddoppiato, (almeno dieci milioni di famiglie e un milione e mezzo di imprese) renderebbe possibile alle compagnie telefoniche (Tim, Vodafone, Wind3, Fastweb, Iliad, Tiscali ecc.) di migliorare la qualità del servizio senza bisogno di alzare il costo dell’abbonamento.
  6. Tim potrebbe ottenere il riconoscimento degli stranded cost per via dell’anticipata dismissione delle rete in rame.

Purtroppo per Tim, e soprattutto per i suoi azionisti la situazione è molto complicata. Il gruppo viene da anni difficili e da quattro amministratori delegati in 6 anni. È chiaro che soffra più di altri. La redditività è in calo da anni. Il debito creato dalla sciagurata scalata della “razza padana” guidata da Gnutti e Colaninno non è più stato riassorbito. La rete fissa è la sua principale fonte di reddito come si è visto in questi mesi di Covid. Il telefono fisso non lo usa più nessuno.

Ma Internet è il futuro. Senza la rete Tim diventerebbe una compagnia telefonica come le altre con l’aggravante di un carico di debiti e di personale maggiore della concorrenza. È interesse del Paese arrivare a questo? Il futuro dipende dalla risposta.


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