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Alla fine la soluzione di mercato per Autostrade sarà probabilmente trovata. Ma forse non quella delineata dal consiglio dei ministri del 14 luglio che prevedeva l’ingresso di Cdp come azionista di maggioranza. La rete autostradale, infatti, è entrata nel mirino dei gruppi italiani che si occupano di infrastrutture. Un interesse che si sta manifestando mentre prosegue il braccio di ferro tra Atlantia e il governo che sembra voler andare avanti con la revoca della concessione.

A inasprire i rapporti la notizia che la Consob, a seguito dell’esposto presentato da Atlantia ha aperto un’indagine per accertare eventuali responsabili per la turbativa di mercato che ha provocato il crollo del titolo a Piazza Affari. L’indagine non dovrebbe essere difficile considerando che nell’esposto sono indicate le responsabilità dei ministri Patuanelli e De Micheli. L’authority già nel luglio del 2019 aveva acceso un faro sulle dichiarazioni del vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio e di alcuni esponenti del governo. Allora non era accaduto nulla. Vedremo stavolta

Ma il fronte principale, in queste ore si sta spostando dalla rissa fra il gruppo Benetton e i ministri alla possibile trattativa privata. Astm del gruppo Gavio avrebbe presentato un’offerta per Autostrade per l’Italia. Ma non la sola. In corsa ci sono altri come la famiglia di costruttori Dogliani, insieme al fondo londinese Circuitus e il gruppo Toto, con gli americani di Apollo. Proprio in settimana Toto e l’amministratore delegato di Atlantia, Carlo Bertazzo, si sono incontrati a Roma.

La lista dei pretendenti è lunga. Si stanno facendo avanti investitori del calibro di Blackstone, Kkr (che ha già preso una quota nella rete telefonica di Tim) l’australiana Macquire, l’olandese PGGM e l’italiana F2i. Il termine per le offerte scade il 16 dicembre. La lettera d’invito inviata da Atlantia spiega che “non e’ prevista la manleva”, chiesta da Cdp per i danni del crollo del ponte Morandi di Genova. La manleva, insieme all’articolo 10 dell’atto transattivo, che vincola la vendita di Aspi a Cdp, sono i due scogli che bloccano un accordo tra i Benetton e il governo.

«Bisogna dar corso all’accordo del 14 luglio: operiamo su questa strada», ha ribadito il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, dopo che il governo ha concesso altri dieci giorni ad Atlantia per evitare la revoca della concessione autostradale. Giovedì prossimo la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, terrà un’audizione alla commissione Ambiente della Camera sul dossier Aspi. Nei giorni scorsi, in un incontro con i media, i vertici di Atlantia e Aspi hanno ricordato che hanno accettato tutte le richieste del governo: dal Piano tariffario , con la disponibilità a realizzare tutti gli investimenti fino a 14,5 miliardi di euro entro il 2038 e 7 miliardi di spese in manutenzione, all’accettare un aumento medio annuo della tariffa che non possa superare l’1,75%, inclusi gli effetti del Covid, e messo a disposizione 3,4 miliardi come compensazioni per Genova. E poi gli azionisti di Atlantia hanno accettato di uscire da Aspi. Intanto lo scontro allarma i sindacati, preoccupati per le ricadute occupazionali che potrebbe avere l’intera vicenda.

«Si rispettino i termini dell’accordo raggiunto a luglio e si proceda senza indugio alla sottoscrizione della tanto sofferta intesa», sollecita la Filt Cgil, richiamando al «senso di responsabilità» e sottolineando che «vanno salvaguardati tutti i posti di lavoro delle società del gruppo Atlantia e Aspi e dell’indotto».

C’è da aggiungere che l’eventuale revoca della concessione provocherebbe un default che coinvolgerebbe il sistema bancario europeo e miglia di risparmiatori che hanno acquistato azioni e obbligazioni del gruppo. Diventerebbero inesigibili circa 10 miliardi di debito in capo ad Aspi e altri 9 miliardi riferibili alla controllante Atlantia.

Unicredit vedrebbe messo a repentaglio oltre 1 miliardo di euro, altrettanto la banca francese Bnp Paribas, per Intesa Sanpaolo si parla di un’esposizione di circa 800 milioni mentre per la Bei, la Banca europea degli investimenti, la somma salirebbe attorno a 1,3 miliardi. Senza contare le obbligazioni: il bond retail da 750 milioni di Autostrade sottoscritto anche da migliaia di piccoli risparmiatori, un’emissione istituzionale di Atlantia da 1,75 miliardi e altri bond destinati agli istituzionali per 6,4 miliardi collocati da Autostrade. Tra i sottoscrittori alcuni degli investitori istituzionali più rilevanti a livello globale come Amundi, Cardiff, Deka.

Tutti i contratti di finanziamento bancari e i prestiti obbligazionari conterrebbero la clausola «Change of Control» che prevede a banche e investitori istituzionali sottoscrittori dei bond di chiedere il rimborso anticipato del finanziamento nel caso in cui Aspi o Atlantia perdano il controllo delle concessioni. Un default di Atlantia potrebbe ripercuotersi anche sulle altre controllate del gruppo, come le autostrade spagnole Abertis, su cui gravano altri 18 miliardi di debiti.


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